Segnalazione Quelsi
S’inverte la rotta dei galeoni del mondo. Lenti e macchinosi, spiegano nuovamente le vele ad un vento la cui brezza torna a soffiare sul Vecchio Continente, come un’eco ancestrale evidentemente mai sopita del tutto, quasi fosse una restaurazione delle origini, stretti nei nuovi confini del progresso. Dalla centralità della sua posizione culturale e spirituale, geografica e mondiale, l’Europa getta uno sguardo alla sua destra, intravedendo la Russia con fare, ora, benevolo, vecchio avversario, nella sua nuova veste post comunista, identitaria, poi alla sua sinistra, agli Stati Uniti neoconservatori, esportatori di democrazia, fratellastri maggiori della NATO, motore, altro che immobile, progressista.
Si guarda intorno confusa tra scelte di carattere prettamente economico e finanziario, come garanzia immediata alla sopravvivenza strutturale, rafforzando l’idea di una più influente competitività, rimarcando sempre più forte la prevalenza del capitale economico su quello umano, ed anzi, dettando ancor più, anno dopo anno su questa base, nuovi schemi culturali, nuovi comportamenti e visioni, nuovo senso di aggregazione ed integrazione, una nuova morale ed etica “duepuntozero”. Si plasmano nuovi valori, plastici, utilitaristici, funzionali, smart, in grado di riprodursi celermente, a seconda delle strade che il progresso materiale impone, non necessariamente collegati con il passato, com’è stato finora; principi ben più incisivi e semplici, veloci ed adeguati rispetto a quelli prodotti in regime naturale, nel tempo, di coscienza ed autocoscienza sociale ed individuale, spirituale, come forma aggregativa di postulati ed esperienze culturali, tradizionali, costituenti e conseguenza di identità e peculiarità.
Così mentre si inaspriscono le sanzioni imposte alla Madre Russia, nuovi modelli e nuove domande, si plasmano da nuovi orizzonti. Silenziosamente, sottovoce, mentre continuano a delinearsi le nuove rotte commerciali, si lotta per gli odierni scenari economici, tra le grida del conflitto Ucraino-Russo e quelle dei miliziani della Jihad, tra il miraggio dello Shale Gas e l’apertura del South Stream per portare il gas dalla Russia in Europa tramite un nuovo canale italiano, mentre si ipotizza, ma in realtà è più che fantaimmaginazione, che gli USA abbiano finanziato gli stessi jihadisti dell’ISIS ed oggi lo combattano, gli uomini e le donne d’Europa danno segni di ritorno ai primordi. Dai Baschi ai Catalani, dai Bretoni alla Corsica, dai Tirolesi ai Veneti, passando per la Sardegna, dai Fiamminghi alla Scozia ed altri, si sogna una nuova nazione nella nazione incastonata, a sua volta, in una sovranazionalità sempre maggiore ed in una sovranità propria, sempre più assottigliata e ristretta. Sono segnali che l’Europa deve cogliere o rimangono capricci secessionisti con il miraggio del ritorno a proprie visioni economiche e proprie regole? Mentre si ignora il cuore e l’anima degli uomini e donne d’Europa per concentrarsi sulla finanza e sull’interesse materialistico, si sfalda il senso di appartenenza ad una terra, ad una visione, si ammainano le bandiere nazionali e si ammutoliscono gli inni, ora gingilli vintage inservibili, si destrutturano i rapporti genetici ed innegabili tra gli uomini stessi e le loro radici, come pesante fardello inutilmente nostalgico ritardatario di un avvenire costante povero d’amore e ricco di sesso, si annulla il ricordo ed i moniti dei propri padri, si strumentalizzano gli entusiasmi delle generazioni future. L’avanguardia si fa blocco strategico ed il termine passa solo se riferito alle ottime operazioni di mercato.
Si può parlare ancora di Europa Nazione o stiamo transitando verso la fine degli stati nazionali immaginati e concretizzatisi negli ultimi due secoli? Dove corre l’Europa, verso un blocco completo e compatto o ad un ritorno verso il suo medioevo costellato di stati e staterelli, regni e granducati? Proprio dagli Stati Uniti, giunge una chiave di lettura interessante, stavolta senza malizia mondialista. Patrick Buchanan, uno dei padri del paleo conservatorismo americano, molto affine al nazional-conservatorismo europeo, afferma in suo recente articolo:” La decomposizione delle nazioni della vecchia Europa è il trionfo del tribalismo sul transnazionalismo. Il cuore ha ragioni che la mente non conosce, ha detto Pascal. E il cuore selvaggio sta vincendo. Il richiamo del sangue, la storia, la fede, la cultura e la memoria sta vincendo la lotta contro l’economismo, l’ideologia materialista occidentale che sostiene che il desiderio di denaro e le cose è ciò che motiva in definitiva l’umanità”
Gran parte dell’ecosistema Europeo, indiscutibile humus per le radici umane, spirituali e culturali dell’occidente, fluttua tra le difficoltà causate dal vivere insieme concezioni moderne da cui raccogliere i frutti del presente, in cui piantare i semi cui del futuro ed in cui tutelare le grandi querce del passato comune, dal fusto enorme, gonfie di rami e sempre ancorate al terreno d’Europa, nonostante i forti venti che le agitano a destra e a manca. Allora il multiculturalismo sregolato e gli odierni flussi migratori, “Mare Nostrum” è solo un ultimo, chiaro e nostrano esempio, la nuova visione globalizzata delle economie e delle culture, come realtà tangibile, osservabile che non costituisce soltanto fantasticherie da Scienza Politica, si scontra con l’anima, la storia, le volontà, i ricordi europei. Fattori sempre meno considerati ed invece utili a delineare un avanzamento, economico ed umano, più lucido e responsabile, ricco di senno e qualità più a dimensione d’uomo che di esigenza in sé.
Su questa base, potrebbe essere iniziato un percorso di frazionamento auto protettivo delle identità e culture, dei dettami originari, seppur adeguati alla modernità, delle colonne su cui si fondano le civiltà europee? Che si inizi ad essere fieri, in questo grande Villaggio Globale di persone ed esperienze, di essere o tornare ad essere una minoranza che salvaguarda se stessa ed interpreta l’avvenire secondo i propri schemi, la propria cultura, le proprie visioni?
Senza partorire ulteriori mostri mentali e soprattutto, senza ricorrere a frettolose indagini, rimane comunque lecito chiedersi quanto permanga nel sangue di questa Europa l’idea concreta di Stato Nazionale, basato su un popolo, una cultura, una comunità, una storia, oltre ogni affare, ogni singolo Euro speso o incassato, ogni dinamica finanziaria, economica in genere. Ed ancora. Datosi che la sovranità di un popolo nella sua terra costituisce base fondante per la definizione stessa di stato nazione, lo spirito sovranazionale Europeo, sempre più stringente, che si manifesta nelle strutture e scelte politiche ed ancor più in quelle economiche, potrà contribuire al frazionamento nazionale del Vecchio Continente?
Solo legittimi quesiti in legittima riflessione.
Emanuele Ricucci | settembre 16, 2014 alle 11:31 am | Etichette: europa, transnazionalismo,tribalismo | Categorie: Mondo, Politica ed Economia | URL: http://wp.me/p3RTK9-5rr