Una visione della creazione e del Mondo Antico conforme ai Libri Sacri

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Segnalazione di Maurizio-G. Ruggiero

http://crombette.altervista.org/

L’opera del “cattolico francese” nato a Loos-lès-Lille il 24/9/1880, deceduto a Froidmont (Belgio) il 13/11/1970.

Una visione della creazione e del Mondo Antico conforme ai Libri Sacri

natività nativityFernand Crombette fa pensare a uno studioso di un’altra epoca. Autodidatta, ricercatore solitario, confinato tra il suo studio e le biblioteche, non lavorando che per la posterità, senza cura di farsi conoscere e riconoscere, mattiniero, studiando senza tregua, egli sembra volersi nascondere interamente dietro la sua opera. Volendo restare ignoto, firmava le sue opere: “un cattolico francese”. Che bella lezione di umiltà!

Ma anche che opera!… Interamente scritta tra il 1933 e il 1966, dopo un’esemplare carriera amministrativa, essa affronta la maggior parte delle “discipline” contemporanee, su ciascuna delle quali getta le luci di un notevole spirito di sintesi basato, con una incrollabile convinzione, sull’inerranza scientifica e storica della Bibbia. Una tale convinzione, per strana che possa apparire a molti spiriti moderni, è il risultato naturale delle scoperte che fu dato a Fernand Crombette di compiere; lo si comprenderà facilmente seguendo la genesi della sua opera.

Tutto ha inizio con un compito, una composizione sul tema “le Sante donne alla Tomba”, che sua figlia Liane, allieva alla Scuola di Belle Arti, deve preparare. Volendo aiutarla nella ricostruzione storica, Crombette apre la sua Bibbia e si imbatte provvidenzialmente nel versetto 12 del Salmo 73: “Ma Dio, nostro re, da prima dei secoli, ha operato la salvezza al centro della terra“. Su questo versetto, che tanti cristiani hanno dovuto leggere senza prestarvi particolare attenzione, la Provvidenza volle che lo studioso si soffermasse. Un’idea si presenta alla sua mente: se la Bibbia dice il vero, Gerusalemme è al centro del mondo!

Egli scoprirà più tardi, durante le sue ricerche, che il Rev. Padre Placet, monaco premonstratense, aveva scritto nel 1668 un’opera intitolata “Dove è provato che prima del Diluvio non vi erano punto le isole e che l’America non era punto separata dal resto del mondo“.

Egli conosce la tesi di WEGENER sulla deriva dei continenti. Si reca allora nelle biblioteche (e verso la fine del suo lavoro all’università di Grenoble) per disporre delle carte geologiche e batimetriche necessarie, e si applica a ricostruire questo continente primitivo che i geografi chiamano oggi Pangea. L’idea geniale di F. Crombette fu di non fermarsi (dopo prove infruttuose) ai contorni attuali dei continenti, variabili con il livello dei mari, ma di prendere in considerazione il bordo estremo dello zoccolo continentale, alla quota di -2000 metri, laddove il fondo marino cambia bruscamente pendenza per andare a raggiungere il fondo abissale, a -4000 metri. Idea geniale, giacché le trivellazioni sottomarine confermano oggi, dopo 60 anni, che lo zoccolo granitico continentale, sotto i sedimenti marini, si arresta proprio in questo punto. Ma anche idea ispirata dalla Bibbia, giacché Fernand Crombette aveva ripreso la tesi cosmogonica di Kant secondo la quale le “acque dell’alto“, separate da Dio al momento della Creazione, formavano un anello acqueo attorno alla terra, anello la cui caduta progressiva alimentò i 40 giorni di grande pioggia del Diluvio.
Stabilite così le ipotesi del suo lavoro, Crombette ricostruisce completamente (tra il 1933 e il 1945) il puzzle del continente primitivo, con i banchi e le isole oggi disperse sul fondo basaltico dei mari, e l’esatto cammino percorso da ciascuna delle masse continentali. E il risultato confonde l’immaginazione: il continente unico aveva ricevuto la forma regolare di un fiore a otto petali, di cui Gerusalemme occupa il centro.

