L’epopea infinita dei diari e dei quaderni di Benito Mussolini continua. Adesso è il turno di un’agenda del 1942. Per il Duce è un anno cupo, che termina con una grande depressione. Ci sono la campagna russa e la rovinosa ritirata dell’Armir. Sul fronte africano, c’è la resa di El Alamein. Annota Mussolini, il 29 giugno, mentre è in partenza per l’Africa da Guidonia: “Due sono i mali che mi dilaniano: i traditori e le pazzie di Hitler. Sono entrambi di una importanza enorme”.
di Fabrizio D’Esposito per il “Fatto Quotidiano” del 26 giugno 2015
Poi il pensiero finale, alla data del 31 dicembre: “Ora sotto di me si è aperto il precipizio”. La scoperta dell’agenda è del mensile Storia in Rete, diretto da Fabio Andriola, storico e giornalista. Nel lungo saggio sul diario inedito, Andriola parte da un suo viaggio in Svizzera e la prima novità riguarda l’approccio con l’anonimo collezionista in possesso dell’agenda
Rivela Andriola: “ Nessuno ha chiesto o offerto denaro: non l’ha fatto Storia in Rete e non l’ha fatto chi ci ha messo a disposizione tutto quello che aveva in originale e non in copia”. Il dettaglio sui soldi non è secondario. Sin dagli Anni Cinquanta attorno ai diari del dittatore fascista si è sviluppato un florido e milionario mercato alimentato da intermediari, faccendieri, falsari e semplici imbroglioni.
Non a caso, Andriola puntualizza all’inizio che la nuova, presunta agenda mussoliniana del ’42 arriva da una filiera diversa da quella dei celebri diari falsi acquistati da Marcello Dell’Utri, il berlusconiano condannato per mafia con la passione per la bibliofilia.
La differenza con i “falsi” di Dell’Utri
Dell’Utri comprò i falsi da un commerciante di Domodossola, da poco morto, e di nome Aldo Pianta, cinque “annate” del Duce: 1935, 1936, 1937, 1938, 1939. A eccezione del 1938, i diari furono pubblicati da Bompiani tra il 2010 e il 2012. Non solo, quando poi lo stesso Dell’Utri ha tentato di accordarsi, per altre strade, con il collezionista svizzero dell’agenda del ’42 pubblicata ora da Storia in Rete, la trattativa è fallita, e non per motivi economici.
Chiarito questo dettaglio, la provenienza del nuovo diario del ‘42 poggia su un’ipotesi classica per gli specialisti della memorialistica del Duce: i misteri e i “vuoti” ancora irrisolti dell’affare Panvini. Era il 1957 e Amalia e Rosetta Panvini, rispettivamente figlia e madre, furono scoperte a Vercelli in un’intesa attività di falsificazione. Nella loro casa venne rinvenuta una quantità enorme di carte con la grafia di Benito Mussolini, una trentina tra quaderni e agende, compilate tra il 1929 e il 1939. Quali i veri e quali i falsi, scritti dalle stesse Panvini per venderli?
L’affare Panvini e il ministro di Salò
L’epopea dei diari e dei quaderni del Duce comincia in prossimità della fine sanguinosa del 1945. A parte le agende, il dittatore aveva l’abitudine di fissare pensieri e riflessioni in quadernetti. Uno ogni sei mesi. Fino all’affare Panvini era opinione comune degli storici, a partire da Renzo De Felice, il massimo studioso del Ventennio, che i diari del dittatore fossero stati affidati già nel 1944 al barone Shinrokuro Hidaka, ambasciatore del Giappone in Italia dal maggio 1943 e divenuto intimo di Mussolini.
