Segnalazione di Corrispondenza Romana
di Tommaso Scandroglio
Errore chiama errore e orrore chiama orrore. La storia che stiamo per raccontarvi, che ha fatto il giro del mondo, ne è una prova. Kristal Kelley, una giovane donna del Connecticut, aveva firmato un contratto con una coppia per affittare il proprio utero. 22mila dollari per essere usata come una incubatrice di carne. Né più né meno di quando si affitta un appartamento.
Al quinto mese una ecografia di routine ha mostrato che il feto aveva una palatoschisi, una cisti cerebrale e difetti cardiaci. I medici le dissero che la piccola avrebbe avuto solo il 25% delle possibilità di condurre una vita normale. La coppia allora le ha chiesto di abortire: «si tratta di una scelta più umana» le scrissero. Kelley, madre single di due bambini, si rifiutò facendo sapere che «non era in loro potere giocare a fare Dio».
La coppia però tornò all’attacco e si offrì di pagare 10.000 dollari per l’ “incomodo”, cioè per sopprimere la bambina. La giovane donna, “in un momento di debolezza” come lei stessa ammise successivamente, rilanciò chiedendone 15.000. A quel punto gli aspiranti genitori si rifiutarono di sborsare una simile cifra. Infine Kelley fuggì in Michigan, dove i contratti di maternità surrogata non sono validi e colei che mette al mondo il bambino viene riconosciuta come madre legittima. Nel giugno del 2012 nacque la bambina e Kelley dunque figurò come madre, ma poi diede la figlia in adozione per problemi economici, gli stessi problemi economici che la spinsero a vendere parte del proprio corpo a fini riproduttivi.
La storia di Kelley trova il suo habitat naturale negli Usa, che potremmo definire come la patria dell’utero in affitto. Infatti negli States solo nell’ultimo anno sono nati più di 2.000 bambini da madri surrogate. Non c’è una legge federale valida per tutta la nazione, ma ogni Stato si regola in autonomia.
Diciassette Stati hanno leggi che consentono la maternità surrogata (la California è la più liberal), mentre in 21 la pratica non è né disciplinata né sanzionata. Infine in cinque stati i contratti di maternità surrogata sono nulli e in Washington DC sono previste delle sanzioni. Anche in Kansas si discusse a gennaio di una proposta di legge, poi bocciata, per sanzionare la pratica con 10.000 dollari di multa o un anno di carcere. In altri stati invece la maternità surrogata è permessa ma sono stati posti dei vincoli per l’accesso. Ad esempio in Illinois c’è l’obbligo di una visita medica e psicologica sia per la coppia che per la donna gestante, questa poi deve aver già avuto figli suoi e non deve fornire l’ovocita. Almeno un gamete deve infine venire dalla coppia richiedente. Da ultimo in sette Stati giudici locali hanno dato comunque parere positivo alla pratica nonostante la normativa statale non la legittimasse né la vietasse.
La maternità surrogata è figlia legittima della fecondazione artificiale. In quest’ultima pratica troviamo quei principi disumanizzanti – una vera e propria antropologia rovesciata – poi espressi al massimo grado nella tecnica dell’utero in affitto. In entrambi i casi infatti si reifica il nascituro che diventa una prodotto da ordinare non tramite Amazon (ma forse un giorno non troppo lontano ci arriveremo) ma grazie a medici e tecnici di laboratorio compiacenti. Non solo il figlio si reifica, ma anche i genitori o presunti tali quando uno o entrambi i gameti provengono da soggetti esterni alla coppia.
La donna nella fecondazione artificiale viene iperstimolata per aver più ovociti possibili, come se fosse una gallina dalle uova d’oro. Sfruttata nel suo corpo come avviene per le donna che vende il proprio utero per la gestazione. Un meretricio riproduttivo, una prostituzione generativa dunque. La fecondazione extracorporea, che sia omologa, eterologa o surrogata, alla fine non tratta più il figlio come figlio, la madre e il padre come genitori, ma squalifica tutti alterandone i ruoli naturali. E così avremo che il bambino prenderà il nome di “prodotto del concepimento”, la coppia diviene “i soggetti richiedenti” e quando questi cercano a suon di quattrini gameti ed uteri non propri si trasformano non in una coppia di genitori, bensì in una coppia di mercanti di vita.
Bene! In particolare la frase conclusiva dell’articolo sui mercanti di vita. Se ci siamo messi al posto di Dio dopo averlo cacciato, dopo averne fatto un malfattore e buttato fuori dalle mura di Gerusalemme, ecco che alposto di Dio si può fare tutto e mercificare ogni cosa, persona, atto, ideale, valore, religione ed altro. Purtroppo, però, essendo solo dei piccoli scarafaggi che giocano a fare i padreterni, si ritrovano con le uova rotte nel paniere e allora vienr fuori il detto che chi rompe paga ma i cocci sono suoi. Solo che quei poveri cocci non li vuo, e nessuno e non si sa dove buttorli. Nel tempo del riciclo assoluto di tutto vi sono “rifiuti” che neanche il mondo del riciclo accetta, tanto sono considerati rifiuti di nome e di fatto.