San Gaspare del Bufalo, vita per immagini, grande nemico di Bonaparte e dei risorgimentalisti

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Segnalazione e commento di Maurizio-G. Ruggiero

Giusto per riconciliarci (in epoca bergoglista) con Dio e con la Santa Chiesa, vedendo com’essa era ed è veramente. Vita per immagini di San Gaspare del Bufalo, grande nemico di Bonaparte e dei risorgimentalisti (carbonari, massoni, anticlericali ecc.) …

 

SAN GASPARE

 

 

Vita di San Gaspare del Bufalo

(Roma, 6 gennaio 1786 – ivi, 28 dicembre 1837)

 

Tomba di San Gaspare del Bufalo nella chiesa romana di Santa Maria in Trivio

Breve nota biografica

Nato a Roma il 6 gennaio 1786 da Antonio ed Annunziata Quartieroni, fin dai primi anni si fece notare per una vita dedita alla preghiera e alla penitenza e per segni non dubbi della chiamata alla vita religiosa.

Tentò anche di fuggire di casa per recarsi ad evangelizzare i pagani, sognando la gloria del martirio.

Completati gli studi presso il Collegio Romano che in quei tempi, data la soppressione della Compagnia di Gesú, era diretto dal clero secolare, nel 1798 indossò l’abito talare e si diede ad organizzare opere di assistenza spirituale e materiale a favore dei bisognosi. Si deve a lui la rinascita dell’Opera di San Galla, della quale fu eletto direttore nel 1806. Ordinato sacerdote il 31 luglio 1808, intensificò l’apostolato fra le classi popolari fondando il primo oratorio in S. Maria in Pincis e specializzandosi nella evangelizzazione dei “barozzari”, carrettieri e contadini della campagna romana, che avevano i loro depositi di fieno nel Foro Romano, chiamato allora Campo Vaccino.

Per la Chiesa, intanto, correvano tempi duri: nella notte dal 5 al 6 luglio 1809 Pio VII fu fatto prigioniero e deportato. Il 13 giugno 1810 Gaspare rifiutò il giuramento di fedeltà a Napoleone e venne condannato all’esilio e poi al carcere, che sostenne con animo sereno per quattro anni. Tornato a Roma nei primi mesi del 1814, dopo la caduta di Napoleone, mise le sue forze e la sua vita al servizio del papa. Pio VII gli diede l’ordine di dedicarsi alle missioni popolari per la restaurazione religiosa e morale dell’Italia e Gaspare abbandonò la città, la famiglia ed ogni altro suo progetto per dedicarsi totalmente al ministero assegnatogli, al quale attese per tutto il resto della sua vita, con zelo instancabile.

Quale mezzo efficacissimo per promuovere la conversione dei peccatori, per debellare lo spirito di empietà e di irreligione, scelse la devozione al Sangue Preziosissimo di Gesú e ne divenne ardentissimo apostolo. Si attuava cosí la predizione fatta dalla pia religiosa suor Agnese del Verbo Incarnato nel 1810, da lei confidata al suo direttore spirituale, Francesco Albertini, in seguito direttore di Gaspare e suo compagno di prigionia secondo cui, in tempi calamitosi per la Chiesa sarebbe sorto uno zelante sacerdote il quale avrebbe scosso i popoli dalla indifferenza mediante la devozione al Prezioso Sangue, del quale egli sarebbe stato la “tromba”.

Per meglio raggiungere il suo nobile intento, il 15 agosto 1815 fondò la Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, a cui si iscrissero uomini di grande santità, come il ven. servo di Dio don Giovanni Merlini, Giovanni Mastai Ferretti, il futuro Pio IX, Biagio Valentini, Vincenzo Tani ed altri ancora, morti in concetto di santità.

Nel 1834, inoltre diede inizio all’Istituto delle Suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue, coadiuvato dalla beata Maria De Mattias, che egli stesso aveva chiamato a tale missione.

