Umiltà e stupore

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Risultati immagini per umiltà e stuporeScritto e segnalato da Danilo Quinto

Dice Nostro Signore Gesù Cristo (Mt. 11, 25-30): «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.  Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».

Commenta Sant’Agostino con straordinarie parole (Sermo, 126): «Ogni altro carico ti opprime e ti schiaccia, ma il carico di Cristo ti allevia il peso. Ogni altro carico è pesante, ma quello di Cristo ha le ali. Se a un uccello togli le ali, può sembrare che tu lo alleggerisca di peso, ma in realtà quanto più gli togli questo peso, tanto più lo blocchi a terra. Vedi dibattersi al suolo chi hai voluto alleggerire di un peso; restituiscigli le sue ali e vedrai come vola»

E’ il rapporto personale con Cristo che ci fa comprendere quanto Egli afferma: «Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero». Cristo c’insegna anche come fare per mettere in pratica nella nostra vita quotidiana quest’insegnamento. Dice: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore». Ci invita a vivere nella conoscenza e nella consapevolezza del nostro essere nulla. Solo questo sentire ed essere può accogliere quella libera iniziativa e quel meraviglioso dono di Dio, la grazia, che ci fa riconoscere che «Per noi Gesù venne a soffrire la fame e a dare cibo, venne a soffrire la sete e a dare da bere, venne rivestito della nostra mortalità e a rivestirci dell’immortalità, venne povero per farci ricchi (Sant’Agostino, Enarrationes in Psalmos, 49, 19). Solo l’umiltà ci porta ad abbandonarci alla volontà di Dio, a vivere su questa terra nell’attesa e nella speranza di Nuove Terre e Nuovi Cieli. San Matteo, riportando le parole di Gesù sugli scribi e i farisei, dice (23, 11-12): «Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato».  Ancora Sant’Agostino afferma (Epist. 118, 22): «Se mi chiedete che cosa vi è di più essenziale nella religione e nella disciplina di Gesù Cristo, vi risponderò: La prima cosa è l’umiltà, la seconda, l’umiltà, e la terza, l’umiltà».

I Potentati delle Tenebre fanno il loro lavoro, con il permesso di Dio e noi – secondo alcuni – non dovremmo neanche più supplicare Dio di «non indurci in tentazione», non dovremmo riconoscere con attitudine umile e mite la nostra inadeguatezza a lottare contro le tentazioni con le sole forze umane, non dovremmo piegare le nostre ginocchia rivolgendoci a Dio perchè ci renda forti. A chi dovremmo chiedere la forza per resistere agli assalti del male, al maligno? A lui non possiamo sfuggire se non è Dio stesso a liberarci, dando ascolto alla nostra umile preghiera perché venga in nostro soccorso e ci preservi dal male.

L’altro elemento che si accompagna all’umiltà, è lo stupore. Di fronte al mondo, l’uomo dell’antichità provava sorpresa, meraviglia, stupore. Pensiamo a Platone – che affermava: «Caratteristica precipua del filosofo è provare meraviglia; non c’è altro inizio della filosofia all’infuori di questo» – o ad Aristotele, che scrive: «lo stupore spinse gli uomini alla filosofia». L’uomo della modernità spiega tutto quello che lo circonda con la scienza, con il positivismo. Pensa di possedere e di comprendere tutto. Non possiede e non comprende nulla, invece. Si affida e si aggrappa alle logiche umane, le insegue, come fosse da esse attanagliato. Pensiamo e agiamo, per adorare Dio e salvare la nostra anima, con lo stesso stupore dei pastori di Betlemme, che, rassicurati dall’Angelo, raggiungono la grotta dove si trova il Bambino Divino. Affidiamoci alla protezione della Nostra Mediatrice, la Santa Vergine Maria, che indica all’umanità la strada della salvezza. «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38) dice all’Angelo Gabriele, che le annuncia che Ella ha «trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30). Si abbandona alla volontà di Dio. Lo fa con fede viva, oltre che con purezza, umiltà, candore, obbedienza. Scrive Giuseppe Ricciotti: «Come nel precedente episodio di Zacharia, abbiamo anche qui l’apparizione inaspettata ed il turbamento di chi la contempla; ma questa volta il turbamento è prodotto, non dalla visione in sé, bensì dalle grandiose parole udite ch’erano stimate sproporzionate alla destinataria. Era dunque il turbamento dello spirito ch’è umile ed ha coscienza della propria bassezza». Diceva San Giovanni Bosco: «E’ quasi impossibile andare a Gesù se non ci si va per mezzo di Maria». Aveva compreso la Sua grandezza umile, toccata e scelta da Dio per generare immacolata Suo Figlio, per custodirLo e assisterLo nella Sua infanzia, nella Sua adolescenza, fino all’età della Sua predicazione, per starGli accanto sempre, fino alla Sua morte e per vederLo risorto.

