di Fra Leone da Bagnoregio
L’Ufficio liturgico di oggi si incentra quasi completamente sulla figura di San Paolo di cui si è festeggiato soltanto da qualche giorno la Sua Conversione, la Stazione Liturgica è presso la Basilica di San Paolo sulla via Ostiense, in cui sono conservate le sue reliquie sotto l’altare papale. Anche le preghiere dell’Ufficio di questa domenica sono intrise di mestizia San Gregorio Papa vedeva ormai decomporsi la Cristianità tra calamità naturali (terremoti) pestilenze e guerre. L’Antica Urbe imperiale si era ridotta a pochi abitanti, tutto crollava quasi davanti al suo sguardo. Similmente oggi si vede disgregare la Cristianità sotto il peso del mondo e del suo principe. Pare davanti ai nostri occhi crollare la Santa Gerusalemme in cui resistono soltanto pochi guerrieri, ormai accerchiati da ogni parte. La disperazione pervade gli animi e gli sguardi atterriti di chi ancora resiste davanti alla desolazione che si rende davanti a noi.
L’Introito è mesto e solenne allo stesso tempo, è preso dal Salmo 43 (versetti 23° e 26° e 2°) E’ un grido al Signore affinché ascolti la preghiera di chi si sente ormai circondato e non può più avere speranza se non nel nome del Signore, nel suo aiuto il cristiano si sente assalito da ogni parte dalla natura e dagli uomini che lo vogliono annientare e ridurlo in servitù del demonio. I cristiani memori della tradizione dei padri sanno che il Signore non li lascerà nelle mani del demonio.
«Destati, perché dormi, Signore? Destati e non respingere per sempre>; perché volgi la tua faccia e non ti curi della nostra tribolazione? Noi stiamo prostrati nella povere; sorgi, Signore, aiutaci e liberaci , O Dio, l’abbiamo udito con le nostre orecchie; i padri ce l’hanno raccontato … ».
L’Oremus è tipico per i tempi di calamità, aggiunge la memoria del Dottore delle Genti, San Paolo sul cui sepolcro oggi viene celebrato il Santo Sacrificio Eucaristico, è una continua richiesta di aiuto per noi poveri peccatori che senza l’aiuto di Dio sprofondiamo nell’abisso del male e siamo travolti da esso.
«O Dio, tu vedi che, per nessuna nostra azione, possiamo avere fiducia; concedi propizio che contro tutte le avversità siamo difesi dalla protezione del Dottore delle Genti. . .».
L’Epistola è tratta dalla seconda lettera di San Paolo Apostolo ai Corinti (XI,19, 33 e XII 1, 9). San Paolo quasi tratteggia una sua autobiografia non per gloriarsi di se stesso, bensì per confutare i confratelli cristiani impregnati di fariseismo. Anche San Paolo proveniva dal gruppo farisaico, ma una volta convertito a Cristo Nostro Signore vi si oppose con tutte le forze. Questa parte dell’Epistola supplisce a certe lacune degli Atti degli Apostoli. Questi farisei diventati cristiani influenzavano la Chiesa di Corinto, con formalità ormai non più necessarie ai fedeli di Cristo.
Anche ai nostri giorni abbiamo tra di noi, tra i nostri confratelli chi è ammalato di fariseismo, infatti il fariseismo fa trasparire che la salvezza non viene da Dio, ma dai nostri atti, dal disprezzo degli altri peccatori, dal sentirsi superiori, perché intellettualmente più importanti, perché la provenienza non è quella di altri poveri negletti.
Tutte le prove che ha patito San Paolo hanno fatto in modo che il Signore lo traesse ancor vivo al terzo cielo ed a udire parole che non sono comprensibili agli uomini, ciononostante l’angelo di Satana lo schiaffeggia con le sue tentazioni, l’Apostolo delle Genti chiede al Signore di liberarlo, Egli risponde che gli è sufficiente la sua grazia. Anche noi presi dalle tentazioni e dalle passioni della vita invochiamo il Signore perché ce ne liberi, ma la virtù è quella di vincere le passioni e le tentazioni con la grazia divina.
Il Graduale con il suo responsorio che è preso dal Salmo 82 (versetti 19 e 14) ed è un potente grido di guerra posto da San Gregorio, contro i nemici di Dio e della sua Chiesa ormai circondata dai nemici e assalita da potenti machine da guerra.