Le due famiglie religiose trovarono il terreno fecondatore nella Pia Unione del Preziosissimo Sangue, oggi Unio Sanguis Christi, che insieme con Francesco Albertini, Gaspare aveva istituito fin dal 1808, a vantaggio di tutti i fedeli e che si era propagata in Italia e in altre nazioni. L’apostolato di Gaspare segnato da fatiche e sofferenze non comuni, benedetto da Dio con frequenti manifestazioni soprannaturali, fu di enorme efficacia. Al suo passaggio fiorivano la fede e la pietà cristiana, cessavano gli odii e il malcostume, si verificavano strepitose conversioni. S. Vincenzo Strambi, che gli fu compagno in qualche missione, lo definí “terremoto spirituale”; le masse lo acclamavano “angelo di pace”. Sostenne con straordinario coraggio la lotta accanita che gli mossero le società segrete, in particolare la massoneria. Ma nonostante le loro minacce e gli attentati alla sua stessa vita, non cessò mai di predicare apertamente contro tali sette, fucine di rabbioso laicismo ateo; convertí intere logge massoniche e non si stancò di mettere in guardia il popolo contro la loro propaganda satanica. Per questo era chiamato col titolo glorioso di “martello dei settari“. Ma un’altra piaga vessava lo Stato Pontificio, come, del resto, anche altre regioni: il brigantaggio. Sorto all’inizio come reazione all’occupazione francese, al fisco e alla leva obbligatoria, degenerò presto in vera delinquenza organizzata. Orde di malviventi si diedero a rapine, a vendette e a violenze, calando dai loro sicuri rifugi sui monti. Pio VII e poi i suoi successori Pio VIII e Leone XII avevano tentato di estirparne la piaga, ma senza successo. Leone XII, allora, dietro consiglio del card. Belisario Cristaldi, affidò la rischiosa impresa a Gaspare, che, con le sole armi del crocifisso e della misericordia evangelica, riuscí a ridurre la terribile piaga nei dintorni di Roma ed a riportare pace e sicurezza tra le popolazioni. Morí a Roma il 28 dicembre 1837, in una stanza del palazzo Orsini sopra il Teatro di Marcello. San Vincenzo Pallotti vide la sua anima salire al cielo in forma di stella luminosa e Gesú venirle incontro.

La fama della sua santità si diffuse subito anche fuori d’Italia specialmente in Francia, sia per la guarigione di Francesca De Maistre, figlia del governatore di Nizza e nipote di Giuseppe De Maistre, sia per opera di Gastone de Ségur, che lo fece conoscere con la parola e gli scritti e di Pietro Giuliano Eymard, fondatore dei Sacerdoti e delle Ancelle del Santissimo Sacramento, che esortava pressantemente ad invocare Gaspare quale apostolo della devozione al Sangue Preziosissimo di Gesú.

Fu beatificato da San Pio X il 18 dicembre 1904 e canonizzato da Pio XII il 12 giugno 1954 in piazza San Pietro. Il suo corpo riposa a Roma nella chiesa di Santa Maria in Trivio.

http://www.tuttocollezioni.it/it/santini-biografia-san-gaspare-del-bufalo.php

LA VITA PER IMMAGINI

  1. Gaspare riorganizza l’ospizio di S. Galla per accogliere i barboni, offrire loro un piatto caldo e ospitalità.

Nel 1800, il 12 aprile, Gaspare ricevette la sacra tonsura e fu incaricato dal parroco di S. Marco che era la chiesa parrocchiale comprendente Palazzo Altieri in cui Gaspare aveva la sua residenza, di istruire i fanciulli nella dottrina cristiana. Oltre a questa attività che disimpegnò con impegno veramente apostolico, il giovane chierico si dedicò anche a svariati compiti caritatevoli tra i quali spicca il restauro dell’ospizio di S. Galla, ai piedi del Campidoglio, che era stato a lungo negletto ed era quasi in rovina. Con l’aiuto di generosi benefattori Gaspare ridette vita all’istituto e percorse le strade di Roma invitando i senzatetto a ricoverarsi in quel luogo dove trovavano cibo e assistenza. Giunse perfino a caricarsi sulle spalle gli infermi e i paralitici che non potevano raggiungere l’ospizio con i propri mezzi.

A causa del rifiuto di fedeltà a Napoleone nel 1810 S. Gaspare parte per l’esilio.

