Il populismo come sintomo

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Segnalazione Arianna Editrice

di Come Carpentier de Gourdon

Il populismo come sintomo

Fonte: Vita

I movimenti populisti non hanno precisi obiettivi o delle strategie sistematiche capaci di garantirne il successo. Al massimo essi hanno dei leaders carismatici capaci di canalizzare le energie del malcontento sociale per il raggiungimento della presa del potere. Continua la nostra serie di interviste sul “momento populista” in Europa e nel mondo

Dopo gli interventi di De Benoist, Tarchi, Veneziani, Fusaro, e Cardini, la nostra indagine sul populismo prosegue con l’intervista a Come Carpentier de Gourdon, autorevole intellettuale di fama internazionale ed editorialista World Journal Affairs. Secondo Carpentier il populismo esprime un sintomo di malessere intrinseco che potrebbe senz’altro sfociare in un sistema dittatoriale o essere superato da uno shock esterno come una guerra o una rivoluzione.

Quali sono le cause scatenanti da cui origina l’ondata di populismo che sta attraversando Europa e Stati Uniti?
Il populismo è strettamente vincolato alla democrazia che è proprio un sinonimo stricto sensu. Aristotele aveva definito la democrazia come un populismo in opposizione all’aristocrazia, o governo dei migliori, ma anche come la decadenza di uno stato sano definito come politeia: o città ben governata. Storicamente la democrazia è stata definita in rapporto con la repubblica di Atene quando era governata da un consiglio dei demos (comuni) ma questo, tuttavia, è un concetto arbitrario.

I principi che accomunano le diverse democrazie moderne sono: l’elezione a suffragio universale e la libertà di parola e assemblea. D’altra parte possiamo affermare che in tal senso la democrazia è un populismo la cui evoluzione è quella di divenire sempre più gerarchica, oligarchica ed elitaria.Un’evoluzione che genera senz’altro una reazione populista da parte dei meno privilegiati, ma il populismo è una dinamica e non un’istituzione, pertanto riporta la situazione o verso una nuova élite gerarchica, oppure all’anarchia.

È, inoltre, importante sottolineare che la democrazia ed il populismo spesso vengono usati, invocati o criticati come degli strumenti a disposizione dalle varie forze per giustificare l’adozione di certe azioni, o come un particolare modo per guardare ai problemi. Secondo la teoria di Michels sulla concentrazione inevitabile del potere, esiste una naturale tendenza per tutti i sistemi politici, religiosi, sociali, culturali ed istruttivi a divenire gradualmente sempre più centralizzi, elitari ed oligarchici. Si arriva così al punto in cui cresce lo scontento e la reazione diventa inevitabile. Così gli attori marginali si appellano alle masse affinché le stesse si rivoltino contro le minoranze dominanti, considerate usurpatrici della democrazia. Alcuni sintomi di tale usurpazione sono le ineguaglianze crescenti, il depauperamento delle (piccole) borghesie, la concentrazione del potere nelle mani delle grandi società per azioni, l’indebolimento degli stati nazione e il rafforzamento di strutture sopra nazionali come l’EU l’ONU ecc…

Molti altri effetti sono rintracciabili nell’ossessiva focalizzazione sulle tematiche inerenti le minoranze etniche e sessuali, sugli utopistici melting pot multi-etnici e multi-culturali che sostanzialmente fungono da parola d’ordine per gruppi privilegiati, piuttosto che per il popolo. Effettivamente, nel nome del globalismo neo-liberale, tali gruppi vorrebbero diluire la relativa omogeneità delle società locale mettendo in moto un’operazione che se da un lato genererebbe disordine, al contempo porterebbe a tali gruppi un considerevole e rapido profitto economico. Essi professano di operare per la libertà universale (l’uguaglianza di matrimonio, la libertà sessuale la libertà artistica, di espressione ecc…) ma difatti, nel nome della sicurezza e secondo i principi della precauzionalità, appropriatezza, miglioramento intellettuale, progresso, tolleranza, femminismo e diritti delle minoranza, pongono delle severe sanzioni a quegli Stati, istituzioni ed individui che hanno visioni differenti. Oggi, infatti, il controllo sociale e la sorveglianza stanno divenendo oltremodo penetranti mentre l’espressione di molte opinioni viene censurata o duramente repressa.