Umiltà e stupore, quindi, se si vuole essere figli dell’unico Dio che salva.

Chiedo scusa a coloro che già lo conoscono, ma in conclusione vorrei citare un testo che amo molto. E’ contenuto in un libretto curato dalle Sorelle del IV Ramo della Comunità dei Figli di Dio. S’intitola: Il Santo Rosario con Divo Barsotti. Scrive Barsotti nella meditazione sul Terzo Mistero Gaudioso, dove contempliamo la nascita di Gesù nella povera grotta di Betlemme (Omelia detta a Casa San Sergio, Vigilia di Natale del 1967): «Egli vive con te, dove tu sei, nella tua casa: sta con te mentre tu spazzi le scale, ti parla mentre tu cammini per le strade del mondo, vive nel tuo cuore mentre tu vivi la tua povera vita senza ricordarti di lui. E tu non ti ricordi di Lui perché aspetti che Egli rompa la tua sordità, che Egli ti accechi nella Sua gloria. Ma Dio non fa così. Dio, proprio perché vuole donarsi, deve vestirsi di questa umiltà, deve sprofondare in questo silenzio, deve farsi vicino a te in questa povertà di segni che è la tua vita. E’ questo che noi dobbiamo vivere, miei cari fratelli: ma proprio nell’umiltà, ma proprio spazzando le scale, ma proprio facendo la cucina, ma proprio andando a letto, alzandoci, andando a mangiare, ma proprio camminando per la strada. Perché il segno della presenza di Dio non è lo straordinario, ma l’umiltà più pura, ma gli avvenimenti più ordinari e comuni della tua vita. Dov’è la gloria di Dio? Precisamente in questa umiltà, in questa povertà, in questo nulla. Perché mai nessuna grandezza, perché mai nessuna luce, perché mai nessun avvenimento poteva maggiormente misurare per l’uomo l’infinito amore di Dio, che non si voleva fare nemmeno simile a te, ma più piccolo ancora di te, che sei nulla, perché tu dovessi difenderlo, tu, tu dovessi dargli il tuo latte, tu, tu dovessi portarlo nelle tue braccia, perché Egli non sa camminare, perché Egli non sa parlare, perché Egli da sé non vive senza di te: sei tu che devi dargli la vita. Miei cari fratelli, mie care figliole, non vogliamo vivere in questo stupore continuo di una prossimità divina? Sì, la nostra vita deve essere questo semplice e continuo stupore; non vi chiedo più nulla tranne questo: vivere nello stupore continuo di una continua presenza di amore. Che cos’è lo stupore? Voi lo sapete, estasi. Quando si dice estasi si crede di parlare di chissà cosa di straordinario. Estasi è semplicemente lo stupore che ci fa uscire un po’ da noi stessi. Ma guarda! L’anima rimane sospesa nella meraviglia: è così inatteso il dono di Dio, è così sempre sempre nuova questa meravigliosa festa di amore che è la vita presente, in cui Egli viene senza mai farsi precedere da nulla perché sia più grande la tua gioia nell’incontrarti con Lui. Vivere questo, ecco la vita».

Spero che i lettori che sono padri e madri vogliano leggere ai loro bambini e ai loro ragazzi questa bellissima meditazione di Don Divo Barsotti, recitando insieme in famiglia, la sera della Vigilia del Santo Natale, il Santo Rosario. Affidarsi di questi tempi alla lettura di testi di coloro che hanno vissuto con Dio e per Dio, è una grande consolazione.

Fonte: http://daniloquinto.tumblr.com/post/168682973068/umiltà-e-stupore-danilo-quinto-18-dicembre

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