Ribaltone di “Chiesa”

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chiesapiramideSegnalazione di Federico Prati

di Enrico Maria Radaelli (abbiamo lasciato l’estratto segnalato senza alterazione alcuna, sebbene il testo contenga spesso la dicitura “Papa Francesco” riferita a Bergoglio)

INDAGINE ESTETICA SULLA TEOLOGIA,SULLA FORMA E SUL LINGUAGGIO DEL MAGISTERO DI PAPA FRANCESCO, ANCHE ALLA LUCE DEL PENSIERO GNOSTICO SUL MISTERO D’INIQUITÀ, COSÌ COME ESPOSTO NELLA IIa AI TESSALONICESI.

Prima Parte. Il magistero di Papa Francesco.

« E ora sapete ciò che impedisce la manifestazione dell’Anticristo,cbe avverrà nella sua ora. Il mistero d’iniquità [l’Anticristo} è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene » (II Ts 2,6-7) .

1. IL MAGISTERO VELOCE (E SPIAZZANTE) DI PAPA FRANCESCO.

Papa Francesco, il Papa della simplicitas (che potrebbe voler dire anche della Grande Semplificazione), nel suo programma non detto, ma a tutti chiaro fin dal primo giorno, di Nuovo
francescanesimo, Nuova Papalità e Nuova Chiesa, si muove velocemente,non pone tempo in mezzo, è una vera valanga,una scossa energetica permanente: ogni giorno una novità, una schioppettata, una notizia, un’intervista. Ogni giorno un atto più o meno piccolo, più o meno clamoroso, di discontinuità,di ribaltamento, di innovazione, un gesto magari minimo come un sassolino con cui però viene sovvertito tutto un mondo: tutto il sentire abituale e antico della Chiesa.

Già Paolo VI, riferendosi alla Liturgia, sosteneva che « nella mentalità abituale la cerimonia sacra non è una semplice esecuzione di riti esteriori, e la pratica religiosa – così sottolineava quel Papa – non esige altro che una passiva e distratta assistenza» (13-1 -1965). Il sentire secolare, le consuetudini, viste come routine, andrebbero dunque scardinate: fredde come sono, si contrappongono troppo al fuoco che corre, che ardente deve correre, nelle vene della Chiesa.

Ecco allora Papa Francesco. O meglio: ecco Francesco,vescovo di Roma. Forse Francesco e basta. Qualsiasi aspettativa avevamo dal Conclave del 2013, è stata travolta da un’irruenza non messa in conto a un ruolo papale. Solo mitigata,se mai, da quella che vorrebbe presentarsi, in quel suo sorriso da contadino gioviale, come un’irresistibile cattura di simpatia: la semplicità disarmante con cui Papa Francesco compie l’atto più anticonvenzionale spiazza l’interlocutore (e il mondo intero) suggerendogli un giudizio amabile, arreso alla più desistente condiscendenza.
Che irruenza di fede, in Papa Francesco. Si respira aria di grandi novità, questo è sicuro. E tutte al fulmicotone.

Ogni suo atto, o parola, o gesto, qualsiasi sia, desta subito una risonanza universale spandendosi su giornali e tv di tutto il mondo. Solleva commenti, opinioni ed esegesi di teologi e filosofi illustri e meno illustri. E quelli di costoro che fino a ieri erano verso la Chiesa notoriamente critici, da decenni insistentemente additandola quale fonte primaria, indiscussa e a loro avviso velenosa delle più gravi ribalderie antilibertarie, così tenendosi al di qua di una linea decisamente “laicista”, ora invece, davanti al tumultuoso rigoglio di inaspettate e spiazzanti novità profumate di libertà quasi più delle loro, alzano unanimi e festosi i propri sempre più convinti assensi rilasciando dichiarazioni di apprezzamento sempre più largo e benigno: è in atto una caduta verticale di quelle barriere che i liberali avevano da secoli persuaso esservi tra Chiesa e libertà, il crollo fragoroso e spetta colare di quegli storici e granitici confini che
fino a ieri, si direbbe anzi fino a quasi un minuto fa, di sicuro contrapponevano dogma a liberalismo, e tutto ciò, questo sfascio disastroso e felice, dico, di un mondo di antiche certezze e di identità fossilizzate, pare avvenire solo in virtù di atti, decisioni e scelte del nuovo “vescovo di Roma”.

