Di Redazione
L’inchiesta Mose si abbatte su Gianni Letta. A tirare in ballo l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio e braccio destro di Silvio Berlusconi – secondo quanto riferito dal quotidiano La Repubblica – è stato Piergiorgio Baita, che, davanti ai magistrati a settembre 2013, ha fatto mettere a verbale accuse pesanti per Letta: «È l’assicurazione per la vita», ha detto l’ex amministratore delegato della Mantovani.
FAVORI AGLI AMICI. Insomma, il testimone chiave su cui si regge tutta l’inchiesta sulle tangenti del Mose ha parlato di richieste di favori, appalti agli amici, e di ore di telefonate con Giovanni Mazzacurati, il manager ai vertici del Consorzio Venezia Nuova fino al 2013. Anche se Letta ha poi precisato di aver sempre agito «nella più assoluta correttezza e trasparenza, senza mai venir meno ai principi di onestà, di lealtà e di responsabilità, nel pieno rispetto della legge e dell’ordinamento».
LETTA DAI MAGISTRATI. Letta, tuttavia, al momento non è indagato anche se i pubblici ministeri hanno intenzione di ascoltarlo in qualità di persona informata dei fatti. Visto che il suo nome è finito nelle 110 mila pagine in cui è contenuta l’intera indagine che riguarda lo scandalo tangenti a Venezia. «Vicende che non mi riguardano», le ha però definite lo stesso ex sottosegretario, dando incarico al professor Franco Coppi di «procedere in via legale a tutela della sua reputazione in ordine alle notizie diffuse dalla stampa e ai relativi commenti».
I magistrati vogliono, tuttavia, sapere dell’uomo dell’ex Cavaliere perché era considerato «l’assicurazione della vita» ed era chiamato «direttore del traffico».
TUTTA UNA FAVOLA. «Non è la prima volta che il mio nome viene evocato o citato in una delle tante inchieste che riempiono le cronache di questi mesi», s’è fatto sentire Letta non appena appreso quanto pubblicato da organi di stampa sulle indagini per la vicenda Mose, «ed è ovvio che lo sia, perché negli anni di governo, mi sono occupato di tante vicende, certo di tutte le più importanti, ma solo per dovere di ufficio e per le responsabilità connesse alla funzione e al ruolo».
«Ci vuole proprio molta fantasia per trasformare un normale e doveroso ‘contatto istituzionale’ in una richiesta o, peggio, in un versamento, e inventare così una ‘favola’ come quella attribuita alla signora Minutillo», è stata la tesi dell’ex sottosegretario.
NORMALI RAPPORTI POLITICI. Che poi ha continuato: «Non basta che lo stesso Baita in qualche modo precisi o smentisca, sia pure con fatica: meglio raccontarla quella ‘favola’. Ma come si fa a smentire una favola? Basta dire che non c’è nulla di vero? E che è tutta una fandonia?». Quindi ha aggiunto che la «famosa ordinanza sul Mose riconosce esplicitamente che quei contatti sono ‘del tutto privi di rilievo penale, non risultando alcun tipo di richiesta, ma risultando esclusivamente un interessamento rispetto a un importante opera, rientrante nella fisiologia dei rapporti politico-istituzionali’».
Baita: «Non potevo avvicinarmi al sottosegretario»
Nonostante le smentite dell’interessato, sul rapporto tra Letta e Mazzacurati, Baita ha parlato di «grande gelosia», tanto che l’ex amministratore delegato della Mantovani ha precisato: «Non potevo avvicinarmi al sottosegretario».
Tuttavia, dopo l’arresto, Baita, parlando con i magistrati, ha chiarito la posizione di Letta: «Non ho conoscenza», ha riferito in merito agli eventuali versamenti di somme di denaro al braccio destro di Berlusconi. Quindi ha aggiunto: «In ambito consortile è sempre circolata la voce tra i soci che l’incarico di progettista unico affidato a Technital, società del Gruppo Mazzi, che era assolutamente fuori mercato, servisse a questo scopo».
IL RAPPORTO CON MAZZI. Ma per comprendere il ruolo che, dai racconti di Baita, avrebbe avuto Letta, serve fare chiarezza su Alessandro Mazzi, finito pure lui in carcere. Si tratta del titolare della Grandi lavori Fincost, entrato nell’affare Mose con una quota del 30% attraverso la Mazzi Scarl, di cui la Technital è una controllata. E, secondo quanto ha riferito il quotidiano diretto da Ezio Mauro, l’uomo vanta un’amicizia personale con Letta.