A causa del suo rifiuto di prestare il giuramento di fedeltà a Napoleone, Gaspare fu quindi esiliato e incarcerato in varie località, da Piacenza a Bologna, a Imola, a Lugo. Insieme a molti altri sacerdoti che al pari di lui non avevano voluto giurare fedeltà all’usurpatore, Gaspare dovette così subire, l’amarezza della lontananza dagli affetti familiari e dalle opere apostoliche che aveva intrapreso, oltre all’asprezza della detenzione carceraria. Questa comportava il totale isolamento, il divieto di scrivere, di celebrare messa e addirittura di ricevere la comunione, si può immaginare con quale sconforto per chi si trovava privo del principale nutrimento spirituale.

Durante le missioni S. Gaspare convince i fedeli a bruciare armi, libri e stampe oscene

Così grande era il dono della parola che Dio aveva concesso a S. Gaspare che la sua predicazione, oltre ad essere seguita con trasporto dagli astanti, conseguiva sempre copiosi frutti spirituali. E non soltanto essa produceva la conversione dei cuori, ma si trasformava in pubbliche manifestazioni di fede che coinvolgevano l’intera popolazione dei luoghi toccati dalla sua missione. Tra le varie pratiche che Gaspare ispirava ai popoli da lui evangelizzati vi era quella, già praticata dai grandi predicatori del passato come S. Bernardino da Siena, dei così detti roghi della vanità nei quali si bruciavano gli strumenti del peccato come le armi e le pubblicazioni immorali. In particolare, durante una missione a Frosinone, il numero delle armi portato a bruciare fu addirittura impressionante.

  1. Gaspare è avvisato dai compagni che la bevanda offertagli è avvelenata, lui la benedice e la bevanda diventa innocua.
    Durante il 1818 S. Gaspare si dedicò alle missioni tra le Marche e la Romagna. In quest’ultima provincia erano molto presenti e attive le sette massoniche e la carboneria che il santo affrontò con grande determinazione. Durante le missioni a Forlimpopoli e a Meldola da un lato riuscì ad ottenere con la parola e con i prodigi operati delle straordinarie conversioni, tanto che molti degli affiliati alle sette consegnarono le armi e i loro simboli. Dall’altro lato però la sua attività gli attirò l’avversione degli irriducibili che lo fecero oggetto di minacce e di un tentativo di avvelenamento. Infatti a Meldola pare che gli fosse offerta una bevanda che i suoi compagni ritennero potesse essere avvelenata e lo misero in guardia dal berla, ma Gaspare la benedisse e la sorbì senza riportare alcuna conseguenza negativa.
  2. Gaspare predica e alcuni anticlericali lo sentono a vari chilometri di distanza.

Tra i doni di cui S. Gaspare fu dotato vi fu la capacità di essere sentito anche a grande distanza. In un’epoca in cui ancora la tecnologia non aveva offerto agli oratori l’ausilio dei microfoni e degli altoparlanti, per una predicatore era essenziale possedere una voce forte e chiara così da farsi udire dal maggior numero possibile di persone. La voce di Gaspare però era debilitata dall’eccessivo utilizzo nella predicazione ma, nonostante questa debolezza, egli riusciva a farsi sentire anche a grande distanza dal luogo in cui predicava. Questo prodigio è attestato non soltanto da persone fedeli, come il monaco Gregorio Ambrosi di Fabriano che lo udì predicare a un quarto di miglio di distanza, ma anche dagli increduli, come alcuni settari di Forlimpopoli che si erano chiusi in una casa con le finestre sbarrate a varie miglia dal luogo dove Gaspare predicava; eppure riuscirono a sentirlo e, spinti dalla curiosità, lo raggiunsero sulla piazza dove finirono per convertirsi

In bilocazione S. Gaspare è visto predicare in piazza e confessare in chiesa contemporaneamente.

n altro dei carismi per i quali S. Gaspare andò famoso è quello della bilocazione che già si era manifestato con S. Antonio di Padova. La bilocazione consiste nel fatto di poter essere per divina concessione contemporaneamente in più luoghi. In almeno due tale prodigioso sdoppiamento che sconvolge i principi della fisica fu constatato per S. Gaspare. Nella prima a Meldola egli fu visto nello stesso tempo predicare sulla piazza della chiesa e all’interno della stessa mentre ascoltava le confessioni. Ancora più eclatante è la seconda bilocazione verificatasi non nella stessa località ma tra Spello e Roma. Infatti a Spello erano scoppiati dei contrasti tra i fratelli dell’Oratorio e Gaspare si presentò fra loro a riportare la pace, eppure in quello stesso giorno e momento egli si trovava a Roma intento di predicare.

