MEDITAZIONE SULLA IIª DOMENICA DI AVVENTO

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Risultati immagini per II domenica di avventodi Fra Leone da Bagnoregio

In mezzo ai dolori e alle tribolazioni della vita, l’uomo trova le consolazioni solo nel Signore, perché la vera consolazione che possiede lo spirito è quando si sente aleggiare intorno le ombre della morte e delle tenebre.
Dopo Bethleem ed il presepio si intravede già il Golgota con la Croce, fonte di ogni consolazione, che da lontano fa la sua apparizione sulla pacifica campagna d’Efrata dove ha fatto la sua prima apparizione il Verbo incarnato. La vera consolazione nelle tribolazioni, invero, è soltanto la croce e chi vuole sfuggirla la ritroverà senza però l’aiuto del Signore. Questo la Chiesa lo ha pure manifestato ponendo proprio la Santa Messa stazionale in Santa Croce in Gerusalemme, nella Basilica Sessoriana, proprio dove sono custodite le sante reliquie della passione di Nostro Signore.
L’introito tratto dal profeta Isaia XXX e dal salmo 79 nel quale si prega il Signor di rivelarsi alle fedeli tribù di Israele: “O popolo si Sion, ecco che il Signore verrà a salvar le nazioni; il Signore farà udire la sua gloriosa voce nell’esultanza del vostro cuore. O Pastore di Israele, ascolta; tu che guidi Giuseppe come un gregge”.
Chi è questo popolo di Sion è la Gerusalemme celeste ed il nuovo Israele, sono tutte le nazioni che hanno accolto Nostro Signore Gesù Cristo. Siamo noi stessi che dobbiamo accogliere nel nostro cuore il Salvatore che sta per rivelarsi per assumere la carne umana che era stata corrotta dal peccato. Nostro Signore il Logos, la assume però senza il peccato egli si è piegato sino a noi salvo nel peccato, come insegna l’Apostolo delle genti.
L’orazione si ispira al famoso grido di San Giovanni Battista: “Preparate le vie al Signore” infatti così recita: “Eccita, Signore, i nostri cuori a preparare le vie del tuo Unigenito, affinché per la sua venuta meritiamo di servirti con mente purificata”. La figura del Battista è al centro dell’ufficio della Messa di questa domenica d’Avvento, di cui parleremo poi nella lettura evangelica. Questa preparazione consiste nella nello spirito di contrizione che purifica l’anima e consente di ubbidire ai precetti divini non solo formalmente, ma con il cuore aperto alla parola e all’insegnamento divino.
L’Epistola è presa dalla Lettera di San Paolo ai Romani, una delle lettere più forti dell’Apostolo in cui indica la missione del Redentore. All’inizio San Paolo parla della consolazione che ha come alimento le Sacre Scritture ed è fonte inesauribile di speranza per il cuore del fedele che vuole seguire Nostro Signore Gesù Cristo. Questa speranza è il sostegno, tolto il quale gli uomini precipitano sfrenatamente nel peccato e nei vizi.
Citando il profeta Isaia che è il profeta tipico dell’Avvento Nostro Signore è il governatore di tutte le nazioni sia della progenie carnale di Abramo i Giudei che di quella spirituale che sono i Gentili.
Questa umanità barcollante composta dai Giudei e dai Gentili è diventata, insegna San Paolo, una sola nazione la nazione di Cristo che è la Chiesa Cattolica e per la virtù della speranza ci sarà pace nei cuori degli uomini e delle nazioni solo credendo in lui.
Il Graduale è tolto dal salmo 49 che descrive con colori forti la seconda venuta del Signore nella “Parusia” come giudice circondato dalle schiere dei suoi santi al quale ognuno dovrà rendere conto delle sue azioni.
