IL MAGISTERO E L’AUTORITA’ DELLA CHIESA E DEL PAPA (Parte 2)

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di Frà Leone da Bagnoregio

 

campos_brasaoPARTE SECONDA

 Passiamo ora ad esaminare sommariamente quali atti sono stati posti in essere dalla suprema autorità apostolica negli ultimi cinque lustri.

1)     L’11 ottobre 1962 aveva inizio il Concilio Vaticano II (XXI concilio ecumenico) convocato da Giovanni XXIII con la Bolla “Humanae Salutis”  del 25 dicembre 1961, durante lo svolgimento ci fu un attacco dei neomodernisti alla Chiesa e alla sua struttura ecclesiastica, con l’avallo di prima di Giovanni XXIII poi di Paolo VI, questo attacco nonostante, la resistenza del gruppo dei padri conciliari del “coetus internationalis patrum” portò all’approvazione di alcuni documenti in aperta contraddizione con la precedente tradizione e magistero della Chiesa[1] i documenti principalmente contrari sono Lumen Gentium (nella parte che riguarda la collegialità e l’unicità della Chiesa), Unitatis Redintegratio e Nostra aetate per quanto riguarda l’ecumenismo, infine Dignitatis humane personae riguardo ai rapporti tra Chiesa e Stato e la dignità dell’uomo. Altri documenti sono pure essi sospetti si veda come esempio la costituzione Sacrosantum Concilium sulla liturgia[2].

2)     Non vogliamo soffermarci sulle molteplici encicliche emanate da Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, richiederebbero una lunga disamina che trasformerebbe questo breve studio in un trattato. Ci limitiamo, tuttavia, a citare come esempio, uno dei principali errori vale a dire quello della redenzione universale operata da Gesù Cristo solo tramite la sua Incarnazione, prescindendo dalla grazia santificante, teoria espressa da Giovanni Paolo II prima della sua elezione e in varie encicliche particolarmente nell’enciclica Redemptor hominis del 4 marzo 1979.[3]

3)     Il 3 aprile 1969 veniva promulgato da Paolo VI il Novus Ordo Missae siglato  N.O.M., questo nuovo rito della Messa, è stato oggetto di un breve trattato composto da più teologi con la prefazione dei cardinali Alfredo Ottaviani e Antonio Bacci, nel qual prefazione si scrisse: “il Novus Ordo Missæ, considerati gli elementi nuovi, suscettibili di pur diversa valutazione, che vi appaiono sottesi ed implicati, rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino, il quale, fissando definitivamente i «canoni» del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del magistero”. E più oltre: “Quanto di nuovo appare nel Novus Ordo Missæ e, per contro, quanto di perenne vi trova soltanto un posto minore o diverso, se pure ancora ve lo trova, potrebbe dar forza di certezza al dubbio – già serpeggiante purtroppo in numerosi ambienti – che verità sempre credute dal popolo cristiano possano mutarsi o tacersi senza infedeltà al sacro deposito dottrinale cui la fede cattolica è vincolata in eterno. Le recenti riforme hanno dimostrato a sufficienza che nuovi mutamenti nella liturgia non porterebbero se non al totale disorientamento dei fedeli che già danno segni di insofferenza e di inequivocabile diminuzione di fede. Nella parte migliore del Clero ciò si concreta in una torturante crisi di coscienza di cui abbiamo innumerevoli e quotidiane testimonianze”.[4]

Come è stato è, stato, quindi, ripetuto più volte, questo nuovo rito della Messa è affetto da errori e conduce e sfocia nell’eresia; è “una Messa avvelenata” come ebbe a dire già nel 1982 Mons. Marcel Lefebvre e quindi, conduce alla perdita della fede e questo è stato ripetuto fino alla saturazione in tutto l’ambiente tradizionalista! Cosa comporterebbe per un chierico o un semplice fedele che seguisse e frequentasse abitualmente questo rito: la perdita della fede e pertanto, la possibile dannazione dell’anima.

Ai fini di incentivare l’ecumenismo si sono altresì approvati come validi riti di altre chiese  che difettano degli elementi fondamentali per la validità del rito: si l’esempio dell’anafora assira (nestoriana) di Addai e Mari che è stata dichiarata valida in un documento espressamente approvato da Giovanni Paolo II, nonostante essa manchi delle parole della consacrazione.[5]

4)     Il 25 gennaio 1983 veniva emanato da Giovanni Paolo II il Nuovo Codice di Diritto siglato N.C.J.C., questo codice ha recepito alcuni principi fondamentali scaturiti dal Vaticano II, come esempio si propone la possibilità della “communicatio in sacris” con eretici e scismatici, e l’equivocità sui fini del Matrimonio.[6]

5)     Si deve esaminare ora quanto è afferente alla canonizzazione dei santi. Al momento tre sono le canonizzazioni che suscitano evidenti dubbi; la prima  che è stata posta in essere è quella sancita da Giovanni Paolo II il 6 ottobre 2002 di José Maria Escrivà de Balaguer fondatore dell’Opus Dei, sulla quale furono formulate serie perplessità dagli stessi esperti e membri della gerarchia ‘conciliare’ prima della sua definizione; vengono quindi quelle di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II definite il 28 aprile 2014 da Francesco. Sulle attitudini non proprio edificanti di Roncalli, ci sono evidenti prove della sua connivenza con ambienti massonici e chiare testimonianze nel suo stesso diario che rilevano come minimo una fede molto vacillante nella dottrina e nella prassi della Chiesa, messa poi in evidenza durante la celebrazione del Vaticano II.[7]

Sono evidenti a tutti poi gli atti posti in essere da Giovanni Paolo II chiaramente contrari alla dottrina e alla prassi cattolica: Karol Wojtyla, già da cardinale, mentre predicava un ritiro spirituale nel 1976 a Paolo VI e alla Curia Romana in Vaticano, auspicando il “nuovo avvento dell’umanità”, ormai in matura per capire che “Cristo è al centro del cosmo”. Perla sua “Redenzione universale”, “Cristo con la sua nascita si è unito a tutti gli uomini, ad ogni uomo”; all’umanità.

