“La nostra politica è destabilizzare gli Stati”

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È sempre più difficile comprendere i meccanismi della politica estera di uno Stato. Ancora più difficile, ultimamente, è comprendere la politica estera americana.

In un recente documento pubblicato da Der Spiegel, per esempio, si può leggere una dichiarazione di Obama in cui l’Isis veniva definito “una squadra di riserve di basket“. I risultati di questa visione politica sono sotto gli occhi di tutti.

Ancora più strano è stato leggere nel libro Scelte difficili di Hillary Clinton queste dichiarazioni sulla Siria: “Se gli Stati Uniti fossero riusciti ad addestrarla ed equipaggiarla, una forza di ribelli moderati affidabili ed efficaci poteva contribuire a evitare lo sfascio del Paese durante la transizione, sorvegliare gli arsenali di armi chimiche, e scongiurare pulizia etnica e vendette“. Questa affermazione, appurato che le armi chimiche c’erano, ma erano nelle mani dei ribelli, va letta alla luce di quanto scritto da un inviato del The jewish press: “I ribelli siriani che sarebbero poi entrati a far parte dello Stato islamico sono stati addestrati nel 2012 da istruttori americani che lavoravano in una base segreta in Giordania“. Ciò contrasterebbe con quanto la politica estera americana ha sempre ricercato, ovvero la “stabilità a ogni costo“.

Il 3 febbraio scorso, George Friedman – scienziato politico, fondatore dell’agenzia di intelligence Stratfor e molto apprezzato da certi ambienti repubblicani – ha presentato al Chicago Council of global affairs il suo ultimo libro, Europe – Destined for Conflict?. Nel suo discorso, Friedman ha fatto alcune considerazioni fondamentali per comprendere la politica estera americana in Ucraina. Friedman, inoltre, ha affermato che l’Europa non esiste, un po’ come Victoria Nuland diceva “l’Unione Europea si fotta“.

Il nemico principale per l’America, prosegue Friedman, è formato dall’asse Germania-Russia e per questo Obama sostiene Kiev: non può permettere che Putin aumenti la propria influenza sul Vecchio continente.

E ancora, ed è questa la frase più interessante: “L’obiettivo non è vincere il nemico, ma destabilizzarlo“. Proprio come è successo durante le primavere arabe e in Ucraina.

 

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