Segnalazione Quelsi
E’ talmente incanalata per il suo verso, l’attuale fase politica, che si può, senza colpo ferire, lanciare lo sguardo oltre lo steccato delle prossime elezioni regionali del 31 maggio.
A parte eventi straordinari che è del tutto remoto attendersi, se non, al limite, dall’esterno della dinamica politica tra i partiti, le elezioni regionali del 31 maggio non modificheranno in nessun modo il quadro politico generale, entro il quale, le forze politiche maggiori andranno a prepararsi per quello che sarà il vero e proprio redde rationem della futura politica nazionale: le elezioni per il rinnovo del prossimo Parlamento.
Vinto il Veneto la Nuova Lega continuerà a fare il suo e Silvio Berlusconi potrà trovare motivi di soddisfazione, qualunque sarà il risultato della sua Forza Italia in questo test regionale.
Se terrà la linea del 8-10% dei consensi potrà incassare il valore positivo dell’aver deciso di voltare pagina, versus Renzi, se ci sarà, invece, il probabile ed ulteriore bagno di sangue elettorale per il suo partito, potrà utilizzarlo per togliersi con maggiore sollecitudine e senza troppe remore tutti quei personaggi, non pochi, che non hanno più niente da dare al suo residuale progetto di cambiare l’Italia.
A poco meno di un mese da queste elezioni regionali, in Forza Italia, sono in più trepidante attesa del risultato le obsolete seconde linee del partito che il suo incontrastato leader.
Veramente poco si è visto finora, all’interno di questo partito, in fatto di rinnovamento delle idee e del personale politico atto ad incarnarle di fronte alla massa degli elettori delusi e scontenti della situazione. Allo stato attuale delle cose, è più facile che corrano a braccia aperte incontro a Salvini, piuttosto che dare fiducia al troppo timido tentativo di Forza Italia di tenergli il passo.
Possiamo pure dire che questo test elettorale, per Berlusconi, è un passaggio per capire quanto siano affidabili e credibili, le personalità politiche, alle quali, al momento, ha affidato la cura del restyling del partito dei moderati di centro-destra.
Lui si sta giocando l’ultimo tentativo di entrare nella storia dalla parte buona, ma non a questo appuntamento elettorale al prossimo, gli altri del partito una poltrona,
Chi sa di non poterne pretendere più di poltrone e prebende si è già incamminato per altri lidi, ma ormai la coperta è corta un po’ dappertutto, non è facile la vita per chi ha fatto politica di establishment negli ultimi venti anni, scusateci l’ironia di dubbio gusto, ma veramente è convulsa, in questa fase, l’attività di tutti costoro che non sanno più che pesci prendere per mantenere la loro posizione di rendita o cercarsene una nuova.
Non meno controversa, come proiettiamo lo sguardo oltre la data delle regionali, la situazione sul fronte avverso del centro-sinistra.
Ne avevamo scritto, in tempi non sospetti, in questo articolo.
Il sistema renziano sempre più arroccato nel cuore del suo fortilizio di potere, miete vittime e lascia fuori pezzi e nomi storici importanti del partito della spesa pubblica ed è pure alle prese con i fuoriusciti nazareni del campo avverso che bussano alla sua porta per trovare riparo e futuro politico, ma questo anche Fassina lo ha capito.
La nuova legge elettorale, d’altronde, viene del tutto incontro a questa necessità di poter continuare a tenere in mano il timone della baracca potendo fare a meno di un consenso, ormai periferico, che non è più possibile continuare ad esigere a colpi di prebende ed ulteriore spesa clientelare a debito, ma i molti che, imperterriti, continuano a bussare alla porta della estrema corte del fiorentino, rischiano di farla venire giù.
Tutta in questa dinamica va ascritta la storia dei dissidenti interni al PD e la recente sentenza della Corte Costituzionale sulla Legge Fornero.
Nel frattempo le elezioni inglesi, come ben mette in evidenza il Sole 24Ore, segnano un punto a favore del premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale del governo ed uno contro i suoi detrattori: nessuno ha gridato all’attentato alla democrazia per il fatto che Nigel Farage nel Regno Unito, nonostante abbia preso quasi il 12% dei voti non si ritrovi che con un seggio in Parlamento.
Nessuno si accorgerà della sparizione dei lib-dem inglesi, così come nessuno noterebbe un vuoto di democrazia qualora qualche Zanetti d’Italia non entrasse più in un Parlamento dove per una volta è chiaro chi ha vinto e chi ha perso.
E questo è il lato chiaro, per così dire, della luna, la quale, come tutti ben sanno, ne ha anche un altro del tutto nascosto, ma incombente e che non può non preoccupare, in tendenza, il presidente del Consiglio e chi lo sostiene da vicino.
Questa legge elettorale così come garantisce al partito che abbia il 40% dei consensi di chi vota di governare indisturbato, così consente, a chi lo voglia contrastare e sostituire, di dare l’assalto al fortino con lo stesso vantaggio legato a queste nuove regole.
Qualora il renzin ciarliero non si sentisse più in tasca la vittoria elettorale potrà sempre ricorrere al non completamento della riforma del Senato che condiziona l’entrata in vigore della legge elettorale appena varata.
Chi sostiene che al governo vi siano, nell’entourage di Renzi, persone arruffone, incompetenti e sempliciotte, commette un grave errore, non è a questo gap che è riconducibile il legame, apparentemente confusionario e posticcio, tra legge elettorale e riforma del Senato, ma ad un’ipotesi di cambiamento dello scenario politico per il quale non sia data più per scontata la vittoria del PD di Renzi alle prossime politiche.
Da come seguirà l’iter della riforma del Senato potremo capire cosa bolle in pentola, tra gli elettori di questo paese, meglio del sondaggio elettorale più raffinato compiuto dal miglior team di analisti del settore.
Qualcuno ci sa dire, qualora si paventasse la possibilità di andare a votare senza aver realizzato la modifica costituzionale relativa al Senato, con quale legge elettorale si potrà farlo? E quale Presidente della Repubblica si prenderebbe, prima che ciò venga chiarito, la responsabilità di sciogliere le Camere in tale circostanza?
Nel PD di Renzi o Bersani che sia, nessun scenario possibile viene lasciato al caso e privo di risposta eventuale di out-put, non sono a caso l’asset centrale del Partito della spesa pubblica.
Cristiano Mario Sabbatini | maggio 11, 2015 alle 2:20 pm | Categorie: Italia, Politica ed Economia | URL: http://wp.me/p3RTK9-9uS