A Moncucco Torinese ci sono le foibe piemontesi

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Segnalazione Quelsi

OSSA INFOIBATI

by Mario Bocchio

Le foibe sono depressioni carsiche naturali, i pozzi di Moncucco sono stati creati artificialmente dall’uomo per estrarre il gesso. Tali pozzi si chiamano “fiàire”. Moncucco Torinese è un comune che si estende nel verde delle colline tra l’astigiano e la provincia di Torino. Il 4 luglio 1977 iniziarono gli scavi commissionati dalla Procura di Torino, il 26 agosto vennero alla luce i primi reperti. Ad ottobre gli esami peritali effettuati su una settantina di resti ossei, hanno fatto ricondurre gli stessi ai cadaveri di cinque persone. L’odore della morte, che secondo numerose testimonianze tutti hanno potuto sentire durante gli scavi, si è conservato per tanti anni. La gente di Moncucco ha incominciato a parlare e a fornire particolari. Le vicende di quest’altro luogo maledetto sono approfondite nell’opuscolo “La memoria di un massacro” a cura di Cristina Sarcinella e Armando Corino.

I segreti di Moncucco forse iniziano a venire alla luce, spolverati anche dagli episodi come quelli del capitano Cerruti, ufficiale di Salò a Buttigliera d’Asti, prelevato da un partigiano, portato alla cava della morte e tornato solo dopo la ricerca della vedova alla fine della guerra. Il capitano Cerruti c’era, erano presenti dei testimoni. Morto. Legato insieme ad altri tre o quattro cadaveri che riaffioravano dalla bocca del pozzo, resa bagnata dalle acque gelide del suo interno. Quest’altro “pozzo della morte” è stato riempito nel corso degli anni da materiale di riporto, lì depositato in momenti successivi. Vi erano perciò più stratificazioni di varia natura e provenienza. Solo dopo aver rimosso un consistente strato di terreno, si è arrivati ai sedimenti dell’epoca. Ma ciò che risveglia ancora una volta dubbi e curiosità è che, proprio a questo livello del terreno, è stata rinvenuta la presenza di una galleria. Era stata creata, intorno agli ani Quaranta, per l’estrazione del materiale, ma al di sotto di essa era presente ancora uno strato, misurato dall’addetto, di circa 3 o 4 metri di profondità prima del fondo del pozzo, ma non visibile perché pieno d’acqua. Gli scavi sono proseguiti per uno spessore di 60-70 centimetri La galleria era in realtà doppia, la seconda più bassa, sarebbe arrivata sino alla fine del pozzo.

È quindi possibile che il materiale al suo interno sia stato maneggiato e spostato negli anni? Dirlo con certezza è difficile, ma c’è da considerare che solo una sottile fetta del pozzo risultava inesplorata, quella che fungeva da rampa d’accesso per permettere all’ultimo scavo della zona interessata di procedere, e proprio lì è stato trovato un discreto numero di ossa. Tutto questo fa certamente pensare. Come sono andati veramente i fatti? È possibile che i cadaveri presenti siano stati trovati, rimossi e trasportati attraverso le gallerie che collegano il pozzo ad altri pozzi limitrofi attraversandolo in diagonale, funzionali allo sfruttamento della parete sinistra più ricca di minerale, e che solo l’ultimo strato, l’ultima fetta non sia stata toccata perché comunque troppo in basso? Non sarebbe comunque l’ultimo intervento perché proprio lì in quel pozzo maledetto nel corso del tempo altre vicende si sono susseguite e hanno lasciato tracce del loro passaggio.

Non c’erano solo i resti degli orrori della guerra, il pozzo è stato anche utilizzato per lo stoccaggio di bidoni contenenti sostanze altamente nocive, all’incirca negli anni Sessanta, sostanze che hanno intaccato, se non in modo lieve, i reperti umani che si trovavano molto più in basso. Negli anni Ottanta, oltretutto, erano state effettuate ricerche archeologiche per trovare tracce di un giacimento archeologico fossilifero risalente al pleistocenico superiore. È possibile che nessuno abbia notato la presenza dei cadaveri? La prima ipotesi è quella dell’occultamento. Durante i lavori di estrazione del gesso, i resti avrebbero potuto essere interrati altrove, considerando l’enorme movimento delle decine di migliaia di metri cubi di terra della cava durante gli anni per la ricerca del minerale, e il conseguente ripristino necessario ed obbligatorio della zona interessata. Questa ipotesi potrebbe essere accreditata dal ritrovamento dei reperti sparsi a diversi piani di scavo. In secondo luogo, potrebbe considerarsi valida la supposizione secondo cui alcuni pozzi non siano mai stati completamente svuotati, come testimoniato da una lettera anonima, e che quindi ciò che si cerca sia ancora lì. Ma dove? Cosa nasconde ancora Moncucco, cosa trattiene ancora la gente dal raccontare la località Bardella, così vicina al pozzo, e così silenziosa?

Nonostante sia passato tanto tempo, c’è chi sa e non vuole parlare. Ad esempio, c’è stato anche un parroco di Moncucco che direttamente dal pulpito ha consigliato di non dire nulla. L’opposto di don Milanese a Fubine, che ha chiesto disperatamente di fare luce sul “pozzo maledetto”. Per i vincitori è difficile cambiare mentalità: riconoscendo che a Moncucco, come a Fubine e in tante altre parti ci sono cadaveri, significa ammettere di provare pietà anche per il nemico sconfitto.

Mario Bocchio | febbraio 10, 2015 alle 11:25 am | Etichette: foibegiorno del ricordo,moncucco | Categorie: Cultura e Informazione | URL: http://wp.me/p3RTK9-6RD

 

 

Una Risposta

  • Una vergona senza fine se a questo aggiungiamo il genocidio degli italiani dell’Istria e della Dalmazia, l’assassinio di tanti poveri italiani nel triangolo rosso dell’Emilia-Romagna. E’ finalmente arrivato il momento di scrivere la storia in modo corretto, di demolire il castello di menzogne eretto dai comunisti partigiani e difeso strenuamente dal partito comuinista e dalle sue frequentissime trasmformazioni. Questo sarà rivoluzionario come lo è la verità dopo un quasi un secolo di menzogne.

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