Il sorpasso sulle strade sempre più larghe di Bergoglio

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10393806_590286354431279_5067028981058613157_nL’EDITORIALE DEL VENERDI

di Arai Daniele

Le variazioni sul tema bergogliano, sempre più popolari e frivole, nascondono le altre d’aspetto sempre più cupo per le anime e il mondo. Di queste si parlerà in seguito. Ma ora seguiamo il mondo della comunicazione che si applica alle variazioni su tale tema indigente per captare l’attenzione dei popoli alla droga d’ogni nuovo spettacolo rumorosamente vuoto.

Tra questi c’è oggi il nuovo circuito turistico del «papa pampero» che viene annunciato come «battito ipnotico» di una nazione ricca di grandi contrasti. L’Argentina è, infatti, una terra sconfinata e ricca, cosmopolita nella cultura, con una morfologia particolare che comprende lunghissime coste, enormi pianure, steppe in cui l’occhio spazia senza trovare l’orizzonte, deserti roventi e foreste subtropicali. In questa terra dove la natura regna ancora, spuntano città e paesini in cui il vecchio si fonde col moderno. E siamo alla grande metropoli Buenos Aires, la capitale che ora mostra un nuovo segno della sua parte nella storia dell’umanità con questo concittadino seduto sul soglio di Pietro. Ecco che esso diviene il testimonial nel bene o nel male dell’Argentina nel mondo e richiede un “circuito papal”, un papatour nei luoghi in cui Bergoglio è nato e cresciuto.

Serviva una sorta di «pellegrinaggio» che diventasse un boom turistico con cinquemila domande di partecipazione nella prima settimana e con un numero crescente di richieste, da coinvolgere il Ministero del turismo e il Comune di Buenos Aires per un servizio, addirittura gratuito, con prenotazioni e-mail e tanto di conferme stampate, ecc. L’appuntamento è davanti alla Cattedrale dove parte l’autobus riconoscibile dalla fila di persone in attesa e dalla bella scritta “Tragitto Papale” con un’immagine di Bergoglio sorridente. Dalla Cattedrale Metropolitana, che si affaccia sulla Plaza de Mayo, cuore di Buenos Aires, dove si trova anche la Casa Rosada, sede della presidenza, si percorrono le strade strette nel quartiere Flores e si giunge alla tappa in calle Membrillar dove al numero civico 531 sorge la casa dei Bergoglio. Sulla facciata, nei mesi scorsi, è stata collocata una targa in suo onore in cui si legge: “In questa casa ha trascorso la propria infanzia Papa Francisco. Città di Buenos Aires”.

Sono 21 le tappe in 4 quartieri della capitale, dalla casa natale alla cattedrale, alla Basilica di San José, dove Bergoglio celebrava la messa e il campetto dove giocava a football da bambino.

Al cattolico, però, dovrebbe interessare più la strada religiosa indicata da chi ora è seduto sul soglio di Pietro.

Il riferimento è nelle parole del Signore: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione e molti son quelli che entrano per essa; mentre stretta è la porta e augusta è la via che conduce alla vita e pochi son quelli che la trovano.” (Mt 7, 13-14) 

Ora, non c’era bisogno della sortita bergogliona al parlamento europeo per sapere che costui predilige la strada larga delle battute equivoche e demagogiche amate dal mondo nemico della Chiesa del Signore. Così raccoglie tanti applausi nel mondino della più anticristiana concezione secolarista di democrazia..Infatti, in Europa si supera di molto quanto era condannato nella Lettera controcorrente«Notre charge apostolique» di San Pio X, scritta a causa del dovere di “vigilare sulla purezza della fede e sull’integrità della disciplina cattolica, preservare i fedeli dai pericoli dell’errore e del male, soprattutto quando l’errore e il male sono loro presentati con un linguaggio trascinante, che velando l’incertezza delle idee e l’equivocità dell’espressione con l’ardore del sentimento e con l’altisonanza delle parole, può infiammare i cuori per cause seducenti, ma funeste. Tali sono state un tempo le dottrine dei sedicenti filosofi del secolo diciottesimo, quelle della Rivoluzione e del liberalismo, tante volte condannate; tali sono, ancor oggi, le teorie del Sillon, che, sotto le loro apparenze brillanti e generose, mancano troppo spesso di chiarezza, di logica e di verità, e, da questo punto di vista, non derivano dal genio cattolico e francese.”

