«TEORIA DELL’INVOLUZIONE CLERICALE»: DA SAN PIO X A PIO XII?

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L’EDITORIALE DEL VENERDI

di Arai Daniele

LIBRO DI ARAI

Al meditare la frase di Gesù “Quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?” (Lc 18, 8), ci si trova davanti a due certezze. Infatti, essa rimanda al tempo della fine di un mondo e alle difficoltà crescenti, che si potrebbe dire fatali, per la sopravvivenza di quella fede per cui l’uomo è stato creato.

Tra queste difficoltà vi sono le persecuzioni fisiche previste da Gesù a causa della fede: “vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del Mio Nome. Molti ne resteranno scandalizzati, ed essi si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà sino alla fine, sarà salvato” (Mt 24 9-13).

Inoltre San Paolo, istruito direttamente da Gesù, insegnò che prima della fine “dovrà avvenire l’apostasia” (2 Ts 2,3) ovvero l’abbandono della fede che aprirà alla scalata dell’uomo del peccato nel Luogo Santo, per l’inganno finale nella Sede della Fede, che oggi viviamo. Ecco allora che il tempo finale riguarda il mondo e ciascuno. È la ragione perché Gesù vuole provare la perseveranza nella fede viva, quella fede pura e integra che ci è stata infusa con il Suo Sacrificio di Amore; quella che dovrebbe far superare le tentazioni terrene e non far scoraggiare dalle tribolazioni e persecuzioni.

Per quanto riguarda il mondo, però, si tratta del tempo della Sua Chiesa, retta dai Suoi Vicari nei labirinti delle storiche insidie, che si rivelarono sempre più ingannatrici. E qui siamo alla storia del Papato degli ultimi cent’anni, che la Provvidenza divina ha fatto in modo che iniziasse con lo straordinario governo di San Pio X, per l’estrema occasione d’istaurare tutto in Cristo in un mondo infettato del peggior liberismo.

Quale il problema cruciale in cui si trovavano allora la Chiesa e la Cristianità? Si trattava del «riflusso» religioso in dimensione planetaria a causa dell’avanzata della scienza e della tecnologia, infondendo l’illusione di una piena emancipazione umana in rapporto ad ogni limite materiale. La sete di libertà raggiungeva dimensioni inusitate in rapporto alle rivoluzioni radicali precedenti, perché colpiva perfino la residuale morale comune a tutti i popoli, da sempre legati almeno a dei pensieri religiosi.

Rimaneva la sola vera barriera dell’influenza del Cattolicesimo, una volta preminente nel mondo. Era essa che doveva essere minata, già dall’interno col liberalismo clericale, per essere finalmente abbattuta dal laicismo massonico. Per farlo tutte le ideologie del mondo si sono messe d’accordo con rivoluzioni e guerre totali, culturali come militari.

Come si è comportato allora il mondo clericale per difendere la Chiesa? Si è diviso, anche se in apparenza sembrava sottomesso all’unità rappresentata dal Papa. Le spinte affinché tutti accogliessero le libertà offerte dal «progresso moderno» erano immani. Perciò pur l’intellighenzia clericale si dava da fare per giustificare il cambio come è successo già nel tempo di Gregorio XVI col prete liberale Lamennais.

Ecco la questione del rapporto col «nuovo mondo» che si è inserita di forza in quel macroscopico «riflusso» nella missione spirituale cattolica per pareggiarla ad altri servizi di assistenza sociale. Già sotto Pio IX, quando la rottura civile dello Stato con la Chiesa è stata consumata con l’invasione di Porta Pia, il Papa aveva anticipato i rischi della divisione sui principi della sovranità Cattolica col «non expedit» nel piano politico, e con le «opere dei Congressi» nel campo sociale.

Oggi si sa che Pio IX già temeva cedimenti liberali del successore, prevedendo che sarebbe il brillante cardinale Pecci, futuro Leone XIII. Infatti, questo Papa, nonostante sia l’autore di tanti documenti di prim’ordine, iniziò un tempo di nuove visioni sociali e strane alleanze diplomatiche, secondo il pensiero del discusso cardinale Rampolla, il suo potente Segretario di Stato. La bilancia pendeva verso le prime aperture al mondo.