 É da sottolineare che il suo lavoro è iniziato non partendo dal centro, bensì dalle isole Falkland e dalla punta dell’America del sud. Nasce così il suo SAGGIO DI GEOGRAFIA… DIVINA in cui Crombette spiega la formazione della superficie e l’orografia del mondo. Compiuto questo lavoro, si mette a guardare la Bibbia in tutt’altro modo: l’incompatibilità che esiste oggi tra le cronologie ufficiali della Storia dell’Antichità e la cronologia biblica fa problema. É nel 1830 che Champollion, per primo, avanza per le prime dinastie egiziane una data risalente al 6° millennio avanti Cristo, incompatibile dunque con la data del 2348 a.C. ammessa comunemente per il Diluvio. Crombette, abitante dal 1937 a Tournai (Belgio), si reca allora alla Fondazione Egittologica Regina Elisabetta, a Bruxelles, per iniziarsi alla lettura dei geroglifici. Egli non tarda a rimettere in causa il metodo di decifrazione di Champollion, che assimila i geroglifici a una scrittura alfabetica, mentre i segni pittografici o ideografici (lo si vede in Cina) sono anteriori ad ogni alfabeto e ne sopprimono il bisogno. La famosa “Pietra di Rosetta”, punto di partenza di Champollion, rappresenta un decreto preso dal faraone “greco” Tolomeo V° Epifanio. I geroglifici traducono dunque il testo greco, e il fatto che taluni sono stati scelti per raffigurare foneticamente le lettere greche dei nomi propri come Tolomeo e Cleopatra, non implica affatto che questa regola di trascrizione possa applicarsi ai nomi comuni che esistevano in copto monosillabico (la lingua dell’Egitto Antico) prima ancora che si pensasse a scriverli. La Pietra di Rosetta non può dunque servire da punto di partenza alla decifrazione delle iscrizioni reali delle dinastie egiziane. Fernand Crombette scopre allora che i geroglifici possono leggersi come dei pittogrammi monosillabici come tutte le lingue primitive, per i nomi concreti, e, più generalmente, come un rebus composto in copto antico. Invece di dover ricostruire una lingua artificiale impronunciabile e incerta, come hanno tentato gli egittologi fedeli al metodo di Champollion, Crombette riesce dunque a leggere direttamente i geroglifici in una lingua conosciuta che si è trasmessa fino a noi mediante gli scritti dei linguisti arabi, come pure attraverso la comunità copta che, nell’Egitto stesso, resiste ancora all’arabizzazione.

Su questa base, il nostro studioso scrive una Storia dell’Egitto in 15 volumi: IL LIBRO DEI NOMI DEI RE D’EGITTO, condensato poi in 3 volumi intitolati VERA STORIA DELL’EGITTO ANTICO, più un volume CRONOLOGIA DELL’EGITTO FARAONICO. Questa ricostruzione minuziosa della genealogia di tutte le dinastie fa apparire che Misraïm (Rê), fondatore eponimo dell’Egitto, non è altri che il figlio maggiore di Cam (Amon), figlio primogenito di Noè, e che l’arrivo di Misraim in Egitto segue immediatamente la dispersione dei popoli a Babele, nel 2197 a.C..

Dunque, in Storia come in Geografia, la Bibbia ha detto il vero!