“Da Sion apparirà lo splendore della sua bellezza; Dio verrà in modo manifesto. Radunate attorno a lui i suoi santi che sancirono con sacrifici la sua alleanza”. Vi è sempre durante l’Avvento questa comparazione tra le due venute di Nostro Signore, quella di Gesù infante nella grotta di Bethleem e la venuta finale nella quale giudicherà i vivi e i morti.
Il versetto alleluiatico deriva dal salmo 121, che è uno tra i salmi più colmi di significato, che meriterebbe un commento a parte, che canta la gioia del fedele all’annunzio di andare nella casa del Signore ed è ciò che tutti noi dovremmo recitare con la nostra mente al momento del nostro distacco dalle cose terrene! “Mi sono rallegrato, quando mi hanno detto: andremo nella casa del Signore”.
Veniamo, dunque a riflettere sul Vangelo secondo Matteo capitolo 11° versetti dal 2 al 10, in cui si staglia in tutto il racconto la figura mirabile di San Giovanni Battista, l’ultimo annoverato tra i profeti, ma che è più di un profeta, come insegna Nostro Signore. E’ l’Angelo che precede la venuta dell’Uomo Dio, infatti angelo in greco vuol dire messaggero.
Quando il Battista manda i suoi discepoli da Nostro Signore, non è per verificare se lui sia effettivamente il Cristo, il Messia, bensì per farlo conoscere, San Giovanni Battista conosceva bene che Gesù era il Messia il figlio del Dio vivente, ma come messaggero voleva annunziare a tutti la buona novella e che era giunta la pienezza dei tempi per la redenzione, infatti, Gesù rimanda i discepoli di Giovanni non con parole, ma con le opere, con i miracoli che ne attestano la sua divinità. La conversione del mondo è e sarà la missione del Cristo e dei suoi discepoli, non di una sola nazione. Qui trovarono l’intoppo gli Israeliti nella Croce, mentre i Gentili contrariamente adorarono il supplizio della croce e la divinità che pendeva da essa. La regalità di Cristo è la regalità della croce, “regnavit a ligno Deus” per questo in molti crocifissi de Medioevo si trova Nostro Signore crocifisso non con la corona di spine, bensì con una corona regale d’oro!
L’offertorio è ripreso dal salmo 84 che è tipicamente messianico. Dopo secoli di afflizione e di sottomissione Dio inaugura, infine l’era della grazia. La sua misericordia si diffonde su tutti i popoli che crederanno in Gesù Redentore. Non la falsa misericordia che oggi malauguratamente viene diffusa, che conferma le genti e le coscienze nell’errore, bensì la misericordia della conversione dal peccato e della grazia.
La Redenzione è la carità che è lo spirito del Nuovo Testamento ed è dovuta non ai nostri meriti, come insegnavano i pelagiani prima e gli odierni modernisti, ma è puro dono della bontà di Dio. Ecco l’Offertorio che così si compone: “O Dio, tu volgendoti a noi, ci renderai la vita e il tuo popolo si rallegrerà in te; mostraci Signore la tua misericordia e concederci la tua salvezza”.
La Secreta rinnova il principio qui esposto, l’uomo non ha meriti, se non per grazia di Dio, e l’orazione costante a Dio misericordioso, l’umiliazione dei nostri cuori è offerta gradita al Redentore e il solo soccorso è nel nome del Signore.
Il Communio è ripreso dal profeta Baruch 5,5 versetti 4 e 36, che sotto il simbolo di Gerusalemme che è pure la stazione in cui è stato celebrato il santo Sacrificio, invita i fedeli a prepararsi alle gioie della Natività del Signore: “Gerusalemme sorgi e collocati in alto e vedi la gioia che ti verrà dal tuo Dio”.
Si conclude il Santo Sacrificio eucaristico con la stupenda orazione dopo la comunione o Post Communio, che come ringraziamento per lo spirituale alimento il Signore Nostro Gesù Cristo ci porti a disprezzare le cose terrene in cui siamo immischiati costantemente ed ad amare le cose celesti che sono una pregustazione dell’Eternità.

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