Meditazione per la domenica di Settuagesima

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VIGNAIUOLI

di Fra Leone da Bagnoregio

Le tre domeniche che anticipano la Quaresima, sono state istituite durante il Pontificato San Gregorio Magno. Rappresentano un’anticipazione al periodo quaresimale, in cui la Croce di Gesù appare già da lontano. Queste tre Messe riflettono perfettamente il periodo in cui furono istituite, periodo buio per Roma, la peste, la fame e la guerra attanagliavano la Città Santa, antica regina del mondo. Le milizie dei Longobardi erano alle porte di Roma.

L’Introito è preso dal Salmo 17 (versetti 5° e 6°) in cui il salmista si vede circondato dai gemiti della morte e dai dolori dell’inferno (Sceol), grida al Signore e Lui ha ascoltato la sua voce. Noi tutti nei periodi di desolazione, in cui tutto ciò che ci circonda porta con se solo morte e pena, dobbiamo confidare solo nel Signore, non nelle potenze terrene o negli uomini. Il versetto che seguente sempre dello stesso Salmo, è quasi un sospiro di sollievo, porta con sé l’amore che l’anima aspira verso il suo Creatore:

«Mi circondarono ambasce di morte, dolori dell’Inferno mi avvolsero, ma nella mia angustia invocai il Signore ed Egli dal suo santo tempio ascoltò la mia voce. Ti amo, Signore, forza mia; Il Signore è il mio sostegno, il mio rifugio ed il mio liberatore».

In questo periodo fino al giovedì santo nelle Messe del ciclo “temporale” si tace l’Inno Angelico cioè il Gloria perché anticamente era collegato alla litania che si recitava o cantava nei periodi digiuno. Lo stesso dicasi per l’Ite Missa est, che è sostituito dal Benedicamus Domino a fine della Messa.

L’Oremus ci mostra la profonda pena che riempiva l’animo di San Gregorio, la desolazione che lo circondava, lui unico erede in Roma del potere degli antichi imperatori.

«Deh! Signore, esaudisci clemente le preghiere del tuo popolo, affinché noi che giustamente siamo afflitti per i nostri peccati, a gloria del tuo Nome ne siamo misericordiosamente liberati . . .».

L’Epistola è tratta dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Corinti (IX, 24, 27 e X 1 – 5). L’Apostolo delle Genti si rifà ai giochi che occorrevano negli stadi e nel circo la dieta che seguivano (come adesso) gli atleti, per conseguire una corona d’alloro corruttibile. Cristiani corrono per una corona incorruttibile che è quella della giustificazione davanti a Dio, pertanto, si sottopongono anche a privazioni (digiuni e/o elemosine) per giungere la porto di salvezza. L’Apostolo, parlando di sé stesso afferma, che si sottopone a disciplina, affinché, dopo aver salvato gli altri non venga lui reputato reprobo. Porta, poi, come esempio gli Israeliti che tutti passarono il Mar Rosso, tutti mangiarono la manna e bevvero dalla fonte (che era Cristo) per i Cristiani il santo battesimo, ma non tutti entrarono nella terra promessa, entrarono solo in due. Questo è un chiaro monito a tutti i Cristiani che si vogliono ritenere salvi per l’eternità ed in particolare alla casta sacerdotale quella che assicura un posto di privilegio innanzi a Dio, ma sono le buone opere, la costanza nel compierle, la mortificazione nel non ritenersi superiori agli altri, ma servitori degli altri, nel dare buon esempio senza reticenze ed umiltà nelle cadute a cui nessun uomo è esente.

Il Graduale deriva dal Salmo 9 (versetti 10 – 11) si ricollega al salmo dell’Introito è la preghiera a Signore, da parte dell’oppresso, che si vede circondato dalla tribolazione e che spera in Dio Onnipotente, affinché le miserie dei deboli non rimangano impunite ed inascoltate, perché la falsa giustizia umana non prevalga sulla giustizia divina.

«Tu sei un aiuto, a tempo opportuno, nella tribolazione sperino in te, o Signore, quelli che ti conoscono, perché tu non abbandoni quelli che ti cercano. Infatti il povero non sarà dimenticato per sempre, né la pazienza dei miseri rimarrà sempre delusa; sorgi, o Signore non prevalga l’uomo».