Nel post Guerra-fredda il sistema politico mondiale riflette quello tecnocratico, capitalista, liberale e globalista, al quale si uniformano anche i paesi nominalmente Comunisti come la Cina dimostrando, di fatto l’abdicazione del pensiero Marxista a quello Neo-liberale.

L’egemonia del primo mondo, effettuata per mezzo del controllo del capitale e dell’alta tecnologia, sta generando vari tipi di resistenza e rivolta da ambo i lati facendo rivivere lo spettro delle ideologie, convenzionalmente identificate come destra e sinistra. Per tale motivo i vari tipi di reazione a tale stato di cose si annodano assieme scatenando reazioni populiste che superano le tradizionali divisioni tra destra e sinistra.

Tra le diverse forme di populismo esiste un comune terreno in cui si riflettono le radici ethno culturali e le differenze storiche. I populismi in Polonia, Filippine e Brasile presentano delle notevoli differenze fra loro e rispetto al populismo statunitense che, ad oggi, si presenta diviso tra i sostenitori di Trump (nazionalisti e populisti del libero mercato) e quelli dell’ala sinistra del partito democratico (che hanno come riferimento Bernie Sanders). Entrambi rimangono comunque imbrigliati nell’agenda delle elite dal momento che Trump, nel suo governo e programma, fa spazio ai neo-conservatori, mentre Sanders cede alle pressioni della Clinton e dell’Establishment dei democratici.

Questi movimenti furono preceduti dagli Occupy Wall Street, dei gruppi di protesta che sorsero in seguito alla crisi finanziaria del 2007, ma che non ebbero futuro dal momento che non avevano né un programma politico né dei leaders di riferimento.

Autori come Francis Fukuyama si sono interrogati sulla necessità di uno shock politico esogeno, come una guerra o una rivoluzione, per fuoriuscire dalla spirale di scontento che sta trascinando sempre più in basso i regimi democratici. Come giudica lei tale affermazione? Potrebbe il populismo rappresentare un o shock del tipo auspicato da Fukuyama?
Fukuyama ha ragione nell’affermare che nei corsi e ricorsi storici le guerre e le rivoluzioni hanno permesso il superamento di crisi istituzionali, sociali, economiche e finanziarie .

A tal riguardo il populismo potrebbe, senz’altro, rappresentare un sintomo di malessere che potrebbe portare all’anarchia, alla guerra civile oppure alla dittatura. I regimi minacciati potrebbero, infatti, trasformarsi in dittature per sopprimere e schiacciare il dissenso interno che li minaccia e dal quale potrebbe costituirsi un nuovo ordine. A tal riguardo la storia del mondo è piena di esempi del genere, si pensi ad esempio a Peisistratos, nell’antica Atene, a Marius nella Repubblica Romana o, più di recente, alla rivoluzione Bolscevica e all’avvento del partito Nazionalsocialista.

In tal senso l’elezione di Trump ha dato risposte parziali al problema, anche se ha notevolmente scosso tutta la struttura politica sia interna che internazionale. Inoltre possiamo osservare la proliferazione di altri movimenti populisti come quello dei partiti pirati e di movimenti simili, nonché sul piano economico finanziario il crescere e moltiplicarsi di cripto valute come Bitcoin che hanno come finalità quella di sfidare, spesso con l’aiuto delle nuove tecnologie, l’egemonia dell’attuale sistema di potere finanziario( dei governi, delle banche ecc…).

Dal populismo potrebbe, a suo avviso, nascere un sistema alternativo a quello delle Democrazie liberali?
La corrente dei sistemi democratici si è generata e sviluppata a seguito di circostanze che derivano dalla storia degli ultimi secoli ispirata al modello Greco-Romano e contrassegnata dall’egemonia europea, la quale negli ultimi 300 anni venne sistematizzata dal capitalismo di stampo anglosassone. I movimenti populisti non hanno precisi obiettivi o delle strategie sistematiche capaci di garantirgli il successo. Al massimo essi hanno dei leaders carismatici capaci di canalizzare le energie del malcontento sociale per il raggiungimento della presa del potere (come Chavez in Venezuela, Orban in Ungheria, Macron in Francia, Grillo in Italia e Trump negli USA). Essi non hanno generalmente in mente dei sistemi alternativi, ma alludono alla “vera democrazia”, alle “libertà astratte”, alla “solidarietà” e alla “giustizia sociale”. Alla fine, tali idee possono giustificare o almeno prontamente invocare il bisogno di dittature effettive per eliminare gli abusi correnti.

