Segnalazione di Maurizio-G. Ruggiero, Segretario dei Comitati Antirisorgimentali di Verona, fondati con Matteo Castagna (portavoce) e Giovanni Perez (Presidente) in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni della (dis)unità d’Italia
A lato, il Prof. Francesco Mario Agnoli
Il plauso di Agnoli al
volantinaggio veronese
I nostri amici Antirisorgimentali, una compagine molto attiva sia culturalmente che con azioni dimostrative, stanno dando dimostrazione di quanto stia a cuore la questione dei realisti delle Due Sicilie e nel particolare la collaborazione intrapresa con la nostra associazione.
Il raid eseguito con un’azione da commando per il contrasto alla serata pubblica a “porte chiuse” del prof. Barbero ha destato l’interesse del prof. Francesco Mario Agnoli che ha voluto offrire un proprio commento sull’accaduto.
Il testo, è doveroso nei riguardi dei nostri amici, è pubblicato anche suwww.traditio.it, la pagina web dei Comitati Antirisorgimentali, un grazie ancora all’amico Maurizio Ruggiero, esponente dei suddetti comitati.
Ecco cosa dice Agnoli sulla conferenza:
Ho saputo da amici, che mi hanno fatto avere il testo della relazione e degli interventi di pubblico e organizzatori, della conferenza tenuta il 19 novembre a Verona, nella sede della Società Letteraria, dal prof. Alessandro Barbero, in occasione della ripubblicazione in veste economica del suo saggio I prigionieri dei Savoia – La vera storia della congiura di Fenestrelle.
Anche se avessi voluto affrontare il viaggio, certamente non sarei stato ammesso in sala, perché, a quanto mi è stato riferito, professore e sodali hanno tenuto fede al costume di rifiutare il confronto e di privilegiare le esibizioni ad applauso garantito. Di conseguenza, un occhiuto controllo al portone d’ingresso (quasi un esame del DNA culturale e politico) ha ammesso in sala solo amici e compagni di provata fede. In questo sterilizzato ambiente, il Barbero ha riproposto pari pari il contenuto del suo libro, senza tenere conto delle obiezioni mossegli, in un incontro a Bari nella libreria Laterza, l’unico – a quanto mi consta – da lui accettato (forse perché trasmesso in Tv) dal prof. De Crescenzo e da altri meridionalisti. Tanto meno ha tenuto conto delle obiezioni, in replica al suo libro, affacciate dal sottoscritto in La vera storia dei prigionieri borbonici dei Savoia, del quale l’editore aveva organizzato presentazione e dibattito alla manifestazione è Storia di Gorizia (maggio 2013), poi saltati, ufficialmente per decisione degli organizzatori locali.
A quanto ho ricavato dal testo inviatomi, anche di me (e di altri sventurati autori), il Barbero è tornato ad occuparsi negli stessi termini del saggio. Mostrandosi disinformato, dato che adesso sono in pensione, mi ha, difatti, nuovamente definito “magistrato in servizio”, apparentemente a titolo di biasimo: non mi è chiaro, se perché ritiene che i magistrati non debbano occuparsi di storia, o perché il giuramento di fedeltà alla Repubblica include, a suo avviso, anche i miti del Risorgimento e del Regno sabaudo.
Ugualmente riproposta, nella sua conferenza di Verona, è l’accusa capitale di avere scritto, nella prefazione al bel libro di Fulvio Izzo, I lager dei Savoia, che a Fenestrelle ha avuto inizio una storia destinata a portare ad “Auschwitz e a Pol Pot”; affermazione accolta dal pubblico con una ilarità (alle mie spalle) perfettamente conforme alla certificata purezza ideologica degl’intervenuti. Se ne sia o no rallegrato il conferenziere, egli ha però trascurato di ricordare ai suoi ridanciani ascoltatori che, ferme le differenze, a un secolo di distanza con i lager, i gulag e Pol Pot, Fenestrelle era ufficialmente una “fortezza di correzione” dello Stato sabaudo, esattamente come i gulag e gli attuali laogai cinesi. E anche il più scarso degli storici – e il Barbero non è tale, soltanto è fazioso – sa bene che negli ultimi centocinquant’anni i crimini dell’ideologia e della politica sono stati caratterizzati da un inarrestabile crescendo di crudeltà e di orrori.
Non per nulla, su un muro di questo caposaldo dell’“universo concentrazionario” sabaudo (chi vuole conoscere le motivazioni della definizione può prendersi il disturbo di sfogliare – al prezzo di appena 8 euro – il mio libriccino) si legge tuttora in grandi caratteri neri una scritta, forse ancora peggiore, nel suo significato, dell’Arbeit macht frei di Auschwitz: “Ogni uomo vale non in quanto è, ma in quanto produce”.
Al termine, il professore è stato colto dal dubbio che non tutti apprezzino il rifiuto del confronto e ha spiegato che, se fosse un professore dell’Università di Napoli, studioso del Risorgimento, non avrebbe “voglia di andare tutti i giorni a discutere con certa gente, con cui è inutile discutere, perché tanto non li convinci”. Insomma, se si può parlare a un pubblico “che viene per capire e che può giudicare quello che si dice” (evidentemente a Verona gli unici in grado di capire sono i veronesi col bollino di garanzia della locale Società Letteraria) bene; invece “con certa gente non serve a niente” e allora vanno capiti quelli che dicono: “non è il mio mestiere andare a combattere contro i mulini a vento”. Che è poi esattamente quello che lui fa, pur essendo un medievalista, che insegna non a Napoli, ma a Vercelli.
Dal momento che, pur giungendo a conclusioni opposte alle sue – anche se non così drammatiche in numero di morti come quelle degli amici napoletani – mi sono basato esclusivamente sugli stessi documenti da lui utilizzati, gli uso la cortesia di credere che non abbia letto le mie “controdeduzioni” (se così non fosse, dovrei ritenerlo in mala fede). In ogni caso non mi resta che prendere atto che, per il Barbero, io faccio parte di quella certa gente, con la quale non si può proprio discutere, perché non è in grado di capire. Poco male. Per quanto ne so, quella certa gente, cui si riferisce, è brava gente. Probabilmente meglio dei suoi amici.
Prima di chiudere, due parole sul buontempone di turno, un certo Biguzzi che, dopo avere elogiato la “straordinaria conferenza”, ha proposto (manco a dirlo!) al conferenziere, un parallelo fra negazionismo della shoah e Fenestrelle. Il professore si è barcamenato, senza dargli troppa corda. Da un lato non voleva dispiacergli (mi si dice che il Biguzzi, giornalista de L’Arena e Presidente dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea, sia personaggio di peso a Verona); ma dall’altro (come ho detto, non è fesso, tutt’altro) si rendeva conto della pericolosità dell’argomento.
Se proprio si vuole parlare di negazionismo e fare raffronti, negazionista sarà (lo dice il nome) chi nega le sofferenze inflitte ai soldati napoletani a Fenestrelle e negli altri luoghi (numerosi) dell’universo concentrazionario sabaudo, non chi le afferma.
Francesco Mario Agnoli