Il “papa” e l’aborto. Minimalismo ecclesiastico?

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del Prof. Antonio Diano

Alcuni dei commentatori al mio articolo infra hanno perfettamente ragione nel porre in evidenza il fatto che uno dei problemi centrali nella gravità del crimine di aborto è che il nascituro (ma già essere umano) non può essere battezzato. Affido ai teologi (io certo non lo sono) una questione: mi risulta che la Chiesa custodisse delle pratiche liturgico/sacramentali ad hoc per battezzare in utero un infante che rischiasse (par qualsiasi motivo) di nascere morto. Esiste ancora negli antichi canoni questo rito atto a conferire il sacramento ante partum? Si potrebbe ripristinarlo almeno nei nostri ambienti (vedere come applicarlo è poi un altro discorso)? Niente a che vedere ovviamente con la pia (ma suggestiva) pratica dei santuari à repit di ancien régime.
Quanto a Bergoglio e alle sue ‘sirene’ anti-abortiste, beh la pratica vale più della grammatica e i modernisti sono abilissimi nel gioco delle tre carte (una verità – magari, e lo vedremo subito, contraddittoriamente esibita – e due errori). Se il sig. Bergoglio è tanto anti-abortista (magari fosse vero, me ne rallegrerei con lui e con tutti coloro che lo seguono) perché parla dell’opportunità (necessità?) di conservare l’istituto dell’obiezione di coscienza “da applicare in casi estremi”? Spiegatemi che cosa significa questa strana limitazione. Non posso non pensare, visto che conosco sia la logica che la lingua italiana, che “caso estremo” presupponga l’occorrenza del “caso ordinario” nella medesima materia: e in tal caso che succede, l’aborto può essere legittimo, o anche solo l’obiezione come tale può o mpersino deve essere accantonata ? Sulla pratica stessa, per vero, ci sarebbero da formulare parecchie riserve, perché contro il diritto naturale e divino non prevale la “scelta”, anche se ‘militante’, del singolo, ma l’adesione di TUTTI, teoretica e pratica, alla verità, comprese le leggi dello Stato, altro che 194 da “applicare bene”: chi non si ritiene soddisfatto nelle sue istanze liberal, si penta altrimenti all’inferno perbacco, ecco che cosa mi sarei aspettato da un Papa! Se ciò me lo chiedo io, che di queste cose ho qualche esperienza, quale impressione ne trarrà il “popolo di Dio”? Penserà, rifletterà, e a quali conclusioni perverrà? Non voglio annullare la sensazione positiva che oggettivamente conquista un cattolico quando si parla (e a fortiori in alto loco) contro l’orrendo delitto, ma le dietrologie suggerite dai fatti stessi talora possono divenire necessarie e persino essenziali. Ricordate quando Wojtyla tuonava contro l’aborto sostenendo – giusta la sua “morale” orizzontale e hegeliana ben còlta da Dormann – che il peccato veniva commesso (UDITE UDITE!) contro i diritti della donna!!!???
Da cattolico invece sostengo: “Bonum ex integra causa: malum ex quocumque [quocumque, si badi bene, e foss’anche uno solo] defectu”. Inoltre, lo ricordino gli onnipresenti sedeplenisti: “Causa patrocinio non bona, peior erit”. Vulgo: “altro che ‘nol voeva dir queo’, altro che ‘el basava el corano ma el pensava al vangeo’…”.

 

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