Segnalazione di Corrispondenza Romana
di Lupo Glori
«Liberiamoci!», questo il significativo slogan scelto dagli organizzatori del “Roma Pride 2015”, la parata dell’orgoglio omosessuale, svoltasi a Roma sabato 13 giugno che ha visto le strade della Capitale percorse dall’orrendo spettacolo messo in scena da oltre venti carri allegorici e migliaia di persone.
Il comunicato ufficiale dell’iniziativa spiega come al grido di «Liberiamoci!» si voglia rilanciare, «la battaglia collettiva di liberazione delle persone lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali. (…) La nostra liberazione dai pregiudizi, dagli stereotipi, dai modelli limitanti, dai precetti imposti, dalle norme ingiuste, la nostra conquista della libertà, sono liberazione e conquista della libertà per l’intera società».
Alla testa del corteo, partito da piazza della Repubblica intorno alle 16, il sindaco di Roma Ignazio Marino, star principale della giornata, osannato dai partecipanti grati per il suo decisivo impegno profuso a favore della causa LGBTQ e per le tante promesse mantenute in questi mesi, per ultimo il registro delle unioni civili festeggiato in “pompa magna” lo scorso 21 maggio in Campidoglio con il tristemente noto “Celebration Day”.
Intervistato dai giornalisti, il primo cittadino della Capitale ha sottolineato orgoglioso gli obiettivi raggiunti, dichiarando: «Abbiamo fatto la nostra parte e oggi è un giorno di festa. A Roma l’amore conta e Roma mantiene le sue promesse. (…) Oggi è un giorno importantissimo perché, rispetto all’anno scorso, siamo qui per festeggiare: Roma, la nostra Capitale, la città dell’accoglienza che crede nell’amore, ha fatto delle promesse alla comunità rappresentata qui oggi e le ha mantenute tutte».
Il sindaco Marino, abituato a fischi e sonore contestazioni per l’incuria e la mala amministrazione della città di Roma, si è così goduto un’insolita giornata di gloria, facendo la spola tra lo striscione ufficiale della manifestazione che apriva il corteo e quello “istituzionale”, voluto da lui stesso, del Comune di Roma, presente con una nutrita e festosa delegazione, fiera dell’operato svolto e desiderosa di raccogliere gli applausi dei tanti manifestanti. Tra questi, il vicesindaco di Roma Capitale, Luigi Nieri, prendendo spunto dallo slogan ufficiale della giornata ha rivendicato soddisfatto il clima di “liberazione” instaurato dalla sua Giunta: «Finalmente si respira un’aria di liberazione dove prevalgono i diritti».
In prima fila, come tutti gli anni, anche il leader di Sel Nichi Vendola, il quale ha auspicato un’accelerazione sui diritti a livello nazionale, suggerendo al governo di Matteo Renzi di seguire al più presto l’esempio di Roma: «L’attuale discussione parlamentare non mi soddisfa assolutamente. C’è il mondo che gira velocemente nella direzione dei diritti, che non si possono dare col contagocce, briciole, frammenti di diritti». Immancabile, in serata, è arrivato puntuale il tweet della presidente della Camera Laura Boldrini, che ha così commentato: «Una giornata importante per i diritti. La politica dia risposte a una società che cambia. Roma Pride».
La parata dell’orgoglio omosessuale si è conclusa a piazza Venezia con un breve discorso dal palco di Andrea Maccarrone, portavoce del “Gay Pride” e presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, che ha nuovamente ringraziato calorosamente il Comune di Roma e il sindaco Ignazio Marino per le promesse mantenute, affermando: «l’anno scorso si è impegnato a istituire il registro delle unioni civili, e lo ha fatto. Dunque il comune manifesta a pieno titolo, anche perché questa è una festa della città, un patrimonio comune».
Quindi il portavoce del “Gay Pride”, Maccarone, evidentemente non ancora soddisfatto del tutto, ha rilanciato, sottolineando l’urgenza di nuove leggi volte ad allargare ulteriormente i diritti della comunità LGTBQ, dando a tutti appuntamento all’anno prossimo: «chiediamo una legge sui matrimoni, sulle adozioni, sull’identità di genere. Tutte leggi urgenti».
È interessante notare come lo slogan scelto dagli organizzatori del “Roma Pride 2015”, «Liberiamoci!», racchiuda in sé emblematicamente il programma ideologico portato avanti dagli attivisti LGBTQ. Nella prospettiva gender e omosessualista la “liberazione” consiste, infatti, nel poter dare, legittimamente, sfogo a qualsiasi tipo di istinto o desiderio sessuale. Una sfrenata rivendicazione liberazionista tesa a ottenere sempre nuovi e maggiori diritti soggettivi, al di là di ogni principio etico, sulla base delle proprie mutevoli pulsioni.
Tale visione è alla base della alleanza ideologica queer-vegan che mette insieme, da un lato, i promotori di qualsivoglia tendenza sessuale in opposizione alla cosiddetta “eteronormatività” e, dall’altro, i “vegani”, sostenitori di una dura critica allo specismo in nome dei diritti degli animali e promotori di un’alimentazione priva di carne, pesce e derivati. Un’alleanza fondata dunque sulla reciproca condivisione ed esaltazione della “devianza”, intesa come rifiuto e negazione della normalità.
In tale prospettiva, l’onnivorismo e l’eterosessualità sono considerati concetti “normali”, non in quanto parte di un progetto biologico e naturale, ma solo perché “naturalizzati” e fatti propri dalla società occidentale attraverso la loro ripetizione incessante nel tempo. Obiettivo di questa “diabolica alleanza” è quindi quello di scardinare tali schemi consolidati per liberare finalmente l’uomo dalle gabbie sociali e culturali nelle quali è inconsapevolmente rinchiuso.
Padri “ideologici” di questi due pensieri rivoluzionari possono essere considerati il filosofo australiano Peter Singer, autore nel 1975 di un noto saggio, intitolato non a caso Liberazione Animale, nel quale, per la prima volta, viene teorizzato il pensiero filosofico alla base del nuovo movimento di liberazione degli animali, e l’italiano Mario Mieli, teorico e fondatore del movimento omosessualista italiano, per il quale i bambini possono «liberarsi» dai pregiudizi sociali e trovare la realizzazione della loro «perversità poliforme» grazie all’incontro con adulti amorevoli e consapevoli.
Concetti ben chiariti in Elementi di critica omosessuale, la sua “opera” fondamentale del 1977, nella quale così esprime il suo pensiero a proposito della sessualità infantile: «Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica».
Mario Mieli è morto suicida all’età di 31 anni nel 1983. A pochi mesi dalla sua morte, in suo onore è stato fondato il Circolo di Cultura Omosessuale “Mario Mieli” di cui oggi è presidente Andrea Maccarone, portavoce ufficiale della indegna manifestazione omosessuale per le vie di Roma. È a questi personaggi che il sindaco di Roma Ignazio Marino vuole affidare l’educazione dei nostri figli? (…)