Cultura gay e capitalismo, una grande storia d’amore

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Cultura gay e capitalismo vanno a braccetto. Ne abbiamo già parlato diverse volte (ad esempio qui, qui, qui e qui).

Rilanciamo questo intervento di Agapo.net sempre sullo stesso tema. Si fa riferimento a quanto accaduto il 20 giugno a Milano, in concomitanza con la grande manifestazione di piazza San Giovanni a Roma. E se ne traggono amare constatazioni, che però vengono sapientemente taciute dai mass media…

Sabato 20 giugno all’EXPO di Milano il governo USA apre il Gay Pride 2015. Apple, Google (v. La Repubblica del 20/06) celebrano in pompa magna l’agenda LGBT e Gender. Perché i poteri forti del capitalismo transatlantico impongono la cultura Gay e Gender? In molti si pongono oramai questa domanda, perché non ci possono più essere dubbi, siamo di fronte a una imposizione.

Stupisce l’accelerazione degli avvenimenti. Quelle che fino a poco fa erano semplicemente rivendicazioni delle organizzazioni LGBT, oggi sembrano essersi trasformate in diritti civili, in diritti umani che non possono più essere messi in questione nell’ambito della regolare dialettica democratica.

Ricordare quindi che occorre riservare un trattamento differenziato alla famiglia generativa, nella Costituzione italiana denominata naturale, secondo la logica LGBT-Gender equivale a una violazione dei diritti umani. Tale logica è oramai diventata elemento costitutivo del sistema culturale dominante nei paesi a capitalismo avanzato e non può più essere ribadito il ruolo della famiglia (naturale) nel ricambio generazionale, con tutte le conseguenze che ciò comporta per l’equilibrio demografico e la sostenibilità dei sistemi sociali. Per non parlare di giustizia sociale.

Concezione questa che, in una dimensione di medio-lungo termine, genererà effetti devastanti sul piano sociale; dal punto di vista del capitale internazionalizzato, invece, lo stesso processo non è da considerarsi un fatto negativo: il capitale si valorizza in una dimensione globale e il ricambio generazionale in occidente più che un bene rappresenta una “ridondanza”, un costo inutile, non è una base di profitto.

L’agenda LGBT e Gender, prima di diventare politica ufficiale del governo USA, sotto la sigla di Diversity Management, era già entrata nelle politiche aziendali dell’intero comparto della New Economy, della Finanza e dell’Industria culturale (Hollywood, le agenzie di pubblicità ecc.), ossia in quella parte dell’economia che oggi realizza di gran lunga i maggiori profitti.

I settori in questione sono accomunati dal fatto che non trattano prodotti fisici atti a soddisfare bisogni – come avveniva nell’economia “tradizionale”- , bensì beni immateriali, immaginari, virtuali, in risposta ai desideri degli acquirenti. Un esempio più eloquente può essere considerato l’i-Phone al prezzo di 500 Euro con un costo di produzione materiale (al massimo) di 50. La differenza è costituita infatti dal valore culturale. Allora diventa fondamentale per l’industria post-materiale presidiare i desideri, l’immaginazione e l’identità dei consumatori. È altrettanto fondamentale, per poter mantenere il ciclo delle vendite, che i desideri dei consumatori siano estendibili all’infinito, possibilmente oltre ogni confine materiale dell’identità della persona, della sua fisicità e dei suoi limiti.

Nella storia moderna il concetto dell’”homo oeconomicus” era sostanzialmente circoscritto alla sfera della produzione, in prevalenza alla produzione di beni materiali. Di fronte alla “caduta tendenziale del saggio di profitto”, per usare il termine coniato da Carlo Marx, verificatasi in modo massiccio a partire dagli anni 70, i profitti d’ora in poi si devono invece realizzare nella sfera della “riproduzione”. Conseguentemente il concetto dell’”homo oeconomicus”, ossia il paradigma di un individuo astratto, interessato esclusivamente alla massimizzazione delle sue utilità e dei suoi godimenti, si estende alla sfera della “riproduzione”, cioè a quella sfera dove sono ubicate le microrelazioni, la “nuda vita”, la vita intima e la famiglia.

Paradossalmente proprio i movimenti antiautoritari e per la liberazione sessuale del ’68, nel mentre proclamavano l’abbattimento del capitalismo tout court, contribuivano fortemente all’estensione di questo paradigma dell’”homo oeconomicus”, alla società intera, con l’effetto di ancorarlo maggiormente all’anima e alla mente delle persone, a tal punto che il capitalismo in chiave concettuale, e non solo morale, oggi è quasi incriticabile.

L’agenda LGBT e Gender è espressione di una volontà di estendere al massimo le libertà individuali, a scapito dei diritti comunitari (mantenimento dei sistemi sociali, diritti educativi dei genitori ecc.), oltre i limiti posti dalla stessa natura: in tal senso è coerente con la legge pura del capitale. Quando tale legge non è mitigata, integrata e umanizzata dalla coscienza e dalla volontà degli uomini, così come dall’intervento delle loro organizzazioni.

Molto dell’attuale situazione ricorda la prima fase del capitalismo quando questo, allora sì, liberava immense energie produttive, ma che pure si contraddistingueva per la generazione di immense povertà, miserie e sfruttamento, a tal punto da mettere a rischio la sua stessa esistenza. A quel punto la società civile, il movimento operaio, la Chiesa con la sua dottrina sociale e altre forze si sono messi ad addomesticare e umanizzare il capitalismo industriale da poco nato. Uno sforzo simile da parte degli uomini di buona volontà serve oggi al fine di neutralizzare il potenziale distruttivo del capitalismo postindustriale in Occidente, volto a decostruire l’uomo, ancora a fini di profitto.

Nello stesso giorno del 20 giugno, a Roma, si raduna la gente comune a difesa della famiglia e della natura dell’uomo. E’ solo l’inizio.

Un padre di AGAPO

 

 

Fonte: http://www.notizieprovita.it/notizie-dallitalia/cultura-gay-e-capitalismo-una-grande-storia-damore/

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