Segnalazione di Redazione Il Faro sul Mondo
di Manuela Comito
Il 12 giugno tre coloni, Naftali Frankel, Gilad Shaer e Eyal Yifrah, sono scomparsi dall’insediamento illegale di Gush Etzion, situato nella cosiddetta “Area C”. Nonostante l’area in questione sia sotto completo controllo militare e amministrativo da parte di Israele, fin dal primo momento le autorità di Tel Aviv hanno parlato di “rapimento” ad opera di Hamas. Il movimento palestinese non solo non ha rivendicato l’azione, ma ha ribadito la propria estraneità all’accaduto.
Lunedi 30 giugno, i corpi dei tre scomparsi sono stati rinvenuti in un campo nei pressi di Halhoul, nella Cisgiordania occupata, a soli 10 minuti di strada dal luogo della scomparsa. Nei 18 giorni trascorsi, il quarto esercito più potente del mondo ha devastato, saccheggiato, razziato, arrestato più di 500 persone, col pretesto di ritrovare ii tre coloni scomparsi. E, dopo il rinvenimento dei corpi, Gaza ha subito 34 raids aerei e conta già le prime vittime e i feriti.
Il mondo intero ha espresso il proprio cordoglio per la morte dei tre coloni israeliani. Le maggiori autorità, compresi il presidente degli Stati Uniti e persino il Papa, hanno espresso il loro dolore per la tragedia che ha colpito le famiglie dei ragazzi. Non una parola, invece, per le vittime palestinesi. Mai. E non ci riferiamo solo a quelle di queste ore, ma anche ai 250 minori arrestati dall’esercito della ‘democratica’ Israele e che soffrono nelle carceri; ai 186 prigionieri in regime di detenzione amministrativa (cioè senza alcun capo d’imputazione, per imprecisate e nascoste “ragioni di sicurezza”); agli oltre 5000 prigionieri palestinesi, alcuni dei quali affetti da gravi patologie. Non una parola per i pescatori e per i contadini che si trovano quotidianamente a fare da bersaglio mobile per il tiro a segno dei cecchini israeliani.
Il cordoglio è riservato solo ad Israele. E Israele, forte della propria impunità e dell’estrema riverenza che il mondo intero gli tributa, ha deciso di vendicare le proprie vittime. Per comprendere quello che oggi accade, occorre fare un passo indietro e tornare a quel concetto di “terra nullius” che fu ed è ancora la colonna portante dell’ideologia sionista che portò all’occupazione della Palestina. Nonostante si cerchi di far passare un’altra verità, e cioè che gli ebrei che occuparono la Palestina furono i sopravvissuti all’Olocausto, sappiamo che l’occupazione della Palestina cominciò ben 40 anni prima dell’Olocausto, e fu decretata nella Conferenza di Berlino del 1884-85 alla quale presero parte le maggiori potenze dell’epoca, come ci ricorda Paolo Barnard nel suo documento “Capire il torto”: “Si era in piena epoca coloniale, bene o male si doveva giustificare in qualche modo il fatto che questi andavano dove gli pareva, ammazzavano chi gli pareva e prendevano le terre e le risorse che gli facevano piacere: per giustificare questo dissero “bene, esistono le terre “nullius”,cioè terre di nessuno, popolate da popolazioni barbare quindi selvagge, praticamente poco più che scimmie, su quelle terre noi abbiamo il diritto di andare, di arraffare quello che vogliamo, di colonizzare dove ci pare, di dominare”.
La Palestina entrò in quella definizione di terra nullius, considerata dal più grande sionista mai esistito Theodor Herzl, come una terra senza popolo che doveva essere destinata a un popolo (gli ebrei) senza terra. Il popolo palestinese, il popolo della “terra di nessuno” è invisibile agli occhi del mondo. Solo comprendendo questo concetto, si riesce a capire perché oggi il mondo intero piange le tre vittime israeliane e ignora le innumerevoli vittime palestinesi.