Dopo questo lungo Pontificato, quando si addensarono una serie di problemi politici e dottrinali, eccoci agli ultimi cent’anni, quando la Provvidenza divina ha suscitato San Pio X, per l’estrema occasione d’istaurare tutto in Cristo in un mondo infettato dal peggior liberismo. Ma il processo era ormai troppo avanzato in tutti i campi e la Chiesa minata dal modernismo micidiale nutrito dal «nuovo mondo».

Nella questione col governo massonico francese, che portò alla rottura e alla perdita del patrimonio ecclesiale, si è visto che l’intransigenza cattolica di San Pio X indicava una «politica» di resistenza nella Fede, malgrado le perdite nel campo civile. Alla questione posta dall’Arcivescovo di Parigi sul guaio di rimanere senza una sede, il Papa rispose, vuol dire che là dovremmo inviare un Francescano, capace di sopravvivere nella povertà!

L’importante era salvare l’essenziale per la Fede senza compromessi, ma nella piena consapevolezza che, se da un lato il Culto doveva rimanere incontaminato, dall’altro era inevitabile convivere in società dove dominavano errori ed eresie, per cui s’imponeva una posizione di tolleranza, in modo da evitare il male maggiore di conflitti insanabili.

Era il nuovo dilemma storico della civiltà Occidentale in via di celere scristianizzazione. Quale la posizione da assumere di fronte a tale vasta e cruciale apostasia generale? Si è visto dopo la scomparsa di San Pio X con ammorbidimento delle misure antimoderniste in vista di una convivenza che richiedeva – pensavano – un aggiornamento del concetto di «tolleranza» verso gli errori ideologici e le altre religioni.

Quest’attitudine clericale sempre più diffusa ha avuto i suoi alti e bassi poiché i Papi, attenti a non lasciare che il nuovo concetto di tolleranza potesse riguardare la Dottrina, hanno pubblicato importanti documenti magisteriali denunciando a chiare lettere, per esempio il «pan-cristianesimo» ecumenista (Mortalium animos) e la «nuova teologia» (Humani generis), che volevano rimanessero condannate.

Dopo la morte dell’ultimo Papa cattolico, Pio XII, con la «sparizione» per un tempo del Papato, è avvenuta l’inversione mascherata di tali condanne del modernismo ecumenista secondo la nuova teologia e altro, fino alla «libertà religiosa», che non più allargava il concetto di tolleranza, ma addirittura lo aboliva, perché visto come discriminatorio.

Il momento di questo collasso epocale è stato testimoniato da Mgr Marcel Lefebvre, in una delle riunioni preparatorie degli schemi per il Vaticano 2, nella famosa discussione tra il Cardinale Ottaviani e il card. Bea, appena scelto da Giovanni 23 per organizzare il «Segretariato per l’unità dei cristiani», presto divenuto, non solo più importante dell’antico Sant’Uffizio per l’integrità della Fede, ma per aprire all’«unità» con tutte le fedi!

Come si può capire, qui non si tratta nemmeno più di parlare di una «involuzione clericale», ma di un collasso nella Fede. Perciò, resto sulla questione del tempo che va da San Pio X ai Papi cattolici successivi per quanto riguarda il concetto di «tolleranza» e convivenza nella società scristianizzata. In tal senso vediamo il discorso di Pio XII ai Giuristi «Ci riesce» (6.12.53), che sollevò dubbi e aprì la via all’inversione conciliare.

«Al principio di ottobre, un altro Congresso di giuristi si riuniva nella Nostra residenza estiva, quello del Diritto penale internazionale. Il vostro «Convegno» ha bensì un carattere nazionale; ma l’argomento, che esso tratta: «nazione e comunità internazionale», tocca di nuovo le relazioni fra i popoli e gli Stati sovrani. Non per caso si moltiplicano i Congressi per lo studio delle questioni internazionali, scientifiche, economiche e anche politiche. Il fatto manifesto che i rapporti fra gl’individui appartenenti a diversi popoli e tra i popoli stessi crescono in estensione e in profondità, rendono ogni giorno più urgente un regolamento delle relazioni internazionali, private e pubbliche, tanto più che questo mutuo avvicinamento è determinato non soltanto dalle possibilità tecniche incomparabilmente aumentate e dalla libera scelta, ma altresì dalla più penetrante azione di una legge immanente di sviluppo. Si deve dunque non reprimerlo, ma piuttosto favorirlo e promuoverlo.»