Flagellandosi duramente S. Gaspare ottiene la conversione in extremis di un peccatore ostinato.

  1. Gaspare non indietreggiava davanti a nessun sacrificio e a nessuna sofferenza personale pur di salvare le anime. Trovandosi a San Ginesio nelle Marche venne a conoscenza che un prete del luogo si era allontanato dalla chiesa e da anni non si accostava ai sacramenti. Il sacerdote era ormai in punto di morte ma persisteva nella sua apostasia quando Gaspare gli fece visita e lo esortò alla conversione. Poiché il moribondo non volle ascoltarlo, Gaspare prese la disciplina e cominciò a flagellarsi duramente, dicendo nel frattempo: “Io mi flagello per i tuoi peccati e non smetterò fino a quando la grazia non avrà trionfato”. In effetti con l’esempio dell’autopunizione inflittasi, Gaspare riuscì a vincere le resistenze del prete che morì riconciliato con la chiesa.
  2. Gaspare benedice un barile vuoto, dopo di che la comunità ne spilla ottimo vino per quindici giorni.

Già durante la vita S. Gaspare ebbe meritata fama di taumaturgo per i numerosi prodigi da lui compiuti con il favore celeste. Un tale Michele de Mattias di Vallecorsa avrebbe voluto piantare del tabacco nel suo appezzamento di terreno, ma per fare ciò occorreva una speciale autorizzazione che egli chiese ma che non era ancora arrivata al momento della semina; così piantò del granoturco la cui resa era di minor valore e, quando questo era già cresciuto, arrivò il permesso di piantare il tabacco. Anche se era ormai troppo tardi per seminarlo, S. Gaspare gli suggerì di farlo ugualmente e in effetti il tabacco crebbe in fretta come se fossero stato piantato tempestivamente. Nella casa di S. Felice di Giano S. Gaspare operò un prodigio che ricorda quello delle nozze di Cana: infatti era venuto a mancare il vino e il santo benedisse il barile vuoto che per quindici giorni offrì dell’ottimo vino alla comunità.

Durante la messa, al momento dell’elevazione, catene d’oro partono dal calice e avvolgono S. Gaspare.

Per S. Gaspare la celebrazione della messa era un momento di particolare elevazione spirituale. Si accostava all’altare con gioia e tremore per il grande mistero che si sarebbe compiuto attraverso di lui e si compenetrava tutto nella funzione sacerdotale che lo accomunava a Cristo Sommo Sacerdote. Più volte fu rapito in estasi anche fuori della messa quando era in presenza del Santissimo Sacramento, ma soprattutto il fenomeno si verificava durante la celebrazione e in una occasione fu visto da alcuni astanti circondato da catene auree che partivano dal calice della consacrazione, proprio a simboleggiare che il sacerdote è alter Christus.

  1. Gaspare aumenta il peso delle candele dopo l’uso per la processione del Santissimo Sacramento.

In una occasione in cui S. Gaspare predicava la missione a Spello, si verificò un particolare prodigio. In quel luogo vi era l’uso per le cerimonie religiose di comperare la cera a calo, cioè i fornitori portavano un certo quantitativo di candele che venivano pesate prima della funzione e dopo, restando alla chiesa di pagare la differenza riscontrata. Dopo una lunghissima seduta di predicazione e di preghiera presieduta da S. Gaspare, fu pesata la cera avanzata che risultò essere in quantità maggiore di quando era stata pesata prima della funzione, come testimoniarono gli stessi negozianti che l’avevano fornita.