2. IPOTESI DI UN MAGISTERO “INFUTURENTE”.
Tutti guardano con occhi soddisfatti, o, se non altro, benignamente apprezzativi, ma anche sorpresi (oppure invece smarriti), quello che è comunque un incontrovertibile dato di fatto: è avvenuto un felice e sorprendente cortocircuito di vicendevole e immediato apprezzamento tra il Papa subentrato a Benedetto XVI e i più famosi e paludati maitres à penser liberali, cosa che si sovrappone persino al naturale colloquio che si aveva tra Papa e fedeli cattolici, lo supera di prepotenza e gli si impone, perché è questo cortocircuito mediatico
extracattolico e anzi extrareligioso il vero accaclimento da seguire.
(Ma perché nessuno in Vaticano si chiede il motivo di tanto consenso di un Papa cattolico tra i non credenti, anzi tra i dichiaratamente atei come Scalfari, Cacciari, Veronesi,Pannella, e pace se semplicemente tra i “diversamente cattolici” come i soliti Kung, Mancuso e l’Enzo Bianchi?)
Bruciate tutte le distanze: quella interna tra Papa e fedeli – i “credenti” – e quella esterna tra Papa e infedeli, ossia, come si dice oggi, tra Papa e “non credenti”, i quali, per parlar chiaro, non sono altro che gli irragionevolmente atei.
Bruciato forse con esse anche il senso di autorità? Assolutamente no: chi così conclude, sulla base peraltro di ottime ma insufficienti argomentazioni sociolinguistiche, non conosce il peronismo, quel Diverso francescanesimo populista e appariscente (che fa con la destra e disfà con la sinistra), che è al fondo della strategia comunicazionale del Papa « venuto dalla fine del mondo ». Del peronismo come metodo di governo a proposito di Papa Bergoglio se ne parlerà presto.
Il mondo è davanti a un tutto nuovo magistero, questo è sicuro, e magistero non solo ” tutto nuovo” per l’irresistibile fiorire di novità e per la scoppiettante primavera concettuale dell’insegnamento papale in sé, ma per essere tutto diverso per come si propone, cioè tutto nuovo nel metodo: un magistero colloquiale ma che sembra serio, travolgente ma che si intuisce ben programmato, leggero ma che si capisce anche sostanzioso, come si vedrà, se pur ben diversamente sostanzioso, scanzonato, ma a ben guardare impegnativo.
Il mondo è davanti dunque a un magistero papale che,quasi come un monello – ma monello molto consapevole -sguscia via svelto dai paludamenti severi e rigorosi di regole, etichette, leggi, e che butta all’aria usi e costumi secolari, rubriche e sintassi codificate, burocrazie e linguaggi formalizzati finemente – si credeva – da menti cui comunque stava a cuore, come ultimissimo fine, la salus animarum, se pur attraverso un’impalcatura metodologica, come si dice, più garantita formalmente: quella portata alla ribalta da Papa Bergoglio, diversamente francescano, è invece una tutta nuova papalità.
Se il mondo è in subbuglio, il motivo sarebbe che, per dirla sinteticamente con Massimo Faggioli, « il Papa sta demitizzando il Papa» (II Foglio, 17-10-13) .

Non è così. ‘Demitizzare’ è riportare un certo fatto alla sua realtà, smantellandolo delle proiezioni epiche che gli eranostate incrostate addosso idealizzando e polarizzando le aspirazioni di una comunità o di un’epoca, così elevando quel fatto a simbolo privilegiato, esemplare e trascendente.
“La caduta degli dèi”, o demitizzazione, riporta gli uomini – brutalmente o con una certa qual circospezione, dipende, ma il risultato è lo stesso – alla realtà.
Ma qui la realtà del papato non è ciò che si vorrebbe far credere, un fatto “semplice ed evangelico” su cui nei secoli il senso del potere e altre intenzioni turpi e irreligiose, p. es.una sviante idea di prestigio, hanno aggiunto inutili e anzi dannose e sommamente falsificanti idealizzazioni. Se così fosse, ben venga ogni demitizzazione: la religione – il cattolicesimo – è costruita solo e unicamente su elementi strettamente razionali e controllati dalla ragione: la fede stessa(v.LIVI 1997,p.96 sgg.) è l’appoggio razionale della mente all’evidenza posta dalla ‘conoscenza per testimonianza’.

Estratto da
ENRICO MARIA RADAELLI. LA CHIESA RIBALTATA.
pag13-16
sito http://www.enricomariaradaelli.it/aureadomus/convivium/convivium_la_chiesa_ribaltata.html
Pubblicato da Brontolo Sauro a 22:52

 

Una Risposta

  • Concordo con il prof. Radaelli sulla strategia di comunicazione dell’attuale Papa, che i cardinali sono andati a prenderlo ” alla fine del mondo ”, come ha detto lui stesso appena eletto definendo temporalmente la sua missione.
    Il vescovo di Roma, ovvero il Petrus romanus ultimo Papa secondo la profezia, che cade sotto i colpi di arma da fuoco come vittima (un vescovo vestito di bianco) secondo il terzo segreto di Fatima, ha generato con questa definizione nella mente di un cattolico come me, educato a distinguere il capo della Chiesa universale dai vescovi, incaricati a guidare le diocesi, una preoccupante confusione.
    Forse definirsi vescovo di Roma annuncia il suo proposito di smembrare in una miriade di chiese locali la Chiesa:Una Santa Cattolica Apostolica e Romana?

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