Si costata qui l’intenzione del Papa di non lasciare più che la Chiesa Cattolica rimanesse a margine delle questioni internazionali involvendo vari popoli, come accade all’alba degli eventi della I Grande Guerra, quando l’emarginazione del Vaticano fu stipulata nell’adesione dell’Italia all’alleanza con l’Inghilterra e la Francia e poi nella formazione di quella prima «Società delle Nazioni». Eppure, ciò avrebbe comportato la convivenza, che è più che tolleranza, con i principi delle iniziative di marchio massone e illuminista, che culminarono poi nell’ONU. Questa è nata alla fine della II Grande Guerra, il 24 ottobre 1945, con l’entrata in vigore dello «Statuto delle Nazioni Unite» e ha avuto l’adesione di 193 stati su un totale di 205 del mondo, tranne lo Stato Vaticano, che poi ha ottenuto lo status di Osservatore Permanente come Stato non membro; status non diverso da quello concesso nel 2012 allo «Stato di Palestina».

Torniamo a Papa Pacelli: “In questa opera di ampliamento le Comunità degli Stati e dei popoli, sia che già esistano, sia che non rappresentino ancora se non uno scopo da conseguire e da attuare, hanno naturalmente una particolare importanza. Sono comunità, nelle quali Stati sovrani, vale a dire non subordinati a nessun altro Stato, si uniscono in una comunità giuridica per il conseguimento di determinati scopi giuridici. Sarebbe dare una falsa idea di queste comunità giuridiche, se si volesse paragonarle ad imperi mondiali del passato o del nostro tempo, in cui stirpi, popoli e Stati vengono fusi, volenti o nolenti, in un unico complesso statale. Nel caso presente invece gli Stati, rimanendo sovrani, si uniscono liberamente in una comunità giuridica”.

Strano a dirsi, il Papa in seguito nega che sia utopica la “instaurazione di una comunità giuridica di Stati liberi. Tali conflitti sono stati troppa spesso provocati dalla volontà di soggiogare altre Nazioni e di estendere il campo della propria potenza, ovvero dalla necessità di difendere la propria libertà e la propria esistenza indipendente. Questa volta, al contrario, precisamente la volontà di prevenire minacciosi dissidi spinge verso una comunità giuridica supernazionale; le considerazioni utilitarie, che certamente hanno anch’esse un notevole peso, sono dirette verso opere di pace; e infine, forse appunto l’avvicinamento tecnico ha risvegliato la fede, latente nello spirito e nel cuore degli individui, in una comunità superiore degli uomini, voluta dal Creatore e radicata nell’unità della loro origine, della loro natura e del loro fine.”

Tale discorso può servire a tutti anche senza la Fede cristiana universale di un solo Dio; anche alla Massoneria e al Giudaismo; prega un’unione mondiale in un nuovo ordine secondo il «Consiglio Mondiale delle Chiese», aliena alla Verità assoluta nel Suo Verbo Gesù Cristo e della Sua Chiesa; sembra proprio un «discorso conciliare».

Da questo discorso si è passati ad ogni estrapolazione conciliare. E l’ONU ha avuto la visita dei «papi conciliari», a partire di Paolo 6º, andatovi per annunciare l’adesione della sua chiesa al principio della «libertà di religione e di coscienza», d’accordo con i loro statuti. Dopo di lui Wojtyla è intervenuto in due occasioni ed è stato festeggiato dall’UNESCO. Poi Ratzinger è stato il terzo a intervenire alle Nazioni Unite, salutato dal Segretario Generale, secondo il concetto che “l’Onu è un’istituzione laica ma il lavoro dei suoi uomini è motivato dalla fede”. Quale fede? Quella riversa alla pietra nera del Dio unico della Sala di meditazione.

Da parte loro i «papi conciliari» riconoscono “il diritto dell’Onu a intervenire a tutela delle popolazioni”, una missione che l’accomuna con il ruolo della Chiesa cattolica nel mondo e “il diritto a vivere pubblicamente la propria fede” (o nessuna). È vero che vi fu anche il duro monito contro una ricerca scientifica che rischia di mettere in discussione “l’ordine della creazione”, minacciando il “carattere sacro della vita” e arrivando a “derubare la persona umana e la famiglia della loro identità naturale”. Sono passaggi dell’intervento di Benedetto 16 all’Assemblea generale dell’ONU in occasione del 60 anniversario e perciò in vista della «Dichiarazione dei diritti dell’uomo».