Esortato da S. Gaspare ad avere fede, il missionario amministratore trova misteriosamente la somma per pagare i debiti.
È ancora Don Biagio Valentini a ricordare che, mentre esercitava la funzione di economo nella casa di S. Felice di Giano, si trovò in difficoltà finanziarie tanto da non sapere come fare per gli acquisti e per pagare i debiti arretrati. Allora scrisse a S. Gaspare rappresentandogli i suoi problemi economici ed egli rispose che, se avesse avuto fede, avrebbe visto prodigi. Allora, alla presenza del fratello inserviente Alessandro Pontoni, Don Valentini aprì il cassetto della sua scrivania e, là dove aveva lasciato soltanto cinque paoli, la più piccola moneta dello Stato Pontificio, trovò cinque piastre nuove che gli permisero di far fronte alle esigenze finanziarie della casa.

  1. Gaspare pone sul capo di Don Beniamino Romani il suo zucchetto ed egli predica senza timore
  2. Gaspare si mostrò sempre molto caritatevole verso i suoi confratelli e spesso li aiutò in maniera prodigiosa nell’adempimento dei loro compiti. Racconta Don Beniamino Romani che fu incaricato da S. Gaspare di tenere una missione a Civitavecchia ma egli fece presente che aveva sputato sangue e che stava molto male. Allora il santo gli mise in testa il suo zucchetto e ai fianchi la sua fascia e poi gli consegnò il suo Crocifisso, assicurandolo che avrebbe potuto compiere il suo dovere. Infatti Don Romani non soltanto tenne la missione a Civitavecchia senza problemi, ma subito dopo poté tranquillamente predicare l’intero mese di maggio a Vallecorsa.
  3. Gaspare predice la morte a due giovani missionari e poco tempo dopo il fatto si avvera.
  4. Gaspare sapeva leggere nel futuro e si avvaleva di questo dono per mettere in guardia coloro che gli erano vicini in modo da renderli preparati ad ogni evenienza anche tragica. Così quando si rese conto che due giovani membri della sua congregazione avrebbero avuto vita breve e sarebbero morti presto, non volle tacere loro per un malinteso senso di pietà questo amaro destino, ma li mise sull’avviso così che, consapevoli che presto avrebbero dovuto affrontare il giudizio divino, potessero prepararsi al trapasso con la santità della vita e con la opportuna preparazione spirituale.

Ad Ariccia, un bambino che non riesce a camminare si aggrappa alle vesti di S. Gaspare mentre porta la croce e guarisce

  1. Gaspare si trovava ad Ariccia e stava portando processionalmente la croce che si era soliti piantare alle porte di un paese a ricordo della missione compiuta. Una donna con un bambino che non riusciva a camminare si accostò a Don Merlini, compagno del santo, il quale invitò il bambino a raggiungere S. Gaspare; allora il piccolo si avvicinò al santo e si aggrappò alla sua veste per sostenersi, dopo di che fu rapidamente guarito e poté camminare e correre con i suoi coetanei. Il Merlini lo rivide alcuni anni dopo e constatò che la guarigione non era stata effimera, ma definitiva.

Mentre S. Gaspare predica, un asinello di passaggio si inginocchia e costringe il padrone ad ascoltare.

Tra i prodigi verificatisi durante le missioni predicate da S. Gaspare, ve ne è uno particolarmente gustoso che successe a Castelgandolfo. Qui S. Gaspare stava predicando nella piazza gremita di folla che lo ascoltava in raccoglimento. Un contadino miscredente, conducendo un asino carico, volle attraversare la piazza incurante della predica in corso. Allora l’asino si inginocchiò davanti a Gaspare e, nonostante le nerbate e le imprecazioni del padrone, non volle rialzarsi se non quando la predica fu terminata per cui, volente o nolente, l’incredulo dovette ascoltare le parole del Santo.

