di Danilo Quinto
La telefonata di ieri del Papa a Emma Bonino è stata riportata, tra gli altri, da Avvenire, con il titolo Emma Bonino: quella telefonata di Francesco e da Vatican Insider: Giacomo Galeazzi ha ricordato che «Già nel giugno 2013 erano stati protagonisti di un “fuori programma” nel corso di una visita ufficiale. ‘Cerea, signor Ministro’. Le disse Francesco indirizzandole il saluto dei piemontesi. Davanti all’allora ministro degli Esteri Jorge Mario Bergoglio volle rispolverare le sue origini di figlio di migranti piemontesi, abituato da piccolo a parlare in dialetto con l’amatissima nonna. Emma Bonino essendo nata a Bra quel saluto lo conosce bene e si disse detta “onorata” ricevendo dal Pontefice il rosario prima di prendere posto visibilmente emozionata in una delle poltroncine bianche allineate nella Biblioteca del Palazzo Apostolico». La notizia è stata data da tutti gli altri giornali.
A beneficio di coloro che vogliono soddisfare la loro curiosità, riportiamo qui l’intera trascrizione del collegamento che Emma Bonino ha effettuato il 2 maggio con Radio Radicale, raccontando di questa telefonata.
«Ieri pomeriggio» – ha detto – «ho ricevuto una tanto inaspettata quanto graditissima telefonata di Sua Santità Papa Bergoglio. Inaspettata e graditissima, come potete immaginare. Si è informato della mia salute, ma per fortuna abbiamo parlato brevemente, comunque incoraggiandomi a tenere duro, continuare, cosa che comunque sto facendo con tutte le mie forze. Ma abbiamo poi ben presto cominciato a parlare di migranti e di povertà, del Mediterraneo. Ho detto a Sua Santità che i nostri ragazzi dovrebbero essere accompagnati a visitare qualche Museo che pure abbiamo delle migrazioni italiane: rivedrebbero le stesse facce, gli stessi occhi, le stesse speranze e la stessa determinazione. Abbiamo poi parlato di povertà, di Africa e di donne. Diciamo che Sua Santità mi ha molto incoraggiato a continuare. Io gli ho ricordato ad un certo punto che i migranti, se mai riusciamo ad accoglierli, poi li mettiamo tutti in carcere. Le carceri sono piene – appunto – e gli ho ricordato la situazione che avevamo avuto in aprile e che poi propiziò la telefonata di Sua Santità a Marco Pannella, che era in clinica, dove aveva subito quell’intervento così difficile, come tutti ben ricordiamo. Sua Santità ha detto “Sì, sì, ricordo bene”. Gli ho ricordato che in ogni caso Pannella e i radicali continuano su questa storia di attenzione non solo al carcere, ma anche allo stato di diritto e ai più poveri. Insomma, una telefonata anche affettuosa per certi versi. Io ho promesso che farò l’impossibile per essere l’11 maggio a quest’iniziativa che Sua Santità sta propiziando, ricevendo migliaia di bambini delle scuole italiane. Un’iniziativa costruita dalla Fabbrica della Pace. Farò veramente l’impossibile per esserci. Mi ha ringraziato per questo. Ha detto ‘Così avremo la possibilità di salutarci almeno da lontano’. Mi ha rinnovato l’impegno a ‘tenere duro’, perché ‘l’erba cattiva non muore’. Io gli ho detto ‘No, Santità. Mia mamma diceva che sono un’erba resistente, cattiva no’. Ho chiesto l’autorizzazione a divulgare questa telefonata, precisando che certamente era una telefonata riservata, ma non segreta. Mi ha autorizzato a renderla pubblica, cosa che sto facendo per via di Radio Radicale. Certamente, mi ha confortata, mi ha incoraggiata – non è un momento bellissimo per me in questi giorni – ma mi è sembrato un segno di attenzione straordinaria, di cui veramente sono molto, molto, molto grata».
L’intervistatore ricorda a Emma Bonino che oggi – 2 maggio ’15 – è l’85mo compleanno di Marco Pannella e la Bonino chiosa: «Ognuno trova un suo modo per fargli gli auguri. Io spero di aver trovato un modo che gli faccia piacere».
A detta della Bonino, la diffusione di questa conversazione privata è stata autorizzata dal Papa. Se così è, il Papa – rivolgendosi ad una leader politica e autorizzando la diffusione delle cose che si sono detti – compie un atto politico, ponendosi sullo stesso piano del suo interlocutore. Così come era accaduto con Marco Pannella. Bergoglio tradisce la sua missione, che non è quella di dialogare con chicchessia. E’ quella di annunciare il Vangelo, di predicare e di convertire. Ha sulla sua coscienza le anime di coloro che incontra, di coloro con cui parla, di coloro che frequenta e ne deve rispondere a Dio, come ciascuno di noi. «Senza di me non potete fare nulla», dice Gesù nel Vangelo di oggi (Gv, 15,1-8). Che cosa non possiamo fare senza Gesù? Abbracciare l’eternità. E’ dell’eternità che il Papa avrebbe dovuto parlare a Emma Bonino, non dei migranti, del lavoro, dell’Africa, dei poveri, dei carcerati. Il Papa deve fare vivere su questa terra – dominata da Satana – la speranza dell’Eterno, di Colui che muove tutte le cose, di colui che ha a cuore l’anima di tutti, anche quella dei poveri, dei bisognosi, dei sofferenti.