Per il relativismo illuminista tutte queste belle parole, sul diritto alla propria fede, all’ordine della creazione e al carattere sacro della persona umana e della famiglia nella loro identità naturale, hanno un valore vago senza definire il fine per cui siamo stati creati; è come la decantata fraternità che riguarda solo i figli, senza il Padre comune. Non per queste visite, però, l’ONU ha risparmiato accuse e condanne al Vaticano per delitti di pedofilia clericale, ancora pendenti, di cui detto Vaticano è bersaglio prelibato!

La radicale discontinuità tra Pio XII e i conciliari sta nel fatto che questi non potrebbero ripetere tutto questo discorso: «Per il giurista, l’uomo politico e lo Stato cattolico sorge qui il quesito: possono essi dare il consenso ad un simile regolamento, quando si tratta di entrare nella Comunità dei popoli e di rimanervi? Ora relativamente agl’interessi religiosi e morali si pone una duplice questione : La prima concerne la verità oggettiva e l’obbligo della coscienza verso ciò che è oggettivamente vero e buono; la seconda riguarda l’effettivo contegno della Comunità dei popoli verso il singolo Stato sovrano e di questo verso la Comunità dei popoli nelle cose della religione e della moralità. La prima può difficilmente essere l’oggetto di una discussione e di un regolamento fra i singoli Stati e la loro Comunità, specialmente nel caso di una pluralità di confessioni religiose nella Comunità medesima. La seconda invece può essere della massima importanza ed urgenza.

«Or ecco la via per rispondere rettamente alla seconda questione. Innanzi tutto occorre affermare chiaramente: che nessuna autorità umana, nessuno Stato, nessuna Comunità di Stati, qualunque sia il loro carattere religioso, possono dare un mandato positivo o una positiva autorizzazione d’insegnare o di fare ciò che sarebbe contrario alla verità religiosa o al bene morale. Un mandato o una autorizzazione di questo genere non avrebbero forza obbligatoria e resterebbero inefficaci. Nessuna autorità potrebbe darli, perché è contro natura di obbligare lo spirito e la volontà dell’uomo all’errore ed al male o a considerare l’uno e l’altro come indifferenti. Neppure Dio potrebbe dare un tale positivo mandato o una tale positiva autorizzazione, perché sarebbero in contraddizione con la Sua assoluta veridicità e santità.»

Si critica un Papa segnalando contraddizioni in un suo discorso, per esempio sulla questione della tolleranza e convivenza con i principi dell’ONU, che lo espongono contro se stesso? O se promuove quei chierici disposti con il loro modernismo velato ad accogliere quanto è stato condannato dalla Chiesa? Si può dire che Pio XII non conosceva l’eredità che lasciava avendo pronunciato a punto di morte la frase; dopo di me il diluvio?

E diluvio è stato, perché dalla sua «tolleranza» per evitare un male maggiore, si è passati all’immensa simpatia espressa nel discorso di chiusura del Vaticano 2 da Paolo 6º verso quelli della religione dell’uomo che si fa dio. Ora, niente è più reale del fatto che l’errore che non si reprime si conferma e si espande fino a essere l’errore a reprimere la verità. A questo punto, però, non si tratta più d’involuzione clericale, ma della proliferazione dell’altra specie maligna e mostruosa degli «anticristi a Roma» (cfr. Mgr Lefebvre)!

 

 

 

 

2 Risposte

  • Tra i giustissimi concetti che il valente Arai esprime, va fatta notare, con sottolineatura, la constatazione che il Mondo non si fa affatto intenerire dalle moine della Chiesa Apostatica Conciliare. Più i vaticansecondorum calano brache e tonache, più i padroni del vapore secolare li bastonano . Scuse e richieste di perdono non bastano mai; mai sono sufficientemente esecrate le “malefatte” storiche, compiute sempre e solo dalla Chiesa precinquatottina. Questi “pastori” di abiezione raggiungono abissi di disonore che soltanto il più profondo degli inferni potrà punire adeguatamente.

  • Ovvio, Signor Abbà: i traditori sono disprezzati anche e sopratutto da coloro che beneficiano del tradimento.

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