Notte fonda per il Sionismo

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CANDELABRO

Segnalazione di Federico Prati

di Andrea Muratore – 20/07/2015

Fonte: L’intellettuale dissidente

Israele risulta la grande perdente dei negoziati sul nucleare iraniano e  oramai nel paese serpeggia un clima da fine Impero, da cittadella assediata, da  ultima spiaggia. Netanyahu è riuscito a farsi rieleggere puntando forte sulla  psicosi iraniana, e accodando al Likud una carovana di partiti sciovinisti,  razzisti e guerrafondai, e ora paga lo scotto delle sue politiche scriteriate.

Le manifestazioni di gioia incontenibile del popolo iraniano nelle piazze di  Teheran saranno ricordate a lungo. Rappresentano la vittoria del buon senso,  della diplomazia e, per una volta, della giustizia sull’oscurantismo e la bieca  propaganda del terrore. L’Iran vive un momento catartico, un pesante debito con  la giustizia viene pagato e si infligge un colpo durissimo alle ambizioni dei  Neocon americani di lanciare la guerra definitiva, finale aggredendo la nazione  persiana.

oprattutto, il corso storico che ha portato all’annullamento delle insensate  sanzioni all’Iran rappresenta un punto di svolta storico e un punto di partenza  per una nuova visione dello scenario mediorientale. In questi giorni si sta  aprendo finalmente la stagione propizia per rompere definitivamente l’abbraccio  mortale tra Occidente (USA in primis, dunque il carrozzone delle nazioni  europee ad essi legati) e Israele, già fortemente allentatosi negli ultimi  mesi. La nazione sionista risulta la grande perdente dei negoziati e oramai nel  paese serpeggia un clima da fine Impero, da cittadella assediata, da ultima  spiaggia. Netanyahu è riuscito a farsi rieleggere puntando forte sulla psicosi  iraniana, e accodando al Likud una carovana di partiti sciovinisti, razzisti e  guerrafondai, e ora paga lo scotto delle sue politiche scriteriate. Accusare di  terrorismo internazionale un Iran attivo più di ogni altro attore nella lotta  all’ISIS, a cui invece  Tel Aviv fa numerosi favori con i raid aerei illegali contro Assad e  Hezbollah, è qualcosa di insostenibile.

A un anno dai massacri di Gaza, il popolo israeliano si rivela sempre più  intollerante; per il suo governo il mondo si è fermato a George W. Bush, alle  sue genuflessioni nei confronti del potere sionista, ai giorni in cui l’IDF era  lasciata libera di irrorare col fosforo bianco gli orfanatrofi e i quartieri  residenziali di Gaza o Beirut senza grandi risposte da parte della comunità  internazionale. Era un altro mondo, gli USA erano profondamente impegnati in  Medio Oriente, cingevano d’assedio Teheran attraverso le operazioni in Iraq e  Afghanistan e le dure sanzioni ora giustamente abolite.

Per il sionismo è attualmente notte fonda: la maschera di menzogne con cui il  governo di Tel Aviv è sempre riuscito a farsi schermo è definitivamente  divelta; Israele si sta autoescludendo dai consessi internazionali,  barricandosi in una torre d’avorio di pregiudizi e manie patologiche. Chiuso  tra uno scacchiere sempre più caotico e i tentativi azzardati di rompere l’ impasse quali gli abboccamenti coi sauditi, Netanyahu vede arenarsi il progetto  di egemonia regionale che oramai Israele da settant’anni porta avanti. La  diplomazia internazionale forte del supporto iraniano potrebbe in questo caso  manovrare abilmente e condurre un blitz irruento per dare decisi contorni e
limiti all’agire di Israele. Capitalizzare la vittoria ottenuta nei confronti  della propaganda oscurantista sionista significherebbe agire per mettere  pressione a Israele affinché cominci a obbedire alle regole del gioco,  concedendo ispezioni ai suoi siti nucleari come farà  Teheran e dando garanzie sul rispetto dei diritti umani nei territori abitati  dai palestinesi.

Il grande rischio in tutto ciò è quello di una reazione alla dottor  Stranamore: il timore che Israele possa diventare una vera e propria scheggia  impazzita è tutt’altro che remoto, sebbene eventuali attacchi a sorpresa  lanciati nei confronti dell’Iran sarebbero condannati dalla totalità delle  nazioni; tutto potrebbe cambiare a fine 2016: se a Obama, al quale va  riconosciuto il buon senso di aver capito che l’esclusione dell’Iran era  controproducente, succederà un “falco” repubblicano o la sua collega di partito
Hillary Clinton, Israele tornerà al centro della strategia mediorientale NATO.

Con tutte le nefande conseguenze del caso

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