Sillon era il solco percorso da un democristianismo modernista ed ecumenista intento ad aprirsi al mondo politico socialista. Lo facevano coperti dall’ambiguità delle loro idee. Ma allora c’era Papa San Pio X che vigilava sulla purezza e l’integrità della Dottrina senza paura delle angherie di un mondo politico nemico della Fede. Al contrario, per i capi del Sillon venne il giorno in cui misero in evidenza delle tendenze inquietanti; «usciva di strada perché i suoi fondatori non erano sufficientemente dotati di scienza storica, di sana filosofia e di solida teologia per affrontare senza pericolo i difficili problemi sociali verso i quali erano attirati dalla loro attività e dal loro cuore, e per mettersi in guardia, sul terreno della dottrina e dell’ubbidienza, contro le infiltrazioni liberali e protestanti…Le cose sono giunte a un punto tale, che tradiremmo il nostro dovere, se mantenessimo più a lungo il silenzio… I capi del Sillon sostengono di muoversi su un terreno, che non è quello della Chiesa; di occuparsi soltanto degli interessi dell’ordine temporale e non di quelli dell’ordine spirituale; che il collaboratore del Sillon è solo e semplicemente un cattolico votato alla causa delle classi lavoratrici, alle opere democratiche, e che attinge, nelle pratiche della fede, l’energia della sua dedizione; che, né più né meno degli artigiani, dei contadini, degli economisti e dei politici cattolici, si trova sottoposto alle regole della morale comuni a tutti, senza dipendere in un modo speciale, né più né meno di loro, dall’autorità ecclesiastica… In verità, i capi delSillon si proclamano idealisti irriducibili, pretendono di sollevare le classi lavoratrici, sollevando in primo luogo l’umana coscienza, di avere una dottrina sociale e princìpi filosofici e religiosi per ricostruire la società su un piano nuovo, di avere una speciale concezione della dignità umana, della libertà, della giustizia e della fraternità, e, per giustificare i loro sogni sociali, si richiamano al Vangelo interpretato a modo loro, e, fatto ancor più grave, a un Cristo sfigurato e sminuito.

«[9] Effettivamente il Sillon si propone di risollevare e di rigenerare le classi operaie. Orbene, in questa materia, i princìpi della dottrina cattolica sono fissati, e la storia della civiltà cristiana sta ad attestarne la benefica fecondità. Il nostro predecessore, di felice memoria, li ha richiamati in pagine magistrali, che i cattolici che si occupano di problemi sociali devono studiare e aver sempre presenti. Egli ha insegnato, in modo particolare, che la democrazia cristiana deve “mantenere la diversità delle classi, che è certamente la condizione propria della città bene ordinata, e volere per la società umana la forma e il carattere che Dio, suo autore, ha impresso in essa”. Egli ha condannato “una certa democrazia che giunge fino a un tal grado di perversità da attribuire al popolo la sovranità nella società e da perseguire la soppressione e il livellamento delle classi”… il loro sogno consiste nel cambiare le basi naturali e tradizionali della società umana, e nel promettere una città futura edificata su altri princìpi, che osano dichiarare più fecondi, più benefici dei princìpi sui quali si basa la città cristiana attuale… Bisogna ricordarlo energicamente in questi tempi di anarchia sociale e intellettuale, in cui ciascuno si atteggia a dottore e legislatore -, non si costruirà la città diversamente da come Dio l’ha costruita; non si edificherà la società, se la Chiesa non ne getta le basi e non ne dirige i lavori; no, la civiltà non è più da inventare, né la città nuova da costruire sulle nuvole. Essa è esistita, essa esiste; è la civiltà cristiana, è la civiltà cattolica. Si tratta unicamente d’instaurarla e di restaurarla senza sosta sui suoi fondamenti naturali e divini contro gli attacchi sempre rinascenti della malsana utopia, della rivolta e dell’empietà: “omnia instaurare in Christo”.

Democratizzazione utopistica dell’ordine politico e morale

[13] Il Sillon ha la nobile preoccupazione per la dignità umana. Tuttavia questa dignità l’intende come certi filosofi di cui la Chiesa è ben lungi dal doversi vantare. Il primo elemento di questa dignità è la libertà, intesa nel senso che, salvo in materia di religione, ogni uomo è autonomo. Da questo principio fondamentale trae le seguenti conclusioni: Oggi il popolo è sotto la tutela di un’autorità da esso distinta; deve liberarsene: emancipazione politica. E’ sotto la dipendenza di padroni, che, possedendo i suoi strumenti di lavoro, lo sfruttano, lo opprimono, e lo abbassano; deve scuotere il loro giogo: emancipazione economica. Infine, è dominato da una casta detta dirigente, alla quale il suo sviluppo intellettuale assicura una preponderanza indebita nella direzione degli affari; deve sottrarsi al suo dominio:emancipazione intellettuale. Il livellamento delle condizioni da questo triplice punto di vista stabilirà fra gli uomini l’uguaglianza, e questa uguaglianza è la vera giustizia umana. Un’organizzazione politica e sociale fondata su questa duplice base, la libertà e l’uguaglianza (alle quali presto verrà ad aggiungersi la fraternità) è quanto chiamano Democrazia.

Il perfido sorpasso del Vaticano 2º sulla Dottrina cattolica

Si noti qui che se era ed è impensabile per la «dignità» del cattolico avere per “primo elemento di questa dignità la libertà, intesa nel senso che, salvo in materia di religione, ogni uomo è autonomo”,il Vaticano 2º è riuscito con la sua dichiarazione «Dignitatis humanae» a superare tale limite assiomatico, in modo da far leggere: “primo elemento di questa dignità è la libertà, intesa NEL SENSO CHE, ANCHE IN MATERIA DI RFELIGIONE, ogni uomo è autonomo”. Ecco quindi la perfidia del «diritto» conciliare che risale al «non serviam» originale, fatto inghiottire dagli uomini come se si trattasse della libertà che è dono del Creatore alla creatura umana per glorificarLo. Ecco la realizzazione dell’ideale di ogni rivoluzione umana realizzato dalla trilogia: Libertà, Uguaglianza, Fraternità, dichiarato nella Santa Sede della in rappresentanza di Dio stesso!

