Documento OMS sull’educazione sessuale nelle scuole

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del Prof. Franco Damiani

 

QUELSIPer ragioni professionali mi sono dovuto sciroppare le quasi quaranta pagine degli “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa – Quadro di riferimento per responsabili autorità scolastiche e sanitarie, specialisti” dell’ Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA” (che sarebbe un centro federale tedesco di stanza a Colonia).

Mi è difficile persino trovare le parole per commentarlo. Tutto ruota attorno al concetto di “salute sessuale”, di “diritti sessuali” e di “educazione sessuale”. Tutti sappiamo che cosa si celi dietro queste espressioni care all’OMS nonchè all’UNESCO e all’IPPF (gli altri grandi “sponsor” dell’iniziativa): una contro educazione in cui la sessualità è considerata principalmente se non esclusivamente come fonte di piacere, sganciata dalla morale naturale e quindi da ogni finalità riproduttiva; in cui l’omosessualità è considerata solo una delle possibili varianti, che il ragazzo scoprirà eventualmente da sé, che non dovrà contrastare ma assecondare e su cui non viene formulato alcun giudizio; un’attività la cui finalità è solo quella di avere una vita sessuale “appagante” (il famoso “benessere”) nel quadro di una vita sociale “giusta e solidale”.

Riporto, a titolo di esempio (anche del linguaggio usato), il capitolo quarto (“Principi ed effetti dell’educazione sessuale”).

 

L’educazione sessuale olistica deve basarsi sui seguenti principi.

 

1. L’educazione sessuale è adeguata per l’età rispetto al livello di sviluppo e alle possibilità di comprensione, è sensibile rispetto alla cultura, alla società e al genere. E’ rapportata alle realtà di vita di bambini o ragazzi.

2. L’educazione sessuale si basa sui diritti umani (sessuali e riproduttivi).

3. L’educazione sessuale si basa su un concetto olistico di benessere che comprende la salute.

4. L’educazione sessuale poggia saldamente sui principi di equità di genere, autodeterminazione e accettazione della diversità.

5. L’educazione sessuale inizia alla nascita.

6. L’educazione sessuale deve essere intesa come un contributo verso una società giusta e solidale, attraverso l’empowerment delle persone e delle comunità locali.

7. E’ basata su informazioni scientificamente accurate.

L’educazione sessuale persegue i seguenti risultati.

1. Contribuire a un clima sociale di tolleranza, apertura e rispetto verso la sessualità e verso stili di vita, atteggiamenti e valori differenti.

2. Rispettare la diversità sessuale e le differenze di genere, essere consapevoli dell’identità sessuale e dei ruoli di genere.

3. Mettere in grado le persone, attraverso un processo di empowerment, di fare scelte informate e consapevoli e di agire in modo responsabile verso se stessi e il proprio partner

4. Avere consapevolezza e conoscenza del corpo umano, del suo sviluppo e delle sue funzioni, in particolare per quanto attiene la sessualità.

5. Essere in grado di svilupparsi e maturare come essere sessuale, vale a dire imparare a esprimere sentimenti e bisogni, vivere piacevolmente la sessualità, sviluppare i propri ruoli di genere e la propria identità sessuale.

6. Acquisire informazioni adeguate sugli aspetti fisici, cognitivi, sociali, affettivi e culturali della sessualità, della contraccezione, della profilassi delle infezioni sessual­mente trasmesse (IST) e dell’HIV, della violenza sessua­le.

7. Avere le competenze necessarie per gestire tutti gli aspetti della sessualità e delle relazioni.

8. Acquisire informazioni sull’esistenza e le modalità di accesso ai servizi di consulenza e ai servizi sanitari, particolarmente in caso di problemi e domande relativi alla sessualità.

9. Riflettere sulla sessualità e sulle diverse norme e valori con riguardo ai diritti umani al fine di maturare la propria opinione in maniera critica.

10. Essere in grado di instaurare relazioni (sessuali) paritarie in cui vi siano comprensione reciproca e rispetto per i bisogni e i confini reciproci. Ciò contribuisce alla prevenzione dell’abuso e della violenza sessuale.

11. Essere in grado di comunicare rispetto a sessualità, emozioni e relazioni, avendo a disposizione il linguaggio adatto.

Questa pappardella dovrebbe essere insegnata nelle scuole a tutti i giovani, senza alcuna possibilità per questi di sottrarvisi (materia obbligatoria) e dovrebbe pure essere oggetto d’esame! Sorvolo sul capitolo relativo alle varie fasce d’età, dal quale è ovviamente esclusa ogni educazione alla purezza (parola superata): vengono descritti piccoli esseri umani simili a bestioline, tutti protesi a “scoprire il proprio corpo”, a mostrare le parti intime al colto e all’inclita, a dire parolacce di ambito sessuale, a “giocare al dottore”, tutte attività che naturalmente non vanno scoraggiate ma solo disciplinate (e che, sembra di capire, dovrebbero in qualche modo essere praticate anche a scuola! Già in alcune scuole elementari e medie se ne sono avuti inquietanti saggi).