Al posto del versetto alleluiatico, compare oggi il Tratto che ci accompagnerà per tutto il periodo penitenziale. In consonanza con tutto l’ufficio della celebrazione è ripreso anche questo, dal salmo 129 versetti 1 – 4 “De profundis”, che per antonomasia rappresenta la supplica estrema al Signore affinché non tenga conto delle nostre debolezze e ci liberi dal male che ci circonda e che abbiamo in noi perché nessun uomo è giustificato davanti a Dio senza la grazia che deriva dal sacrificio della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo. «Dal profondo io grido a te, o Signore; o Signore ascolta la mia voce. Siano attente le tue orecchie alla preghiera del tuo servo. Se tu, o Signore, conservi memoria dei peccati, o Signore chi potrà resistere? Ma presso di te è il perdono dei peccati ed a ragione della tua legge io sono stato fermo o Signore».

Passiamo ad esaminare la lettura del Santo Vangelo che è tratto da San Matteo (XX, 1 – 16) che propone la parabola del proprietario della vigna e degli operai.

Questa parabola narra la storia della salvezza, che fu data prima ai giudei, poi hai gentili, ai Profeti e poi agli Apostoli, noi Cristiani siamo gli operai dell’undecima ora quelli che ascoltano la buona novella e lavorano nella vigna del Signore da poco tempo, ciononostante ci è concessa la salvezza se avremo ben lavorato. San Gregorio ha illustrato ai suoi fedeli radunati in San Lorenzo fuori le Mura questo Vangelo, mostrando loro la libera distribuzione della grazia da parte di Dio. Questo Vangelo serva anche da monito per noi Cristiani di questo tempo che disprezziamo in certo qual modo chi è giunto alla fede da poco, che ci crediamo superiori ad altri non consapevoli che questa superiorità ci è concessa da Cristo Nostro Signore ed Egli può deliberatamente sottrarci il suo aiuto, per mostrare a noi la nostra esiguità. Il nostro peccato di orgoglio che ci equipara agli operai della prima ora che inorgogliti per le nostre grazie ci lamentiamo che gli operai dell’undecima ora abbiano le grazie come noi, per orgoglio interiore che è detestabile davanti a Dio più di ogni altro peccato.

L’Offertorio è stato preso dal salmo 91 (versetto 2°) è molto breve ed elogia la speranza di chi confida nel Signore, ed esaltare l’Altissimo suo Nome che è fonte di salvezza per l’umanità.

«Buona cosa è lodare il Signore e inneggiare al suo Nome Altissimo».

La Secreta è pertinente alla giornata di mestizia, si chiede al Signore, dopo aver accolto i doni presentati per la mensa eucaristica e le nostre povere suppliche, di mondarci con il divino sacramento che sta per essere offerto sull’altare e di esaudire l nostre suppliche per superare il male che ci circonda.

«Dopo avere accettato i nostri doni e le nostre preghiere, deh! Signore, mondaci coi celesti misteri ed esaudisci clemente …».

Il Communio deriva dal Salmo 30 (versetti 17 – 18) E’ la chiusura delle suppliche con cui l’umanità presente circondata dal male e dal peccato invoca Dio per la sua salvezza, tutto questo ci mostra che l’uomo ormai esaltato da coloro che contrastano la Chiesa e il Suo Fondatore non può superare le avversità senza il Suo aiuto ed il suo volto deve sempre essere presente davanti al nostro sguardo:

«Splenda il chiarore della tua faccia sopra il tuo servo e salvami per la tua misericordia; Signore ch’io non resti confuso, perché ti ho invocato».

Concludiamo con l’orazione del Post Communio, è un ringraziamento per i doni, sia eucaristici che di grazia che sono discesi come rugiada sui fedeli adunati nel santo tempio.

L’incertezza dell’eterna salute deve essere presente ai Cristiani “cum metu et tremore vestram salutem operamini” dice San Paolo ai Filippesi, non siamo certi, per la nostra audacia che si trasforma in presunzione della nostra salvezza, soltanto i doni divini potranno salvarci.

«I tuoi fedeli, o Dio, siano rinsaldati per mezzo dei tuoi doni, affinché e, percependoli, ricerchino questi stessi doni e, cercandoli, li percepiscano eternamente . . .»

 

 

 

 

 

 

 

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