Cristina Campo

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att_640824Segnalazione del Centro Studi Federici

Il 10 gennaio 1977 moriva Cristina Campo. Figura decisamente complessa, contribuì tuttavia alla difesa del rito cattolico della Messa minacciato dalla riforma liturgica. Nella stessa Roma di Paolo VI seppe riunire e coordinare un coraggioso gruppo di teologi e di liturgisti: il risultato più importante fu il “Breve esame critico del Novus Ordo Missæ” (aprile-maggio 1969), redatto principalmente da padre Guérard des Laurieres, o.p. Il testo fu sottoscritto dai cardinali Ottaviani e Bacci (settembre 1969) e presentato a Paolo VI. Il documento esprime il rifiuto cattolico di celebrare o di assistere al nuovo rito. La ricordiamo con le prime pagine del libro di don Francesco Ricossa, CRISTINA CAMPO, O L’AMBIGUITÀ DELLA TRADIZIONE (Centro Librario Sodalitium 2005).
 
Cristina Campo, o l’ambiguità della Tradizione 
“La tradizione per i tradizionali non è tanto ciò che il passato porge al presente, quanto ciò che l’eterno porge al temporale”
 
“Quando leggo il Catechismo del Concilio di Trento, mi sembra di non avere niente in comune con la religione che vi è esposta. Quando leggo il Nuovo Testamento, i mistici, la liturgia, quando vedo celebrare la messa, sento una specie di certezza che quella fede è la mia o, più esattamente, sarebbe la mia senza la distanza posta tra essa e me dalla mia imperfezione. Questo crea una situazione spirituale penosa”. 
Queste parole, con le quali inizia la sua Lettera a un religioso (scritta nel 1942, edita postuma nel 1951), sono di Simone Weil, ma avrebbero potuto essere state scritte da Cristina Campo [d’ora innanzi, C.], e descriverne l’animo travagliato (1). Di C. (nom de plume – il più noto di tanti – di Vittoria Guerrini) (2) ho già parlato sulla rivista Sodalitium (3) a proposito del Breve Esame Critico del Novus Ordo Missæ (n. 50, p. 71) mentre nell’articolo di Padre Torquemada sul tradizionalismo italiano (Costruiremo ancora cattedrali: l’esoterismo cristiano da Giovanni Cantoni a Massimo Introvigne) (4) si è parlato di Elémire Zolla e, più in generale, di quell’ambiente del quale Zolla e la stessa C. hanno fatto parte. 
Morta a 53 anni nel 1977 (5), di C. fu pubblicato ben poco durante la sua vita: “ha scritto poco – disse di sé – e le piacerebbe aver scritto meno” (6). La celebrità postuma è dovuta al suo amico di sempre, Roberto Calasso (7), responsabile della raffinata casa editrice neo-gnostica Adelphi (“bestia nera” – a giusto titolo – di autori come Vassallo e Blondet – sul quale van fatte però non poche riserve), che ne sta curando la pubblicazione delle Opere [vedi bibliografia]. Su di lei si sono svolti numerosi convegni: al Lyceum di Firenze, nel 1997, per i vent’anni dalla scomparsa, e l’anno seguente, il 19 aprile, al Monastero di Bose di Enzo Bianchi (Bose è una sorta di Taizé italiana, solo più giudaizzante (8), per ultimo, un congresso vaticano dedicato agli scrittori cattolici contemporanei; di tutto ciò ha parlato ampiamente la stampa.
Nel luglio del 2000, il numero 51 della rivista che dirigo, Sodalitium, annunciava la prossima pubblicazione di questo mio saggio su C. (Cristina Campo: quale tradizione?, in Sodalitium, n. 51, p. 68). Esso era diretto anzitutto al lettore della rivista e agli amici del nostro piccolo Centro librario. Sodalitium infatti non può disinteressarsi di C. (figura in ogni caso di per sé affascinante) a due titoli, di per sé contraddittori: quello di personaggio di rilievo di quell’esoterismo cristiano che noi combattiamo e quello, invece, di una donna che volle (per usare una sua espressione) fare tutto il possibile per “salvare la messa romana” che noi amiamo: il Breve Esame Critico del Novus Ordo Missæ [BEC] presentato dai Cardinali Ottaviani e Bacci fu un “intervento il cui onore deve essere attribuito a colei [C.] che ne concepì il progetto, ne portò il peso e ne morì d’agonia” (Mons. M.-L. Guérard des Lauriers (9), nota al Breve esame critico del Novus Ordo Missæ edito dalle Editions Sainte Jeanne d’Arc, Villegenon, p. 5). 
Altri impegni e altri interessi mi fecero mettere da parte un opuscolo già quasi completato. I temi più importanti di questo mio scritto sono stati trattati nel frattempo da altri autori, più solerti e diligenti di me: nel 2002 Cristina De Stefano ha dato alle stampe la prima biografia di C., Belinda e il mostro (sempre per le edizioni Adelphi); lo stesso anno, e in risposta alla De Stefano, Gianni Rocca ha criticato su Studi Cattolici, l’esoterismo di C.; infine, nel 2004, don Claude Barthe e Alex Campo hanno tracciato la storia del Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae, che tanto deve a C.
Malgrado questi recenti interventi, sono convinto che valga ancora la pena di dare alle stampe anche il mio piccolo contributo su C.: giudicherà il lettore se ne valeva la pena. Non ho conosciuto personalmente C.; ho letto quasi tutto quello che è stato pubblicato da lei e su di lei, ed ho ritrovato anche alcuni inediti; ho interrogato infine alcuni di coloro che l’hanno conosciuta… Ciò nonostante errori e fraintendimenti sono sempre possibili: a Dio, come per tutti noi, il giudizio finale.
C. nacque a Bologna nel 1923 sulla collina di San Michele in Bosco, da un noto musicista e compositore, Guido Guerrini (10), e dalla sorella del professore Vittorio Putti, un luminare della medicina. “Da sempre era stata considerata fragilissima, per l’originario difetto cardiaco” (M., p. 403; cf BM pp. 25-26) che la condusse alla tomba e ne condizionò, con la sofferenza, la vita. Non è qui il caso di ritracciare una biografia che è già stata scritta… Trasferitasi prima a Parma, poi a Firenze e infine a Roma al seguito del padre, visse di poesia e letteratura, frequentando da vicino i più famosi scrittori italiani contemporanei. Leggendo le Lettere a Mita ad esempio, possiamo distinguere, nella vita intellettuale e spirituale di C., tre momenti principali: quello sotto l’influenza preponderante della lettura della Weil e di Hofmannsthal e della conoscenza di Zolla, quello della difesa della liturgia romana, quello infine della deriva russa. (…)
 
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