RIDENDO CASTIGANT «IUSTITIAM SION-CONCILIAREM» INIMICAM VERITATIS

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L’EDITORIALE DEL VENERDI

di Arai Daniele

Può una vera giustizia servirsi di leggi che obbligano la gente ad accettare una morale voluta dai gerarchi che sono al potere o da quanti subdolamente controllano i grandi mezzi di comunicazione di massa? Una «giustizia» che obblighi a esaltare o denigrare persone legate a questioni storiche o alla vita pubblica?

Non è novità per nessuno che ciò accada oggi ovunque, e proprio in nome di quella democrazia che distorce abusivamente il senso del verbo «discriminare», anche se procede dal gaio «proibito proibire».

Sì, poiché tale verbo si applica anche nel discriminare il chiaro dall’oscuro, il retto dallo storto, il vero dal falso; tanto per rimanere nelle tre operazioni dello spirito: apprendere, giudicare e ragionare, di aristotelica memoria.

Oggi, da molte parti, vi sono parlamenti che votano per proibire la critica scomoda all’omossessualismo. Naturalmente, da cattivi pensatori e perciò pessimi legislatori, lasciano la definizione della questione nel vuoto, quasi l’omossessualità avesse la dignità di 3º sesso nel consorzio delle società, con pieno diritto di vita naturale, di nutrimento, crescita ed esercizio riproduttivo. E se non è stato riconosciuto così in passato, è dovere farlo nella nostra epoca di progresso e maturità senza dogmi.

Anzi, per colmare il ritardo tale ammissione va resa obbligatoria!

In verità, tale riconoscimento potrà essere votato anche all’unanimità, senza rendere naturale quanto è fisica e moralmente innaturale. Possono votarla col plauso dell’ONU, dell’UNESCO, dell’URI, di Bergoglio, di presidenti di molte repubbliche, dell’Alta Finanza, di Obama o di Soros, festeggiandola nei più rumorosi festival della canzone o della gioventù; ma niente nel mondo può far sì che quanto è innaturale divenga naturale.

Voglio qui emulare lo scrittore cattolico francese che davanti al potere di Paolo 6º che, occupando il Soglio di Pietro, intendeva cambiare la Chiesa, scrisse: “Rien ni personne ne peut faire que l’erreur devienne vérité. La secte moderniste peut bien’occuper’ l’Eglise, elle ne saurait prétendre être l’Eglise.”: (Niente né nessuno può far sì che l’errore divenga verità. La setta modernista può «occupare» la Chiesa, ma essa non può pretendere di essere la Chiesa).

Si tratta di Jacques Ploncard d’Assac – in cui libro L’Eglise occupé (1974) – è stato citato da Mgr Lefebvre all’inizio della sua pubblica resistenza, quando ha paragonato giustamente la situazione della Chiesa a quella di «una città occupata».

E a proposito, poiché tale situazione peggiora giorno dopo giorno, sentiamo quanto il grande Arcivescovo, citando tale opera, diceva sul momento in cui ebbe inizio tale nefasta occupazione: “Il libro riporta documenti indicando l’evoluzione accaduta all’interno della Chiesa nel secolo scorso. Io voglio soltanto risalire a 1960 [cioè quando il 3º Segreto di Fatima sarebbe più chiaro], anzi risalire a 1958. Impossibile conoscere i fatti a fondo, ma in tale periodo è accaduto qualcosa nella Chiesa. Che cosa? Mi è impossibile conoscere i fatti a fondopersonalmente li ignoro; ma abbiamo percepito questi cambiamenti dal 1958, da quando il conclave ha eletto Giovanni XXIII” (Mgr Lefebvre, «J’accuse le concile»).

Infatti, la demolizione ecclesiale che seguì fu subito evidente e col marchio delle idee moderniste e massoniche di cui era portatore Roncalli. Ecco la realtà del virtuale eccidio del Papa con tutto un seguito cattolico, visto nella terza parte del Segreto di Fatima.

