L’ennesimo attentato a Londra e la retorica della normalità. Che non è sintomo di forza. Ma di una debolezza. Interessata

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di Alessio Mannino

E ora ripeteranno che la vita continua, che non bisogna darla vinta ai terroristi cambiando le nostre abitudini, che la risposta migliore al terrore è la normalità: retorica. Che in bocca ai rappresentanti delle istituzioni ha una logica, appunto istituzionale, che è quella protettiva di dare un primo messaggio di tenuta, anzitutto psicologica (specie in un Paese come la Gran Bretagna, il cui proverbiale aplomb inglese non è, o non solo, una posa snob: equivale alla tempra di un popolo che non sarà più quello di Churchill, ma rimane pur sempre munito di un senso tipicamente isolano e patriottico di dignità e autodifesa). Ma è un discorso che rivela in realtà, per quanto riguarda l’atteggiamento comune, tutta la cattiva coscienza di noi idioti occidentali.

Siamo degli idioti. Nel senso etimologico della parola: ognuno di noi pensa ai fatti propri, e ci piace continuare così. Questo è il non detto di tutte quelle solfe normalizzatrici: di fronte al pericolo, non abbiamo nessuna voglia di rivedere le priorità. Sì, abbiamo paura adesso, sempre più paura. Quando viaggiamo, visitiamo una grande città come Londra, andiamo ad un evento di massa, ad un concerto, in una grande piazza. Ma è sufficiente un petardo e ci accalchiamo in preda al panico, com’è successo a Torino: idiozia della folla. E questo avviene perchè siamo talmente assuefatti al nostro tran tran pacioso e pacifico, dove tutto scorre nella noia e nella grascia del superfluo, che non ammettiamo di dover cambiare prospettiva.

La guerra in corso, per quanto non tradizionale, ma clandestina e ideologica, sommersa e imprevedibile, è pur sempre una guerra. E in guerra la condizione di essere al riparo, in sicurezza, che dà quella sensazione di invulnerabilità o meglio di poter essere indifferenti ad un rischio che riguarda sempre altri, finisce. Questo, noi, ci ostiniamo a non voler capirlo. E perchè? Perchè, soprattutto, il grande circo mediatico e politico ci invita a rifiutare questo fatto, predicando lo show must go on? Perchè dietro c’è la macchina dei consumi, che non può interrompersi. Se diamo una bella e dura revisione alla scala dei valori, tutte le stronzate a cui siamo tanto affezionati diventano secondarie, mostrando tutta la loro inessenzialità. E’ il business, che deve continuare. Di conseguenza, anche lo spettacolo,  l’autorappresentazione di una società che non può fermare lo shopping e gli affari.

Il bravo consumatore di fuffa, perciò, ha da essere rassicurato: prosegua pure, finga che quei morti innocenti esistano solo in televisione e su internet, magari vada ad accendere un cero e a posare il suo gessettosalva-coscienza, meglio se sotto casa, timbrando il cartellino della solidarietà. Si indigni, rimanga di sasso, scriva il suo rabbioso o pensoso post sui social. Ma continui, per piacere, a vivere come prima, come sempre. Stia allegro e impotente, altrimenti non consuma. Come l’idiota che è – e che siamo.

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