Le altre interviste dello speciale sul “momento populista” curate da Filippo Romeo e Marco Dotti

Alain de Benoist: il momento populista
Diego Fusaro: populismo e aristocrazia finanziaria
Serge Latouche: governati da élites senza pensiero
FRANCO CARDINI: POPULISMO, IL RANCORE DELLA MODERNITÀ
Marco Tarchi: l’Italia è populista?
Francescomaria Tedesco: il “mediterraneismo” e la tribalizzazione dell’Europa
In Europa, oltre all’avanzare del populismo, stiamo assistendo ad una crescita esponenziale di partiti e movimenti nazionalisti. Sul piano geopolitico quali sono i risvolti che potrebbero derivare da tali fenomeni?
Penso che il nazionalismo sia generalmente l’espressione di una nostalgia più o meno chiara per la tradizione culturale e spirituale di una comunità storica, nazionale o regionale, nonché una esigenza di sicurezza identitaria, economica e personale. Fenomeni che manifestano questo impulso “populistico ” sono fra gli altri anche i movimenti religiosi integralisti come per esempio, per citare un caso estremo, lo stato islamico DAESH, che corrisponde a un radicalismo dogmatico musulmano alzato contro le potenze e le culture straniere (es. occidentali) ma anche contro i governi musulmani oligarchici e “corrotti” della regione. Un altro movimento islamista, molto più moderato, è quello dell’AKP in Turchia che ha portato Erdogan al potere, contro le vecchie elite kemaliste militari e politiche pro-occidentali e laiche.

Ad ogni modo quasi tutti gli imperi hanno basato la loro ascesa sulla forza militare, demografica e sulle conquiste economiche, incontrando sempre grandi resistenze nell’affermazione delle forme identitarie a livello locale.

L’Unione Europea è un satellite dell’impero globale e neo-liberale statunitense e come tale viene contestata da diversi attori, sia di estrema destra che di estrema sinistra o più semplicemente da soggetti che, rifiutando entrambi le etichette, combattono in difesa dei loro territori e delle loro usanze cercando di rendersi più indipendenti dal complesso sistema tecno-finanziario supra-nazionale. Questa attitudine viene spesso qualificata come un nazionalismo identitario populista e arretrato.

Se l’Europa dovesse uscirne indebolita, Cina, Russia e India assumerebbero, a suo avviso, una posizione di supporto, oppure contribuirebbero a indebolirla?Nella storia tutte le potenze nazionali, e non, hanno approfittato del indebolimento o eclisse delle altre quando si presentava l’opportunità. Se l’Europa continua nel suo declino nessun potere vorrebbe aiutarla senza soddisfare i propri interessi. La Cina, per esempio, vuol prendere un ruolo dominante nell’economia e nella gerarchia politica del mondo ma può agire in maniera sottile fino ad un certo punto. L’India non ha disegni egemonici, il suo popolo vuole, principalmente, vivere bene ed elevare il proprio prestigio tramite la diffusione della cultura e del proprio stile di vita. L’Europa, tuttavia, viene percepita come lontana e l’India, al momento, preferisce guardare al proprio interno verso i suoi enormi problemi e sfide.

Delle tre potenze è la Russia quella disposta geneticamente a sviluppare con l’Europa occidentale un modello comune dal momento che la Russia è fortemente indebitata sotto il profilo culturale al occidente (Scandinavia, Grecia, Germania,Italia, Francia, Olanda, Inghitterra) e non può fare da se senza sinergia con i suoi vicini dell’Ovest. Comunque davanti ai giganti asiatici e americani, ed a una Africa gia super popolata e caotica, per la Russia diventa di vitale importanza formare un blocco con l’Europa. La riunificazione del mondo cristiano eurasiatico greco-romano potrebbe senz’altro costituire un’opportunità per la rinascita dell’Europa e far si che la stessa si svincoli dalla tutela americana che fa perno sulla dittatura dei “diritti umani” nonché sulla “correttezza politica” di inspirazione laica ma con carattere ebreo-protestante anglo-sassone.

a cura di Filippo Romeo

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