Era l’instaurazione del liberismo clericale che d’allora devasta la Chiesa e oggi avanza sotto il nome di una «giustizia» che non discrimina il male dal bene. In quest’ondata di spropositi ecumenisti e blasfemie crescenti, siamo giunti a Jorge Bergoglio, triste figura intangibile della più vasta devastazione dell’ordine naturale e spirituale d’ogni tempo.

Se è difficile credere, però, che ci sia nell’ordine umano qualcosa protetto dall’immunità di giudizio a priori, tanto più per posizioni già universalmente definite come il Papato. Nessun papa, né re, né saggio, né profeta, ha mai rivendicato privilegio tanto speciale.

Le sole creature che hanno cercato di proibire a priori ogni critica non dovrebbero più servire d’esempio, come Lenin, Stalin, Mao-Tse-Tung, Pol-Pot et similia, visto gli atti disumani che hanno perpetrato. Con ciò hanno solo ottenuto nel mondo civile la ripulsa dovuta a indemoniati vampiri a servizio degli inferi. Vi sono, però, pure molti vampiri di anime in veste angelicale nel nostro tempo.

Tornando al tema; si dica allora che nessun piacere personale può sfuggire al giudizio se va pubblicamente contro l’ordine naturale. E cosa è più definibile come ordine naturale nell’ambito sociale che il rapporto sessuale ordinato alla procreazione.

Eppure, oggi non s’intende nemmeno più accusare per legge l’atto sessuale disordinato da divorzi e adulteri; questi sono divenuti «diritti» acquisiti dalla «civiltà moderna». E si vuole evolvere oltre, verso la legalizzazione della sodomia ululante: senza vergogne né complessi, ma legalizzata.

Ebbene, almeno per decoro, questi potenti legulei dovrebbero rivedersi un po’ allo specchio delle figure freudiane, riguardo al senso di colpa, poiché niente che si faccia con la coscienza d’essere nel vero e nel chiaro richiede tanto compulsivo bisogno di nascondersi dietro leggi così ignobili e oscene. Esse sorpassano il «delitto» d’opinione,«criminalizzando» perfino quanto radicato nel buon senso!

Per contro, chi sa di essere nel giusto e conforme al bene generale non teme le critiche poiché ad esse ha come rispondere con sani argomenti di ragione, anche senza dover umiliare le posizioni avverse se fondate sull’ignoranza. Solo chi sa d’essere nel torto, ma acquista potere, deve abusare di un qualche scudo giuridico per imporre la sua idea.

E oggi si capisce che proprio quanti non hanno basi solide per avanzare ragioni, preferiscono appoggiarsi politica o clericalmente sull’apparato repressivo dello Stato o delle congreghe occupate dai correligionari. Lo scandalo subito dai poveri dell’Immacolata rimarrà nella cronaca di questo scuro tempo storico.

Passando al campo civile, piuttosto incivile, abbiamo il recentissimo caso del presidente Hollande sul caso del comico Dieudonné. I «grandi», come lui (scherzi a parte), bene farebbero a fermarsi un momento su delle lucide considerazioni per non entrare nella storia vestiti da tirannetti piccoli piccoli. Si leggano almeno quanto scrive Noam Chomsky sul caso Faurisson: “the first time that a modern Western state openly affirmed the Stalinist-Nazi doctrine that the state will determine historical truth and punish deviation from it.” (La prima volta che uno stato occidentale moderno afferma apertamente la dottrina Nazi-Stalinista che lo stato può determinare la verità storica e punire le deviazioni da questa).

Veramente non so se sia stata della prima volta, ma il caso della dogmatizzazione di eventi storici convenienti ai potenti di turno è divenuta la più progressiva delle mode malgrado la sua natura moralmente immorale e certamente visibile da tutti.

Dalla rivoluzione festaiola del «proibito proibire» sono arrivati alla tragi-commedia del «proibito pensare»! Ma sarebbe fuori legge riderci su! 

 

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