PIÙ SOLDI ALLA TECHNITAL. «Technital nella vita del Consorzio ha avuto incarichi per oltre 120 milioni di euro in progettazioni, addirittura a tariffa maggiore di quella piena e come consorziati ci rimettevamo dei soldi», ha ricordato Baita davanti ai magistrati.
E quando gli hanno chiesto se si fosse mai lamentato della situazione con Mazzacurati, l’ex amministratore delegato della Mantovani ha risposto: «Sì, mi ha detto di non rompere, che va bene così».
Mazzacurati sul braccio destro del Cav: «È il direttore del traffico»
(© Imagoeconomica) Giovanni Mazzacurati.
Sempre stando a quanto è emerso dalle carte dell’inchiesta, Letta era considerato da Mazzacurati il «direttore del traffico». Colui che avrebbe accompagnato, indirizzato e segnalato gli interlocutori. Come, per esempio, Marco Milanese, il collaboratore di Giulio Tremonti, che poteva fare da collegamento con il ministro dell’Economia per sbloccare 400 milioni del Cipe.
«Per alimentare il Consorzio, spese proprie, ci vogliono 72 milioni di euro all’anno, se il Cipe sta fermo un giro è un guaio», è stata la tesi di Baita.
INTERCETTAZIONI INUTILIZZABILI.Insomma, sempre secondo il racconto dell’ex amministratore delegato della Mantovani, Letta sarebbe la figura in grado di aprire le porte che contano. Ed è confermato delle centinaia di telefonate che hanno raccolto i finanziari del Nucleo tributario di Venezia, ma che, ha evidenziatoLa Repubblica, non sono utilizzabili nel procedimento perché riguardanti un parlamentare.
LE RICHIESTE DI LETTA. Ma il contenuto lo ha spiegato Baita, entrato nell’affare Mose nel 2003: «Da Letta abbiamo avuto altre richieste, ma non di versamenti diretti di soldi. Lo so perché è stato domandato a me di farvi fronte». Di cosa si trattava? «La prima, modesta, di dare un subappalto a una certa impresa di Roma, la Cerami. Gli abbiamo dato a Treporti un subappalto praticamente senza ribasso, in perdita per noi».
ESBORSO DI 1 MILIONE. Ma c’era anche un’altra richiesta. E, stando al racconto di Baita, si trattava di «un esborso». Anche se Letta ha smentito tutto: «Non esistono né richieste né versamenti. Non sono mai esistiti, mai pensati e neppure immaginati», ha spiegato non appena la stampa ne ha dato notizia.
«Mi pare fosse inizialmente di 1 milione, successivamente di 500 mila euro», ha sostenuto l’ex amministratore delegato della Mantovani, «che era la somma che la Corte dei conti aveva chiesto all’ex ministro Lunardi per l’Anas».
L’ex rappresentante del governo, infatti, era stato condannato dal tribunale contabile a risarcire personalmente 2,7 milioni di euro per la rimozione dell’allora presidente dell’Anas senza una delibera del Consiglio.
SOLDI A LUNARDI. Come andarono le cose? «Abbiamo dato a Lunardi 500 mila euro non chiedendo alla Rocksoil (l’azienda di cui l’ex ministro è proprietario, ndr) il ribasso sulla tariffa su una progettazione per la prosecuzione dell’A27», ha spiegato Baita. Che sullo sconto ha precisato: «Non ci fu per fare un favore a Lunardi su richiesta di Letta. E il pagamento, a tariffa piena, fu effettuato subito».
LA SMENTITA DI COPPI. Ma anche qui è arrivata presto la smentita. A farla è stato Coppi secondo cui «sarebbe stato sufficiente considerare in proposito le dichiarazioni rese dal presunto elargitore, signor Mazzacurati, che, anche con riferimento alla vicenda Lunardi, ha escluso in termini inequivocabili di aver ricevuto richieste di danaro da parte del dottor Letta o di aver fatto elargizioni in suo favore o per suo conto».
Martedì, 10 Giugno 2014 – Fonte: Lettera43