La Resistenza e quella frase censurata di Beppe Fenoglio

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Col tempo e grazie al lavoro di storici rigorosi e coraggiosi si sta sconfiggendo la bolsa retorica resistenziale

RESISTENZA

Segnalazione Quelsi

Toccando certi argomenti, in particolare quello della Resistenza, si rischia di innescare innumerevoli polemiche, con un fuoco di sbarramento ideologico utile a tutto, meno che a svelare con la luce della verità aspetti oscuri o poco chiari di eventi grandi e piccoli registrati settant’anni fa. D’altro canto, per il solo fatto di essere stati dalla parte dei vincitori, i professionisti della retorica resistenziale non possono pretendere di imporre il loro monopolio d’informazione, né di cancellare dubbi e legittime curiosità in merito a fatti sui quali persiste un cono d’ombra. Basta aver parlato con la gente delle nostre campagne che visse quei mesi terribili, e sono persone in maggioranza non nostalgiche dell’orbace e del manganello, per aver avuto la riprova sia di quello che non si può negare – i tanti lutti provocai dai nazifascisti -, sia di ciò che troppi vogliono impedire venga consegnato alla storia e registrato ufficialmente. Episodi come quello legato al pozzo di Fubine, per esempio. E sono stati tanti, purtroppo.

Si teme, forse, che l’ammissione di responsabilità specifiche, il tirare fuori gli scheletri dagli armadi, dove sono rimasti ben occultati per mezzo secolo, ingeneri e giustifichi il cambiamento generazionale del giudizio sulla Resistenza. Non ci si rende conto del fatto che, presso l’opinione pubblica, il rischio paventato, è alimentato proprio dagli atteggiamenti di rigidità e di chiusura al confronto, sfocianti nell’immediata “scomunica” per chi osa tentare di raggiungere la verità, sospettato, come minimo di neofascismo revisionista.

Per chiarire meglio il concetto, rimandiamo al racconto-diario dell’esperienza personale dell’avvocato albese Gioacchino La Volpe. Partigiano della prima ora, pagò con il costante isolamento dal mondo resistenziale e, all’epoca, addirittura con qualche rischio per l’incolumità personale, la ferma decisione con cui dopo il 25 aprile del 1945, nella zona di Moncalieri e Torino si oppose alle esecuzioni sommarie dei militari e dei volontari (comprese tante donne) della Repubblica sociale che avevano deposto le armi.

C’è poi un altro fatto clamoroso rivelatore di una tendenza, essa sì, manipolatrice. Alludiamo alla censura “orwelliana” dell’incipit de “I ventitré giorni della città di Alba”, riportate sul basamento del monumento alla Resistenza dello scultore Umberto Mastroianni, che fu posizionato in piazza Savona.

Cancellando un inciso, la frase fu amputata della tagliente ironia con cui l’aveva caricata il famoso scrittore Beppe Fenoglio, il quale scrisse che la capitale delle Langhe, quando per meno di un mese divenne Repubblica partigiana, la presero in duemila e la cedettero in duecento.

Mario Bocchio | marzo 8, 2015 alle 8:32 pm | Etichette: beppe fenogliocensuraresistenza | Categorie: Cultura e Informazione | URL: http://wp.me/p3RTK9-7pX

 

 

by Mario Bocchio

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