Dice San Francesco: «Non sono più io che vivo. E’ Cristo che vive in me». La povertà di Francesco non è il fine. E’ un mezzo per operare la conversione, offerto a colui che vuole imitare Gesù e cercare Dio. Non ha nulla a che fare con le ingiustizie e le diseguaglianze sociali o con la mancanza o lo sfruttamento del lavoro, condizioni e situazioni che l’umanità ha conosciuto lungo tutta la sua storia. Dio manda nel mondo Suo figlio per salvare le anime, non per soddisfare i bisogni materiali. Gesù non è venuto nel mondo per togliere i poveri dalla loro condizione o per guarire le malattie. E’ venuto per redimerli e infondere anche in loro il messaggio della salvezza. Francesco si veste della povertà evangelica, quella spirituale. La prima delle beatitudini: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt, 5-3). Il concetto di povero è un concetto religioso, non mondano. Non riguarda la situazione sociale o le condizioni materiali della povertà, ma quelle spirituali. Era già presente nell’Antico Testamento: «Cercate il Signore voi tutti, umili della terra, che eseguite i suoi ordini; cercate la giustizia, cercate l’umiltà, per trovarvi al riparo nel giorno dell’ira del Signore» (Sof. 2,3). Il povero è colui che davanti a Dio si mette a nudo, vestito solo della sua umiltà, che non propone nessun merito davanti al Signore, che fa penitenza e confida nella Sua misericordia per essere salvato. Nel capitolo II della Prima lettera ai fedeli (Di coloro che non fanno penitenza), Francesco scrive: «Tutti quelli e quelle, invece, che non vivono nella penitenza, e non ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e si abbandonano ai vizi e ai peccati e camminano dietro la cattiva concupiscenza e i cattivi desideri della loro carne, e non osservano quelle cose che hanno promesso al Signore, e servono con il proprio corpo al mondo, agli istinti carnali ed alle sollecitudini del mondo e alle preoccupazioni di questa vita: costoro sono prigionieri del diavolo del quale sono figli e fanno le opere; sono ciechi, poiché non vedono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cristo. Non hanno la sapienza spirituale, poiché non posseggono il Figlio di Dio, che è la vera sapienza del Padre; di loro è detto: ”La loro sapienza è stata ingoiata” e: ”Maledetti coloro che si allontanano dai tuoi comandamenti”. Essi vedono e riconoscono, sanno e fanno ciò che è male, e consapevolmente perdono la loro anima».
A chi ritiene che le conversazioni private del Papa siano legittime, rispondo che sarò d’accordo quando vedrò il pentimento di Emma Bonino e di Marco Pannella. E’ anche bene che questi personaggi sappiano – perché dubito fortemente che il Papa glielo abbia fatto presente – che il Catechismo della Chiesa Cattolica prevede, per chi si pente dei propri peccati, la soddisfazione e la penitenza. Il numero 1459 dice: «Molti peccati recano offesa al prossimo. Bisogna fare il possibile per riparare (ad esempio restituire cose rubate, ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato, risanare le ferite). La semplice giustizia lo esige. Ma, in più, il peccato ferisce e indebolisce il peccatore stesso, come anche le sue relazioni con Dio e con il prossimo. L’assoluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a tutti i disordini che il peccato ha causato. Risollevato dal peccato, il peccatore deve ancora recuperare la piena salute spirituale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le proprie colpe: deve “soddisfare” in maniera adeguata o “espiare” i suoi peccati. Questa soddisfazione si chiama anche “penitenza”». Il numero 1460 afferma: «La penitenza che il confessore impone deve tener conto della situazione personale del penitente e cercare il suo bene spirituale. Essa deve corrispondere, per quanto possibile, alla gravità e alla natura dei peccati commessi. Può consistere nella preghiera, in un’offerta, nelle opere di misericordia, nel servizio del prossimo, in privazioni volontarie, in sacrifici, e soprattutto nella paziente accettazione della croce che dobbiamo portare. Tali penitenze ci aiutano a configurarci a Cristo che, solo, ha espiato per i nostri peccati una volta per tutte. Esse ci permettono di diventare coeredi di Cristo risorto, dal momento che “partecipiamo alle sue sofferenze” (Rm 8,17)». Per quanto mi riguarda, attendo da Marco Pannella che mi chieda perdono della persecuzione a cui ha sottoposto me e la mia famiglia a causa della mia scelta di fede e delle calunnie che ha detto e ripetuto su di me. Sono d’accordo con quanto ha sostenuto tempo fa Sandro Magister: «La popolarità del Papa non provoca ondate di convertiti. Anzi, con lui c’è un certo compiacimento, nella cultura estranea o ostile al cristianesimo, nel vedere che il capo della Chiesa si sposta verso le loro posizioni, che sembra comprendere e persino accettare».
Mi chiedo con quale spirito si marcerà per la Vita per le strade di Roma domenica 10 maggio, sapendo che colui che per mandato divino dovrebbe difendere la vita interloquisce piacevolmente con una delle massime espressioni dell’ideologia anti-umana del nostro Paese.
Aggiungo un augurio e una speranza. Mi rivolgo ai genitori dei bambini che saranno invitati l’11 maggio dalla Fabbrica della Pace. A quell’iniziativa, il Papa ha invitato Emma Bonino. Il solo fatto che ci sarà questa presenza, dovrebbe indurre quei genitori a lasciare a casa i loro bambini. Il male non si frequenta. Si combatte. E il Papa dovrebbe sapere che Emma Bonino non può insegnare nulla a quei genitori su come si combatte la teoria del gender, a cui quei bambini vengono istigati da una cultura che è divenuta egemone ed è contro la Verità, di cui egli dovrebbe essere difensore e custode.