[18] Orbene, questi tre elementi, politico, economico e morale, sono l’uno subordinato all’altro, e il principale, l’abbiamo detto, è l’elemento morale. Infatti, nessuna democrazia politica è realizzabile se non ha punti d’attacco profondi nella democrazia economica. A loro volta, né l’una né l’altra sono possibili se non si radicano in uno stato d’animo in cui la coscienza si trova investita di responsabilità e di energie morali proporzionate. Ma, supposto che questo stato d’animo sia costituito di responsabilità cosciente e di forze morali, la democrazia economica ne deriverà naturalmente con la traduzione in atti di questa coscienza e di queste energie; ugualmente, e con lo stesso sistema, dal regime corporativo uscirà la democrazia politica; e la democrazia politica ed economica, questa sostenendo l’altra, si troveranno fissate nella coscienza stessa del popolo su posizioni inattaccabili.

[19] Questa è, in sintesi, la teoria, si potrebbe dire il sogno, del Sillon, e a questo tende il suo insegnamento e quanto esso chiama l’educazione democratica del popolo, cioè il portare al grado massimo la coscienza e la responsabilità civica di ciascuno, da cui deriverà la democrazia economica e politica, e il regno della giustizia, della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità.

Basterebbe paragonare il «sogno» utopico del Sillon, in verità inversione dottrinale, per capire in che modo ambiguo opera tale inversione per edificare la sua nuova “città su una teoria contraria alla verità cattolica che falsifica le nozioni essenziali e fondamentali che regolino i rapporti sociali in ogni società umana. Questa opposizione diventerà ancora più evidente sulla base delle considerazioni seguenti.

2º sorpasso conciliare con Bergoglio a favore del giudizio popolare sull’autorità !

[21] Il Sillon situa in primo luogo la pubblica autorità nel popolo, da cui passa poi ai governanti, ma in modo tale che continua a risiedere in esso. Orbene, Leone XIII ha formalmente condannato questa dottrina nella sua Enciclica Diuturnum illud sul Principato politico, in cui dice “Un gran numero di moderni, seguendo le orme di quanti, nel secolo scorso, si diedero il nome di filosofi, dichiarano che ogni potere deriva dal popolo; di conseguenza, quanti esercitano il potere nella società, non lo esercitano come di loro propria autorità, ma come un’autorità a essi delegata dal popolo e a condizione di poter essere revocata dalla volontà del popolo, da cui l’hanno. Del tutto opposta è la convinzione dei cattolici, che fanno derivare da Dio, come dal suo principio naturale e necessario, il diritto di comandare”. Indubbiamente il Sillon fa discendere da Dio questa autorità che situa anzitutto nel popolo, ma in modo tale che “essa risale dal basso per andare in alto, mentre, nell’organizzazione della Chiesa, il potere discende dall’alto per diffondersi in basso”. Tuttavia, oltre il fatto che è cosa anormale che il mandato salga, perché è per sua natura discendente, Leone XIII ha confutato previamente questo tentativo di conciliare la dottrina cattolica con l’errore del filosofismo. Infatti, prosegue: “È importante sottolinearlo qui; quanti presiedono al governo della cosa pubblica possono certamente, in determinati casi, essere eletti dalla volontà e dal giudizio della moltitudine , senza che ciò ripugni o si opponga alla dottrina cattolica. Tuttavia, se questa scelta designa il governante, non gli conferisce l’autorità di governare; non delega il potere, ma designa la persona che ne sarà investita”. [22] D’altronde, se il popolo resta detentore del potere, che cosa diventa l’autorità? Un’ombra, un mito; non vi è più legge propriamente detta e non vi è più ubbidienza.

Il «miserabilismo» dell’attuale «papa dei poveri», che si traduce nelle sue parole e atti, è la dimostrazione del «sorpasso» ovvero inversione conciliare della Dottrina cattolica per la quale la vera Autorità viene da Dio all’uomo. Così, un’organizzazione che mette l’autorità popolare, che scarta il Cristianesimo a favore di questa, falsifica la vera autorità. E infatti, basta pensare che, se i referendum nazionali sulle questioni morali sono già un parto dell’empietà laicista, ancora di più lo sono i «diktat» su tali questioni da un apatride «commissariato» europeo che impone una nuova morale e un nuovo diritto a un’Europa drogata di democraticismo. E «l’autorità dei papi conciliari» da come vuol essere vista e applaudita, ha imboccato la via larga del popolarismo mondano. Tale infido sorpasso è chiaramente accusato – nelle sue perfide conseguenze – in questa luminosa Lettera di un vero Santo Padre, Vicario della vera, unica Autorità di Gesù Cristo. “omnia instaurare in Christo”.

 

 

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