  1. Gaspare più volte va in estasi contemplando il Crocifisso
  2. Gaspare fu dotato del dono dell’estasi tipico dei grandi mistici: estasi è una parola greca che alla lettera significa fuorì di sé nel senso che l’esperienza estatica conduce chi la prova al di fuori del regno dei sensi in un’intima unione con Dio. Gaspare ebbe più volte questa esperienza, sia durante la celebrazione della messa, sia nella contemplazione del Crocifisso e nella riflessione sulle sofferenze e sulle piaghe di Gesù. Il santo, che aveva voluto intitolare la sua fondazione al Preziosissimo Sangue, non poteva non immedesimarsi nel Cristo sofferente al punto da essere rapito in estasi nel contemplarne l’immagine. In vari episodi dopo la predica si cercò S. Gaspare e lo si trovò in estatica contemplazione del Crocifisso o in adorazione del SS. Sacramento, incurante di ogni richiamo esterno.

A Veroli S. Gaspare viene toccato nelle vesti da una donna affetta da emorragia e lei guarisce.

Tra i vari miracoli attribuiti a S. Gaspare ancora in vita ve ne è uno che ne fa una sorta di figura cristologia perché ripete il gesto di Gesù che guarisce l’emorroissa. Nel marzo 1830 il santo si trovava a Veroli impegnato nella sua solita attività di predicazione della sacra missione e già godeva fama di taumaturgo perché la voce popolare riportava da una bocca all’altra la notizia dei prodigi da lui operati. Una donna che soffriva da tempo di ricorrenti emorragie, avendo fede nella sua potenza taumaturgica, gli si accostò e toccò la sua veste riportando la guarigione dal suo male.

Dal confessionale S. Gaspare chiama un uomo che attende il suo turno, dopo la confessione il penitente muore.

  1. Gaspare era dotato del dono della preveggenza e in particolare poteva leggere negli altri i segni della morte imminente. Nell’agosto del 1832 predicava la missione a Sermoneta e, oltre al ministero della parola, non mancava di esercitare anche quello della penitenza nel confessionale. Un giorno, mentre una fila di persone attendeva di essere confessata da lui, Gaspare uscì dal confessionale e fece cenno ad un uomo che attendeva quasi in fondo alla fila di avvicinarsi scavalcando quelli che lo precedevano. L’uomo si confessò e, poco dopo aver ricevuto l’assoluzione, si sentì male e morì nella chiesa stessa. Gaspare lo aveva previsto e aveva voluto che quell’uomo si confessasse subito perché potesse morire riconciliato con Dio.

Mettendosi in ginocchio e mostrando il Crocifisso, S. Gaspare convince una donna a perdonare l’uccisore della figlia.

I prodigi compiuti da S. Gaspare non riguardarono soltanto il campo della materia, come le guarigioni o le moltiplicazioni del vino, della cera e del denaro, ma anche il regno dello spirito. Così grande era la sua influenza sugli animi che riusciva nella riconciliazione anche là dove si sarebbe creduto umanamente impossibile. È il caso che si verificò a Zagarolo nel 1833: qui un giovane aveva ucciso una ragazza che lo aveva respinto e, una volta in carcere, si era pentito e aveva implorato il perdono dalla madre di lei che si ostinava comprensibilmente a rifiutarglielo. S. Gaspare, venuto a conoscenza del tragico episodio, si prese a cuore la causa del giovane assassino e con calde e appassionate parole riuscì a convincere la madre della ragazza uccisa a concedergli il perdono invocato.

A Forlimpopoli un sicario è mandato a pugnalare S. Gaspare, ma alla sua presenza il pugnale gli cade di mano.

L’attività apostolica guadagnò a San Gaspare l’affetto e la venerazione dei buoni e dei convertiti ma, al tempo stesso, l’odio degli irriducibili nemici della Chiesa che più volte cercarono di eliminarlo fisicamente così come i suoi avversari all’interno dell’istituzione ecclesiastica avevano cercato di alienargli la benevolenza dei Papi e di ridurlo quindi al silenzio. Secondo quanto ricordato da Don Valentini, a Forlimpopoli si verificò un attentato alla vita di Gaspare quando un facinoroso sicario, inviato da Forlì, lo avvicinò tentando di pugnalarlo. Non appena alzò il braccio per vibrare il colpo fatale, il malvivente sentì una forza irresistibile che gli immobilizzò l’arto facendo cadere a terra il pugnale. Allora l’uomo pentito si gettò ai piedi del Santo invocando il suo perdono.