«Conoscano le genti che tu, dal nome di Dio, tu solo sei l’Altissimo, sovrano di tutta la terra. Dio mio, riducili come grumolo rotante e come paglia travolta dal vento».
Il Tratto è ripreso dal Salmo 59 (versetti 4 e 6) E’ quasi una continuazione del Graduale è la dimostrazione della potenza di Dio contro chi lo ha oltraggiato, perché lui è il Signore il sovrano dell’Universo e non lascerà la sua plebe nella desolazione e nello sconforto e la trarrà in salvo dai suoi nemici E’ circa un’immagine di un assedio, la supplica al Signore, perché ripari le mura ormai sconquassate e tenga lontano dal tiro degli arcieri i resistenti della Città Santa:
«Sconvolgesti o Signore la terra e la squarciasti. Ripara le sue piaghe, perché ella è scommossa. Affinché siano fuori dal tiro dell’arco e siano salvi i tuoi eletti».
Il Vangelo è preso dall’Evangelista San Luca (VIII, 4 – 15) e riporta la parabola del seminatore, che i Padri adattano alla figura di San Paolo al seminatore della buona novella, che ha predicato ad Oriente ed a Occidente, ma non tutti hanno raccolto la sua voce ed il suo insegnamento, come i dotti dell’Areopago di Atene.
La parola del Signore è sparsa, ma non ovunque produce il suo frutto; la leggerezza della vita e lo spirito mondano, l’amore disordinato per le cose terrene, l’indurimento volontario del cuore, non fanno portare frutto anzi disperdono la parola del Salvatore.
Comunque tra i sassi e le spine che sono ostacoli al nostro progredire spirituale, è il pericolo della strada che è più da temere, perché è l’assalto del demonio, che vuole vincere ad ogni costo sulla nostra anima. Oggi con ogni mezzo cerca di trarci nel peccato per la nostra rovina ed i mezzi a sua disposizione sono ormai molteplici.
Il seme che porta buon frutto è il seme che cade nell’animo disposto ad accettare Nostro Signore, le sue battaglie ed anche le sue umiliazioni e la sua Croce, tanto invise alla contemporaneità e denigrate come retaggio del passato ed in contrato con l’uomo nuovo che è invece l’uomo vecchio, infracidito dal peccato.
L’Offertorio è ripreso dal Salmo 16 (versetti 5°, 6° e 7°) Questo stralcio del Salmo 16 è un’invocazione al Signore Onnipotente, affinché tenga saldo il passo di noi Cristiani lungo la via, affinché non ci lasciamo mai prendere dallo sconforto e con la forza che caratterizzò l’opera dell’Apostolo Paolo dobbiamo confidare nel Signore che ascolta le nostre suppliche e ci dà sostegno nelle avversità che ci attorniano.
«Reggi tu fortemente i miei passi nei tuoi sentieri, affinché i miei piedi non vacillino; porgi il tuo orecchio e ascolta le mie parole, fa risplendere le tue misericordie, tu che salvi quelli che sperano in te, o Signore».
La Secreta è di carattere generico ed è una tipica preghiera sulle oblate, perché il Santo Sacrificio che sta per essere celebrato sull’altare sia fonte di vita e di salvezza per noi peccatori.
«Il sacrificio che ti è offerto, o Signore, ci vivifichi sempre e ci difenda …».
Il Communio deriva dal Salmo 42 (versetto 4°) è il Salmo che il sacerdote recita ai piedi dell’altare, è l’ascesa della vera vita spirituale ai piedi del Calvario che è la nuova gioia della gioventù interiore:
«Ch’io giunga all’altare di Dio, al Dio che allieta la mia giovinezza».
Il Post Communio, come sempre è un ringraziamento per il cibo spirituale di cui si sono alimentati i fedeli, questo cibo spirituale deve servire a darci forza nelle avversità ed a continuare nella nostra lotta sia contro le nostre passioni, sia contro i pericoli esterni che ci attanagliano:
«Ti supplichiamo umilmente, o Dio Onnipotente, che dopo averci ristorati col tuo sacramento, ti degni di concedere che ti serviamo anche con una condotta a te gradita . . .»