De Felice teorizzò che Hidaka avesse scambiato le carte con gli americani in cambio della libertà e della carriera diplomatica, che infatti proseguì anche nel dopoguerra. Alla fine degli Anni Cinquanta, il processo ad Amalia e Rosetta Panvini, condannate per falso e truffa, portò però alla luce un altro filone, da far risalire all’alessandrino Paolo Zerbino, ministro dell’Interno a Salò, ucciso a Dongo ed esposto insieme al Duce e agli altri gerarchi a Piazzale Loreto, a Milano. Anche Zerbino aveva un rapporto confidenziale con Mussolini e poco prima del 25 aprile 1945 avrebbe affidato una parte di agende e quaderni a un commissario di polizia di Vercelli: Giulio Panvini, che morì un paio di anni prima che la moglie (Rosetta) e la figlia (Amalia) venissero scoperte.
La copia dagli originali e le carte mancanti
Lo stesso Panvini, prima di morire, aveva ordinato a due tipografie di stampare varie agende degli Anni Trenta e quaranta con indicazioni ben precise. È un chiaro indizio che per la falsificazione dei diari si voleva copiare da un testo originale e rimanerne il più fedele possibile. Il processo alle Panvini sancì che le due fossero solo falsarie e non “copiatrici”. Ma Amalia Panvini, fin quando è vissuta, ha sempre sostenuto di aver copiato da documenti veri. Non solo.
Il coinvolgimento nella vicenda di altri familiari e di un ambiguo avvocato ha fatto sospettare che non tutto il materiale in possesso delle Panvini fosse stato sequestrato. Di qui, appunto, si arriva all’agenda del 1942 che Storia in Rete mette a confronto con un falso delle Panvini, sempre dello stesso anno. Quest’ultimo venne offerto nel 1967 a un giornale britannico, il Sunday Times, che però poi non lo pubblicò più. Nel raffronto tra le due versioni, l’agenda delle Panvini appare come una copia dell’originale in possesso del collezionista svizzero.
“Hitler emaciato e stanco”
In questa pagine, il Duce usa parole dure per il genero futuro traditore, Galeazzo Ciano, e l’alleato nazista, Hitler. Ecco i dettagli dell’incontro con quest’ultimo il 29 aprile: “Lo trovo emaciato e stanco. A l l’arrivo egli è nel gruppo coi suoi: Ribbentrop Dietrich Borman il ‘Gauleiter’dott. Scheck tutti visi duri arcigni bocche acide, aspetto ferrigno, odiosi!”
Caro dott.Andriola,
complimenti ancora per questa perla sul caso dei diari del Duce.Io credo,che tutti i diari del Duce siano ben custoditi negli archivi impenetrabili del Vaticano e che difficilmente verranno alla luce. Se dovesse accadere tanti storicicchi da strapazzo dovrebbero non solo vergognarsi per le continue idiozie fin qui scritte,ma letteralmente sparire dalla vergogna.E l’elenco di certa gentucola,personaggetti,”figli di papà”,col sorrisetto sulla faccia,sarebbe lungo.La vicenda dei diari di Mussolini ( ammesso che ce ne sia bisogno) dimostra ancora in maniera lampante,che la storia che va dal 1913,al 1945 è quasi totalmente falsa. Un periodo cruciale della storia dell’umanità,in cui tutto è cambiato e cambiato ( ahimé!) in peggio. Basti pensare ( uno dei tantissimi ) al caso Rudolf Hess per capire che ci hanno fin qui raccontato una marea di scemenze. Ma,se permette,io vorrei chiederle un’altra cosa. E’ un fatto a cui ho cercato,documentandomi,con l’aiuto di testimoni dell’epoca,di darmi una risposta,una logica. Ma fin’ora niente da fare.In sostanza,è piu’ che noto ( anche se gli “storici” di regime fanno finta di niente) che Mussolini sapeva che vi erono apparati delle Rege Forze Armate,uomini dello stesso suo governo etc. che remavano contro l’Italia e per loro era molto conveniente far perdere la guerra all’Italia ( vedasi art.16 del dicktat di