Insomma il futuro, ma già cominciato, Grande Fratello dovrà controllare non solo il cervello ma anche le emozioni, i sentimenti e financo la sfera più intima di ogni persona.

Mi ha colpito anche il paragrafo dedicato ai “vari tipi di educazione sessuale”, che riporto:

 

Tre categorie di programmi

Da una prospettiva storica generale, i programmi di edu­cazione sessuale possono essere raggruppati fondamen­talmente in tre categorie:

1. programmi che si focalizzano principalmente o esclusi­vamente sull’astinenza dai rapporti sessuali prematrimoniali, conosciuti come programmi “how to say no” (“come dire no”) o “abstinence only” (“solo astinenza”) (Tipo 1);

2. programmi che comprendono l’astinenza come una scelta possibile ma dedicano anche attenzione alla contrac­cezione e alle pratiche sessuali sicure. Tali programmi sono spesso indicati come “educazione sessuale estensiva” ri­spetto all’educazione sessuale “solo astinenza” (Tipo 2);

3. programmi che comprendono gli elementi del programma di tipo 2 ma li collocano nella più ampia prospet­tiva della crescita e dell’evoluzione personale. Nel presente documento tali programmi vengono indicati come “educazione sessuale olistica” (Tipo 3).

Nell’ultimo decennio i programmi del primo tipo sono stati energicamente promossi e finanziati dall’amministrazione repubblicana USA e, in una certa misura, hanno avuto la loro influenza anche fuori dagli Stati Uniti, in particolare in alcuni paesi in via di sviluppo e in alcuni paesi dell’Europa orientale. I programmi del secondo tipo sono stati sviluppati per reazione all’approccio “solo astinenza”. Un ampio studio comparato sui risultati di programmi di tipo 1 e di tipo 2 realizzati negli USA ha mostrato che i programmi “solo astinenza” non hanno alcun effetto positivo sui comportamenti sessuali o sul rischio di gravidanza in adolescenza, al contrario dei programmi di educazione sessuale estensiva, che hanno un effetto positivo sia sui comportamenti sessuali sia sul rischio di gravidanza in adolescenza.11

 

Notiamo: i pro­grammi “solo astinenza” non hanno alcun effetto positivo sui comportamenti sessuali o sul rischio di gravidanza in adolescenza.

I programmi “solo astinenza”, presentati in maniera così negativa, sarebbero poi nient’altro che la morale cattolica, la morale tradizionale, che però ovviamente andrebbero insegnati nell’ambito di un discorso di fede che dovrebbe improntare, come spiegava S:S: Pio XI nell’enciclica “Divini illius magistri”, tutta l’educazione, e in quel quadro troverebbero tutto il loro senso e la loro ricchezza. . Qui invece, nell’ambito di un’educazione massonica, altro non ci si può aspettare che una sedicente “educazione sessuale” massonica, tesa a creare “l’uomo nuovo” ossessionato freudianamente dal sesso. E’ proprio tanto inverosimile immaginare in un prossimo futuro il “libero sesso in libera scuola”, come paventava anni fa Carlo Alberto Agnoli, la vendita dei preservativi nelle scuole, “lavori di gruppo” tesi a “scoprire se stessi e gli altri”, lezioni tenute in cattedra da omosessuali o da trans? Che fine farà in questo quadro la libertà d’insegnamento del docente anche di italiano o di filosofia? E che fine faranno il ragazzo o la ragazza timidi, che di queste cose non vorrebbero parlare né sentir parlare e che preferirebbero vivere con riserbo e nel privato la propria vita intima? Non parliamo nemmeno del ruolo dei genitori, considerati nel documento poco più che dei “minus habentes”, incapaci di comprendere i figli e di dialogare con loro su argomenti delicati.

Ho esternato queste preoccupazioni (in particolare sull’”educazione alla diversità”, tesa a suscitare il disprezzo per la famiglia e i ruoli tradizionali), a tutti i colleghi della mia scuola nonché al capo d’istituto. Alcuni hanno risposto positivamente, altri meno, ma tutti, tranne uno, in modo civile. Riporto a titolo di curiosità, per finire, la risposta dell’insegnante di “IRC” (insegnamento della religione cattolica): A mio avviso la questione è molto delicata avrei bisogno di pensarci!

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