Meditazione per la II Domenica di Quaresima

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TRASFIGURAZIONE

di Fra Leone da Bagnoregio

La redenzione operata da Nostro Signore è il principio di una nuova era dal peccato alla grazia è la trasformazione che si deve operare dentro di noi, il passaggio dalla notte di tenebra ossia del peccato al giorno di luce della grazia e della rinascita spirituale. Nostro Signore è, appunto, la stella che illumina il nostro mattino spirituale, la nostra visione del mondo che è il mondo restaurato dalla redenzione.

Questa rinascita deve apparire anche nella vita quotidiana che deve mostrare a tutti, la differenza del vivere secondo la grazia per i cristiani e non secondo il mondo come fanno i pagani, come fanno coloro che hanno abbandonato la via stretta della salvezza per seguire la via larga che li porterà alla perdizione.

Il tempo di Quaresima è il tempo, quindi, della nostra trasformazione del nostro mutamento in previsione del giorno in cui saremo davanti al tribunale dell’Altissimo che ci giudicherà.

L’Introito, è ripreso dal Salmo 24 (versetti 6°, 3°e 22°) E’ oltremodo mesto, ma pieno di fiducia, è il sospiro del cristiano verso il Signore che implora misericordia alla benevolenza divina, affinché sia liberato dalle strettezze d’ogni genere che lo attanagliano, la forza liberatrice di Dio libererà il suo servo non solo dai pericoli esterni, altresì dai pericoli interni, dal peccato che gli è sempre dinnanzi.

«Ricordati delle tue benignità, o Signore, e delle tue misericordie, che sono eterne, affinché non trionfino mai su di noi i nostri nemici; liberaci o Dio d’Israele, da tutte le nostre angustie. A te, Signore io innalzo l’anima mia; Dio mio, in te confido, ch’io non abbia ad arrossire …».

L’Oremus ci pone davanti al Signore come poveri e privi di forza interiore ed esteriore, bisognosi del suo aiuto, perché il corpo non ceda alla malattia e lo spirito al peccato. La Chiesa è sempre sollecita perché l’uomo sia serbato da ogni pericolo e sia mantenuto nel bene, perciò chiede a Dio che lo protegga e lo purifichi da ogni colpa:

«O Dio, che ci vedi privi di ogni forza, ci custodisci all’interno e all’esterno, affinché nel corpo siamo preservati da ogni avversità e nella mente mondati dai cattivi pensieri . . .».

L’Epistola è presa dalla seconda lettera di San Paolo Apostolo ai Tessalonicesi (I, 4 – 1, 7).

La pericope della lettera ai Tessalonicesi mostra il grande pietra d’inciampo delle prime generazioni dei cristiani delle Province dell’Asia e della Grecia vista l’estrema corruzione dell’ambiente in cui vivevano e del quale prima probabilmente avevano formato parte, era la lussuria elevata dall’idolatria a culto religioso.

San Paolo con una certa rudezza per far comprendere ai suoi corrispondenti, spiega loro la santità del matrimonio e dell’affetto coniugale perché dice che “Dio è vindice della fedeltà coniugale”.

Lo stesso dicasi della bramosia morbosa che non è lecita neppure nel matrimonio “sapere ognuno di voi comportarsi con la propria moglie con santificazione ed onore, non con passione di bramosia secondo il modo dei pagani che non conoscono Dio”.

Questa passaggio è applicabile, particolarmente anche ai nostri tempi, in cui la lussuria non è elevata a culto, ma a diritto della persona umana la qual cosa rende sempre Dio vendicatore dei suoi diritti sull’umanità.

Il Graduale è sempre tirato dal Salmo 24 (versetti 17° e 18°) Come in tutto l’Ufficio Liturgico della Messa il tema di base è la supplica a Dio perché ci liberi dal peccato e dalle afflizioni anche esteriori perché l’uomo non può dedicarsi a Dio se preso dalle inquietudini della vita per di più se mosso interiormente dai cattivi movimenti dell’animo.

«Le tribolazioni del mio cuore sono diventate grandi; o Signore liberami dalle mie angosce. Vedi la mia miseria ed il mio affanno e perdona tutti i miei peccati».

Il Tratto deriva del Salmo 105 (versetti 1° e 4°) E’ un inno di ringraziamento al Signore perché grande è la sua misericordia, infatti i prodigi del Signore sono infiniti Egli può suscitare la salvezza dal nulla e salvare il suo popolo nell’estrema necessità.

«Celebrate il Signore, perché Egli è buono, perché in eterno dura la sua misericordia. Chi potrà narrare i prodigi del Signore e far udire tutte le sue lodi? Beati quelli che osservano la legge e praticano la giustizia in ogni tempo. Ricordati di noi, Signore, nella benevolenza che hai per il tuo popolo; vieni a visitarci con la tua salvezza».

Il Vangelo è attinto dall’Evangelista San Matteo (XVII, 1° – 9°) e ci porta sul Monte Tabor dove Nostro Signore si è trasfigurato davanti ad alcuni sui Apostoli ai più intimi. Pietro, Giacomo e Giovanni. Nostro Signore prima della sua Passione e Morte vuole mostrare ai suoi discepoli la sua divinità. Perché non cadano nello sconforto dopo la sua morte in croce, vuole mostrare a noi che Egli è Dio che è la seconda persona della S.S. Trinità. Egli si mostra con Mosè ed Elia cioè con la Legge ed i Profeti, infatti Lui è il compimento della Legge e dei profeti è la conclusione di essi nella pienezza dei tempi con la redenzione.

La nuvola che avvolge il monte è simile alla nuvola che avvolse il Sinai al momento in cui fu scritta la legge di Mosè è Dio Padre che ora si compiace del Figlio suo e impone di seguire il suo insegnamento.

L’Offertorio è preso dal Salmo 118 (versetti 47°e 48°) e l’antifona è la medesima del mercoledì delle Quattro Tempora di Quaresima, il fedele si compiace di voler seguire i comandamenti del di Dio non solo formalmente ma perché li ama veramente non solo “propter retributionem sed propter amorem”:

«Riporrò le mie delizie nei tuoi comandamenti, da me tanto amati e metterò mano ai tuoi comandi, a me cari».

La Secreta è la solenne preghiera della Chiesa perché l’offerta che sta per essere immolata sull’altare sia di giovamento per noi peccatori per incentivare la nostra pietà e per condurci alla salvezza.

«Deh! Signore, volgiti placato alle offerte presenti, onde esse giovino e alla nostra devozione e alla nostra salvezza …».

Il Communio è derivata dal Samo 5 (versetti 2° e 4°) è un’invocazione al Signore perché ascolti le preghiere dei suoi servi noi poveri peccatori che non abbiamo altro strumento per supplicare Dio che la nostra umile preghiera:

«Ascolta il mio grido e porgi l’orecchio alla voce della mia preghiera, mio Re e mio Dio, perché a te rivolgo la mia preghiera, o Signore».

Nel Post Communio la Chiesa vuole insegnarci che dopo averci cibati con il celeste Sacramento dell’altare, questo diventi per noi la prosecuzione per una vita virtuosa che ci tenga lontano dal peccato e ci porti a contemplare le cose celesti e non le cose umane. Questa conclusione ci riporta la tema iniziale della trasformazione interiore ed esteriore perché l’affare della salvezza è il punto d’arrivo della nostra esistenza terrena.

«Umilmente ti preghiamo, onnipotente Dio, che a coloro che hai ristorato con i tuoi sacramenti benevolmente tu conceda di servirti anche con azioni virtuose . . .».

 

 

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