Questo risultato incita Fernand Crombette a decifrare, con lo stesso metodo del rebus in copto, i geroglifici dei popoli vicini, etnicamente – e dunque linguisticamente – legati agli egiziani. Egli può così scrivere LUCI SU CRETA in 3 volumi; il primo re di Creta altri non è che il figlio del primo re della prima dinastìa egiziana. Questi libri danno la cronologia delle tre dinastie cretesi e la storia di ciascun re. Segue poi la storia degli Ittiti: IL VERO VOLTO DEI FIGLI DI HETH, in 2 volumi. Gli Ittiti discendono da Het, secondo figlio di Canaan (dal -2321 al -2121), e Crombette decifra la storia di ciascun sovrano ittita (in particolare di quelli che daranno in Egitto la 15ª dinastìa detta Hyksôs) fino alla destituzione del 95° e ultimo re di Djerablous, condotto dagli Assiri a Ninive nel 717 a.C..
Incidentalmente, Crombette scopre l’origine del regno etrusco e la fondazione di Atene da parte di Cècrope nel -1557, di Argos da parte di Agènore nel -1552, di Tebe da parte di Cadmo nel -1493. Si comprende così la presenza dei sovrani delle prime dinastie egiziane nella mitologia greca: Cronos (Luhabim), Héra (Téleuté), Zeus (Ludim), Poseidone (Nephtuim), ecc.. Le sue opere sull’Egitto danno la chiave dell’evemerismo. Come sostennero il filosofo greco Evèmero nel 4° secolo a. C., e poi i Padri della Chiesa, i miti sono dei racconti immaginosi di avvenimenti storici, e gli dèi ed eroi mitici non sono altro che uomini divinizzati dopo la loro morte.

Poi Crombette si lancia nella critica della Preistoria ufficiale falsata dall’evoluzionismo. Dopo un lungo studio della geologia, utilizzando anche l’onomastica e la toponimia antiche, scrive la storia dei patriarchi antidiluviani, poi quella dei figli di Noè fino alla divisione delle terre dopo Babele. É la sua SINTESI PREISTORICA E SCHIZZO ASSIRIOLOGICO, in 2 volumi.

Un giorno, studiando secondo il suo metodo un’iscrizione cretese, constata che si tratta di quella che racconta la partecipazione del 31° re di Creta, della Iª dinastìa, ai funerali di Giacobbe, padre di Giuseppe. In effetti, egli ritrova poco dopo pressoché lo stesso racconto in un testo egiziano dove legge: “Essendo in cammino verso la dimora nascosta del Capo, avvenne un prodigio quando si giunse alla tappa che è ai confini: il fiume impetuoso, ingrossato, ribolliva ed era violentemente straripato; la volontà del Signore del Cielo fece sì che la compagnia giungesse senza danno e rapidamente alla riva opposta, per l’azione del grande profeta“.

Ora la Genesi, cap. 50, che racconta i funerali di Giacobbe, non menziona affatto questo prodigio. A questo proposito F. Crombette scrive: “L’ebraico, come lo si capisce oggi, è una lingua flessionale detta semitica. Ma siamo certi che la lingua di cui si servì Mosè era anch’essa flessionale e semitica?” Si ricorda allora della Genesi: quando, per ordine di Dio, Abramo si recò nel paese di Canaan (fratello di Misraïm fondatore dell’Egitto) si trovò, con la sua tribù, isolato in paese camita. Abramo e i suoi discendenti dovettero dunque mettersi a parlare cananeo. Isaia dice (XIX,18) che gli Ebrei stessi chiamavano la loro lingua il cananeo, lingua sorella dell’egiziano (utilizzata da Mosè, allevato alla corte d’Egitto, e che si è conservata nel copto). Crombette pensa allora che la lettura sillabica dell’ebraico dovrebbe potersi comprendere dando alle lettere ebraiche una lettura con il copto antico. Tenta dunque una traduzione parola per parola del passaggio della Genesi che riporta i funerali di Giacobbe. Il frutto dei suoi sforzi non si fa attendere, ed ottiene: “E mentre, in un religioso rispetto, Giuseppe avanzava sotto il peso del dolore verso Canaan per far arrivare il lutto a Heth, le acque, portate al punto culminante, si alzarono contro il corteo in cammino. Ma, per una vera grande parola di quello che aveva la direzione del lutto, i flutti, potentemente agitati, cessarono di riversarsi, tornarono indietro, si placarono e tacquero, e la turba notevole oltrepassò l’acqua del torrente che delimita l’eredità dei figli generati da Rê (Misraïm), e si chinò davanti a Colui che È sostanzialmente e che l’ebreo di Eliopoli teme“.

