Il ricatto di Erdogan: stop ai profughi in cambio dell’entrata in Ue

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ERDO CAN

Segnalazione Quelsi

by Pietro Torri

Alcuni commentatori politici hanno affermato che Erdogan è un ottimo tattico ma un pessimo stratega ed al momento, a guardare gli avvenimenti degli ultimi mesi, sembra proprio sia così.  L’abbattimento del cacciabombardiere russo non ha, almeno per adesso, sortito gli effetti sperati. Se l’idea del Presidente Turco era quella di scardinare la strana alleanza che si è creata tra Hollande e Putin si può dire che, per adesso, è fallita. La Turchia ha ricevuto una solidarietà poco più che rituale dagli alleati e la stessa NATO, convocata in riunione straordinaria, si è preoccupata più di lanciare appelli alla calma che di stigmatizzare la violazione dello spazio aereo turco da parte dei russi, violazione oltretutto avvenuta per una manciata di chilometri.

L’unica voce discordante è quella della amministrazione statunitense che ha sposato la tesi della Turchia, ma il presidente Obama non ha mai dato prova di brillare quanto a fiuto in politica estera. Con questo gesto Erdogan ha solamente inasprito gli attriti con Mosca, con la non secondaria conseguenza di mettere a rischio i propri aerei durante gli sconfinamenti sui cieli della Siria, perché gli aerei russi ora volano con a bordo anche missili per la difesa aerea e non avranno remore ad usarli.

Dove invece la tattica di Erdogan ha funzionato è nei confronti della Unione Europea. Dopo le elezioni di giugno, perse per un soffio, ha utilizzato qualsiasi mezzo per riconquistare la maggioranza assoluta e screditare il partito curdo HDP che, per la prima volta, aveva superato la soglia di sbarramento ed era riuscito ad avere una rappresentanza parlamentare. Per prima cosa, dopo l’attentato del luglio scorso a Suruc, a detto di volersi unire alla coalizione che combatte l’ISIS. In realtà ha iniziato una compagnia di bombardamenti mirata a colpire prevalentemente le forze curde del PKK, che nell’ottica di Ankara sono più pericolose del califfato, bombardamenti che sono continuati anche dopo l’attentato suicida avvenuto ad Ankara il 10 ottobre. Una vera e propria strage, che ha provocato più di cento morti, durante una manifestazione indetta da sindacati, organizzazioni di sinistra e i filocurdi del partito HDP proprio per chiedere al governo di fermare i bombardamenti contro le posizioni del Pkk e di tornare alle trattative di pace.

Ma Erdogan non si è limitato a rinfocolare la guerra contro i curdi per fare leva sullo spirito nazionalista dei turchi. Per essere sicuro di vincere le elezioni ha anche colpito con durezza il mondo dell’informazione riconducibile all’opposizione, con arresti di giornalisti, oscuramento di canali satellitari e la chiusura, a quattro giorni dal voto, di due reti televisive legate al suo acerrimo nemico Fethullah Gulen.

Tutto questo è potuto accadere nel totale disinteresse dell’Unione Europea e se questo è successo è perché Erdogan ha attuato un vero e proprio ricatto. Sarà forse un caso ma c’è una strana coincidenza temporale tra la sconfitta alle elezioni di giugno e l’aumento esponenziale di profughi che si sono riversati sulle isole greche partendo proprio dalla Turchia. Il Governo turco ha allentato i controlli ai campi profughi ed alle frontiere e questo è bastato perché decine di miglia di persone si riversassero sulle coste greche, cominciando a risalire i Balcani per entrare nella UE.

La reazione europea è stata, come al solito, in ordine sparso. Alcune nazioni, come l’Ungheria, hanno cominciato a blindare i confini per cercare di arginare il flusso proveniente dai Balcani mentre la Merkel, in un sussulto di umanitarismo, ha detto che avrebbe accolto qualsiasi profugo proveniente dalla Siria, derogando al Trattato di Dublino. Peccato che le buone intenzioni siano durate lo spazio di un mattino perché, di fronte ad una massa che sembrava inarrestabile, il Governo tedesco ha dovuto in pratica chiudere nuovamente le frontiere il 14 settembre, sospendendo temporaneamente Shengen.

A questo punto alla signora Merkel, pressata da una opinione pubblica che non era più quella che applaudiva i profughi alla stazione di Monaco, è rimasto poco altro da fare se non cedere al ricatto del Sultano. Il 18 ottobre si è recata in tutta fretta da Tayyip Erdogan ed ha promesso l’appoggio della Germania per accelerare l’adesione alla UE, oltre a consistenti aiuti economici dall’Unione stessa per aiutare la Turchia nella gestione dei campi profughi. Ed infatti Bruxelles si è impegnata a dare al premier Ahmet Davutoglu tre miliardi di euro, oltre a riaprire una serie di capitoli nel negoziato di adesione della Turchia alla Ue, bloccati da anni per il veto franco-tedesco.

In pratica Erdogan si è comportato come fece Gheddafi, che si accordò con il governo italiano, per fermare il flusso di immigrati clandestini che attraversavano il Mediterraneo per raggiungere l’Italia. L’ex dittatore si impegnò a controllare le coste per impedire le partenze dei barconi, ottenendo in cambio svariati miliardi di euro di investimenti in infrastrutture, attuando un vero e proprio ricatto in stile mafioso. Da un dittatore, ancorché in disarmo, come l’ex Rais libico ci si poteva aspettare un atteggiamento del genere. Quello che non è certo tollerabile è che l’atteggiamento che utilizza come merce di scambio i profughi ospitati in Turchia venga tenuto da parte di una nazione che vorrebbe entrare nell’Unione Europea.

Pietro Torri | dicembre 1, 2015 alle 5:14 pm | Categorie: MondoPolitica ed Economia | URL:http://wp.me/p3RTK9-aor

 

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