Il 7 novembre 1980 Giovanni Paolo II, durante un viaggio in Germania, si recò in un tempio luterano e dichiarò: “Vengo a voi verso l’eredità spirituale di Lutero”, ed esaltò la profonda spiritualità di quell’eresiarca.

Il 25 maggio 1982, in Inghilterra, partecipò al culto angli­cano nella cattedrale di Canterbury, ed insieme con l’ar­civescovo anglicano benedisse la folla.

L’ 11 dicembre 1983 predicò nel tempio luterano di Roma. Affermò che si dovrà “rifare il processo a Lutero in modo più oggettivo”, dando ad intendere che la sentenza di Papa Leone X su questioni di fede fosse ingiusta e riformabile.

Dal 1984 ricevette regolarmente esponenti della potente massoneria ebraica del B’nai B’ith, con cui ha instaurato rap­porti di collaborazione. Il 10 maggio 1984 in Thailandia, vi­sitò ufficialmente (come “vica­rio” di Gesù Cristo) uno dei capi del buddismo e si inchinò da­vanti al suo trono, posto alla base di un simulacro di Buddha. L’ 11/6/1984, a Roma, inviò un rappresentante per la collo­cazione della prima pietra di quella che sarà la più grande moschea d’Europa, costruita nel cuore della Cristianità. L’8 agosto 1985, in Togo, parte­cipò in una “foresta sacra” a cerimonie pagane e pochi gior­ni dopo partecipò a riti satanici (“tutti gli dei pagani sono demoni”, Salmo 95) a Kara e Togoville.

Il 2 febbraio 1986, in India, ricevette in fronte da una sacerdotessa di Shiva (dio della morte e della distruzio­ne) il segno del “tilak”, proprio dagli adoratori di Shiva. E il 5 febbraio, in occasione del medesimo viaggio, a Madras, le ceneri iniziatiche di sterco di “vacca sacra”.

Il 13 aprile 1986, a Roma, visitò ufficialmente la Sina­goga dove recitò i salmi con il grande Rabbino ed altri ebrei che ripetevano parole d’accusa contro la Chiesa.

Sempre nel 1986 il 27 ottobre Giovanni Paolo II indisse e partecipò ad un incontro ad Assisi con tutte, le religioni, violando apertamente il primo comandamento e il primo l’articolo del Credo.

Nel 1993, in Benin, incontrò i grandi sacerdoti della setta satanica Vudù e pronunciò un breve discorso di lode in cui tra l’altro disse: ” (…) rispetto per i veri valori, dovunque essi siano, rispetto soprattutto per l’uomo che cerca di vivere di questi valori… Siete fortemente attaccati alle tradizioni che vi hanno tra­mandato i vostri antenati. E’ legittimo essere ricono­scenti verso i più anziani che vi hanno trasmesso il senso del sacro, la fede in un Dio unico e buono, il gusto della celebrazione…”. (da notare che i Vudù ado­rano il dio pitone).

Il 14 maggio 1999 Giovanni Paolo II ricevendo una delegazione interreligiosa irachena baciò pubblicamente il Corano.

E questi sono solo gli esempi più eclatanti di atti pubblici che Giovanni Paolo II ha operato in aperto disprezzo contro quanto stabilito nella precedente nella Chiesa.

Non è il caso di dilungarci ulteriormente su questa parte che noi pare già esaustiva.

 Domani sarà pubblicata la terza e ultima parte

 

 

[1] Per un dovuto approfondimento sulle manovre dei modernisti all’interno del Concilio, si veda: Roberto de Mattei – Il Concilio Vaticano II una storia mai scritta – Ed. Lindau Torino 2011.

[2] Molteplici studi si sono interessati della dicotomia tra il Vaticano II e il precedente magistero, una sintesi seppur non esaustiva è quella di Canonicus – Sinossi degli errori imputati al Concilio Vaticano II – Ed. Ichtys Albano Laziale 2012.

[3] Per ulteriori approfondimenti si veda Johannes Dormann – La teologia di Giovanni Paolo II e lo spirito di Assisi – Ed. Ichtys Albano Laziale 2000 – opera composta in IV volumi.

[4] Sicuramente questa presentazione fosse stata firmata anche da altri cardinali e arcivescovi e vescovi forse avrebbe sortito qualche ulteriore effetto. Il Breve Esame Critico è stato presentato il 5 giugno 1969 festa del Corpus Domini.

[5] Cfr. l’Osservatore Romano (ed. ital.), del 26.10.2001. Ammissione all’Eucaristia fra la Chiesa Caldea e la Chiesa Assira dell’Oriente, Orientamenti del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, DC n. 2265, del 3.3.2002, p. 214.

[6] Sul nuovo Codice di Diritto Canonico sono comparsi numerosi studi, di particolare interesse sono quelli pubblicati dal periodico SI SI NO NO – Velletri.

[7] Cfr. Hebblethwaite Giovanni XIII il papa del Concilio; Milano 1989. Si Cfr anche i vari articoli pubblicati da don Francesco Ricossa sul periodico Sodalitium.

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