Convinto dell’esattezza della sua teoria, Crombette intraprende allora la traduzione della Genesi, fino al capitolo XI, e di altri passi caratteristici della Bibbia. La traduzione che egli ci dà, nell’opera intitolata LA RIVELAZIONE DELLA RIVELAZIONE (pubblicata poco prima della sua morte avvenuta nel 1970), è di una ricchezza insospettata. Crombette fu così portato a scoprire un metodo di traduzione più approfondito della Bibbia supponendo che la sua lingua originale fosse il copto, lingua monosillabica di Mosè. Le traduzioni che egli ne ottiene, senza contraddire in niente il contenuto teologico e morale della Sacra Scrittura, danno delle spiegazioni più dettagliate sui fatti storici che essa racchiude. Così la maledizione di Canaan, dopo l’ubriacatura di Noè, resta poco comprensibile nella Volgata, giacché il solo colpevole sembra essere Cam. La traduzione di Crombette fa vedere invece come la curiosità di Canaan fu proprio la causa iniziale del castigo della sua razza. Il problema non è puramente libresco. Crombette mostra come, nel -2187, i Pa-Ludjim (= quelli di Ludim, nome biblico di Thot-Mercurio) che divennero i Filistei (Palestinesi), invasero il territorio attribuito a Heth, tra Ebron e Gaza. Essi discendono dunque da Cam, ma attraverso Misraïm. Avendo costituito un testo continuo di questa traduzione, questo lavoro è divenuto LA GENESI DA RISCOPRIRE.

Il Papa PIO XII°, nella sua enciclica HUMANI GENERIS, … avvertì chiaramente che “i primi 11 capitoli della Genesi,… appartengono al genere storico in un senso vero, che gli esegeti dovranno studiare ancora e determinare“.

Non potrebbe Crombette far parte di questi esegeti ardentemente sospirati dallo stesso Papa che già aveva attirato l’attenzione sugli studi biblici nell’enciclica DIVINO AFFLANTE? Essendosi reso conto a qual punto la Rivelazione, tradotta con il copto antico, chiariva le osservazioni delle scienze profane e dava una visione coerente e cristiana della storia umana, egli si chiese se i giudici di Galileo, che si erano basati sulla Scrittura per condannare il sistema eliocentrico, non avessero avuto ragione contro lo scienziato italiano. Tanto più che le traduzioni con il copto di molti Salmi descrivono, nelle parole di DIO, i differenti movimenti della terra come geocentrici.

Crombette riprende allora il fascicolo dei due esperimenti di Michelson, primo premio Nobel americano, il quale, dal 1887 al 1925, aveva tentato di mettere in evidenza l’influenza dello spostamento della terra nello spazio basandosi sulla velocità apparente della luce. Questi esperimenti permettevano di concludere contro il movimento supposto della terra intorno al sole; perciò essi furono occultati, e i loro resoconti sono ignorati oggi dalla maggior parte dei fisici. Il risultato delle sue ricerche è un’opera in due volumi: GALILEO AVEVA TORTO… O RAGIONE?

Così Gerusalemme, luogo in cui si operò la Redenzione, non è dunque solo al centro della Terra, come indica il Salmo 73, ma è anche il centro del Mondo: l’Universo è veramente geocentrico, e più ancora cristocentrico (per la morte in croce di Cristo), il che non dovrebbe sorprendere i lettori del Nuovo Testamento. San Paolo afferma infatti (Col. I, 16): “É in Gesù Cristo che sono state create tutte le cose… tutto è stato creato da Lui e per Lui“.

Fernand Crombette è così riuscito a restituire alle nostre intelligenze laicizzate e materializzate la visione biblica e cristocentrica dell’Universo, la sola che permetterà di ristabilire la verità integrale delle scienze e della storia.

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