  1. Gaspare non svela il segreto della confessione a un nobile, indignato l’uomo spara ma la pallottola cade a terra senza ferirlo.

Un altro attentato alla vita di San Gaspare si verificò a Todi: qui un ricco possidente voleva scoprire se un suo fattore era disonesto e, saputo che era andato a confessarsi dal Santo missionario, si recò da lui e gli chiese di rivelargli che cosa il fattore avesse detto in confessione. Naturalmente Gaspare si rifiutò con fermezza di cedere alla sacrilega richiesta di violare il sacro sigillo della confessione. Allora l’uomo infuriato trasse la pistola e gli sparò un colpo a bruciapelo ma la pallottola, anziché compiere la sua normale traiettoria rettilinea e colpire il Santo al petto dove era stata diretta, si incurvò miracolosamente e finì inoffensiva ai suoi piedi.

  1. Gaspare muore a Roma il 28 dicembre 1837, al suo capezzale San Vincenzo Pallotti vede la sua anima salire a forma di stella.

Nell’estate del 1837 l’epidemia di colera attaccò Roma e San Gaspare, che si trovava ad Albano e versava egli stesso in precarie condizioni di salute, si precipitò nella città eterna per portare il suo soccorso materiale e spirituale alla popolazione colpita dal terribile morbo. Lo si vide andare di casa in casa, trascinandosi a stento, per portare cibo e medicine e soprattutto una parola di conforto e i Sacramenti ai moribondi. Da parte sua il Papa aveva indetto processioni e riti propiziatori e un ciclo straordinario di predicazioni e a Gaspare fu assegnato il pulpito della chiesa nuova dove, pur con mille difficoltà di locomozione, una volta presa la parola ritrovava il suo ardore apostolico, infiammando l’uditorio. Il medico gli ordinò di tornare ad Albano, ma anche qui le sue condizioni non migliorarono e all’arrivo della cattiva stagione il Cardinale Franzoni, protettore della Congregazione, lo indusse a tornare a Roma. A Natale ebbe in dono un presepe di carta dalle suore di Sant’Urbano e se lo fece collocare sul cassettone davanti al suo letto. Al suo capezzale accorsero l’antica amica Suor Maria Tamini, Don Merlini giunto da Albano alla notizia dell’aggravarsi della situazione, e San Vincenzo Pallotti e tra questi amici San Gaspare si spense santamente il 28 dicembre 1837.

La salma di S. Gaspare viene esposta nella chiesa dei missionari ad Albano e si verificano varie guarigioni.

Dopo le esequie nella chiesa di S. Angelo in Pescheria, la salma di S. Gaspare fu portata ad Albano dove voleva essere sepolto. Qui essa fu esposta al pubblico il 1 gennaio 1838 e subito una folla inverosimile giunta da tutti i castelli romani invase Albano per rendere l’ultimo saluto al santo. Tra questi accorsero molti ammalati nella speranza della guarigione e non pochi restarono sanati dalla sua intercessione: Raimondo Marazzi fu liberato da febbri perniciose, un bambino muto e paralitico si mise a correre gridando di gioia, Orsola Pietrangeli guarì dell’affezione ad una guancia, Orsola Mezzani dalla cefalea, un giovane di Albano dalla sifilide e lo scalpellino che doveva sistemare la tomba fu sanato dai dolori reumatici che lo affliggevano. A 7 giorni dalla morte il corpo di S. Gaspare appariva incorrotto e si pensò che fosse stato imbalsamato: fu esaminato da una commissione medica che escluse qualsiasi manipolazione. Infine fu sepolto nella chiesa della congregazione in Albano ai piedi dell’altare di S. Francesco Saverio secondo le sue indicazioni.

Nel 1838 per intercessione di S. Gaspare Ottavio Lo Stocco guarisce da gravi infermità.