Parigi,che non era un trattato di pace,ma ben altra cosa e le confessioni del fu Ammiraglio Franco Maugeri,scritte solo in inglese e mai tradotte in italiano “From the ashes to disgrace”,come pure di altri…) La domanda è: come mai Mussolini pur essendo stato avvisato anzitempo che certa gentaglia, pur di salvaguardare i loro interessi, non avrebbero esitato un solo momento a tradire, nulla fece per prevenire le cose gravissime che si sanno ( anche se solo pochissimi le hanno raccontate con dovizia di particolari,in special modo l’ex giornalista RAI-Radio 2 Piero Baroni, ancora in vita,l’unico in Italia che ha fatto sull’argomento,dopo trent’anni di ricerca,di interviste e di indagini,durate dal 19965 al 1995 piena luce).I lavori di Baroni sono passati assolutamente,in perfetto stile omertoso,sotto silenzio.Eppure Baroni dal 1965 al 1995 è riuscito ad intervistare capi militari e civili che durante la II Guerra Mondiale avevano precise e delicate responsabilità di comando,tra cui l’ex Capo di Stato Maggiore della nostra Marina degli anni 70-80,che durante la II Guerra Mondiale era Tenente di Vascello esperto di decrittazioni e cifrari,come pure dirigenti dell’industria pesante italiana.Eccezionali sono li suoi lavori:”Come e perchè si perde una guerra e “1935-1943,la fabbrica della sconfitta ( reperibili sul sito http://www.amazon.it).In sostanza,perchè Mussolini pur essendo stato avvisato con largo anticipo ( 1939) dai servizi segreti tedeschi e da alcuni apparti dei nostri servizi fedeli al Regime Fascista,non apporto’ nessuna misura di sicurezza o neutralizzazione di certi elementi criminali traditori che gli furono segnalati anzitempo? Come mai tutta quella passività? Vorrei qui proporre a lei dott.Andriola e agli attenti lettori di “Storia in rete” un significativo articolo del fu giornalista e storico del fascismo Alberto Bernardino Mariantoni:”Chi ha condotto l’Italia al disastro militare e politico?” http://www.abmariantoni.altervista.org/storia/f_Le_responsabilita_del_disastro.pdf .Le sarei grato se lei o chi tra i lettori di “Storia in rete” potesse spiegare quella grave passività di Mussolini che costarono all’italia cio’ che sappiamo e i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. Anche di chi fa finta o non vuol capire…
Cordialità
Ubaldo Croce
Non solo passività, ma come descrisse bene Alfio Caruso in alcuni dei suoi splendidi libri sulla guerra ultima, Mussolini era decisamente orbo nel capire certe situazioni belliche ed era ancorato alla concezione di una guerra di logorio come l’aveva vissuta in trincea da caporale, Aggiungasi un certo qual cinismo politico tipico di chi ebbe il coraggio di passare da una donna all’altra, e la frittata fu fatta. Il gran brutto fu che questa frittata costò la morte di decine di migliaia di giovani italiani mandati a morire per nulla , solo confidando (da parte del Duce) nell’alleato tedesco e nonostante i suoi impietosi giudizi sul Fuehrer. Nonostante tutto, fu proprio questi che ,ritenendo Mussolini un amico, lo liberò dal Gran Sasso e gli permise la costituzione della Repubblica Sociale che evitò peggior stragi e deportazioni dall’Italia ormai alla mercè delle truppe di ogni paese in guerra.Il gen. Roatta spiegò chiaramente a Mussolini che le truppe non potevano esercitare una vera pressione militare in Russia, ma lui incaponitosi decise ugualmente l’invio dell’Armir distogliendo uomini e mezzi dall’Africa dove sarebbero stati ben più preziosi ed utili che non in Russia dove Hitler non voleva nessun italiano !
@Mardunolbo. Sei completamente fuori strada.In tutti i sensi.Sei totalmente disinformato di certi fatti.