Prima delle riforme introdotte da Giovanni Paolo II nei processi per le cause dei santi, occorreva la constatazione di due miracoli per procedere alla beatificazione di un servo di Dio. Durante il processo riguardante Gaspare del Bufalo furono accertate due guarigioni inspiegabili dal punto di vista clinico. La prima concerne Ottavio Lo Stocco di Lenola e si verificò l’anno successivo alla morte di S. Gaspare. Ottavio era nato assai gracile e debole soprattutto di petto; il mestiere di pastore non aveva certo contribuito ad alleviare le sue condizioni e nel 1838 si trovava nello stadio terminale della tubercolosi come era stato accertato dai più illustri medici del tempo. Il parroco di Lesola, dopo aver visto che il povero giovane sputava addirittura pezzi di polmone, lo esortò a rivolgersi con fiducia a Gaspare e, dopo aver riunito in preghiera la famiglia, fece inghiottire a Ottavio una reliquia del servo di Dio. Il giovane passò una notte tranquilla senza tossire e al mattino si alzò dal letto e il medico chiamato a visitarlo, lo trovò completamente risanato.

Nel 1881 S. Gaspare appare a Clementina Masini toccandola nella parte malata con lo sbordone ed ella guarisce.

Il secondo miracolo che contribuì alla beatificazione di Gapare del Bufalo ebbe come protagonista Clementina Masini e si verificò nel 1861 ad Albano: Clementina era stata colpita da peritonite essudativa cronica che negli ultimi tempi era divenuta acuta e seguita da infezione purulenta del peritoneo con perforazione delle pareti addominali. I medici si dichiararono impotenti di fronte al male e, poiché la poveretta emanava un insopportabile fetore a causa della purulenza, fu anche abbandonata dai familiari. Ridotta alla disperazione si fece condurre nella chiesa di S. Paolo dei Missionari del Preziosissimo sangue e si sdraiò sulla tomba di Gaspare trovando immediato sollievo al dolore. Nella notte del 21 gennaio 1861 Gaspare le apparve e la toccò sul ventre con il suo sbordone assicurandola della guarigione. Clementina si assopì e al mattino si risvegliò risanata.

Nel 1919 Francesco Campagna ottiene la guarigione invocando la grazia al passaggio della statua di S. Gaspare in processione.

Dopo la beatificazione, prima di poter addivenire alla canonizzazione di un beato, occorreva la prova di altri due successivi eventi prodigiosi e, nel caso di Gaspare del Bufalo che era stato proclamato beato nel 1904, il primo di questi si verificò nel 1929. A Campoli Appenninico il B. Gaspare era molto venerato e ogni anno la sua festa veniva celebrata con una solenne processione. In quel paese viveva il giovane Francesco Campagna che era stato colpito da broncopolmonite e meningite tanto che i medici avevano preannunciato la sua fine imminente. Il 19 maggio il giovane appena ventenne, sentendo la processione del beato passare sotto le sue finestre, si sottrasse alla stretta dei parenti che lo assistevano e si slanciò sul balcone implorando la grazia dal B. Gaspare con una invocazione alla quale fece eco tutto il popolo. Ricondotto a letto Francesco si addormentò e al risveglio si trovò guarito.

Nel 1934 S. Gaspare appare alla morente Orsola Bono dicendole “Coraggio, fra poco sarai guarita”.

Il secondo dei miracoli attribuiti al B. Gaspare e attestati nel processo che condusse alla sua canonizzazione avvenne a Sezze Romano nel 1934 ed ebbe come beneficiaria una vedova, Orsola Bono, madre di due suore Adoratrici, di un sacerdote e di un allievo della congregazione del B. Gaspare. Nel gennaio del 1934 fu diagnosticato ad Orsola un tumore addominale che i medici dell’ospedale romano del Littorio dichiararono inoperabile perché troppo avanzato, rimandando la poveretta a morire nella sua casa. Ormai non poteva ingerire neppure sostanze liquide ed era quasi completamente paralizzata. Nella notte fra il 23 e il 24 maggio le apparve un sacerdote che sulle prime scambiò per il figlio, ma l’apparizione le disse: “Non sono Don Francesco, ma il B. Gaspare. Coraggio, fra poco sarai guarita”. Al mattino infatti la donna si trovò perfettamente sana.

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