Parigi. Atei, femministe e lesbiche: «L’utero in affitto è vendita di carne umana»

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Segnalazione Arianna Editrice

di Leone Grotti  Fonte: Tempi

Febbraio 3, 2016 Leone Grotti

Grande assise a Parigi per chiedere l’abolizione universale della maternità surrogata. «I bambini sono esseri umani, non possono essere venduti né regalati»

«Questa non è una battaglia di sinistra, è una battaglia universale». Il convegno per l’abolizione universale dell’utero in affitto si è appena concluso a Parigi e l’attivista Marie-Josephine Bonnet, in prima linea, commenta a caldo la buona riuscita dell’evento. Il riferimento alla sinistra non è casuale, visto che l’assise è stata organizzata non da cattolici ma da una filosofa femminista e socialista, Sylviane Agacinski, e ha visto la partecipazione di guru internazionali della sinistra atea, del mondo femminista e dell’associazionismo lesbico.

LA CARTA DA FIRMARE. Ieri sera sono intervenuti in una sala strapiena dell’Assemblea nazionale intellettuali e attivisti per affermare con forza che «non esiste un diritto al figlio» e che i bambini non si vendono né si regalano. Al termine del convegno è stata firmata dai partecipanti una Carta che, rifiutando «la mercificazione del corpo delle donne e dei bambini», si oppone «a tutte le forme di legalizzazione della maternità surrogata sul piano nazionale e internazionale» e ne chiede l’abolizione universale a partire dall’Europa. La Carta può essere firmata online da tutti.

«È INACCETTABILE». Il senso dell’iniziativa è stato ben riassunto dalla moglie dell’ex premier socialista Lionel Jospin, Agacinski: «Impedire che, come la prostituzione, anche la pratica dell’utero in affitto trasformi le donne in prestatrici di un servizio: sessuale o materno. Il corpo delle donne deve essere riconosciuto come un bene indisponibile per l’uso pubblico. La madre surrogata non è forse madre genetica ma è senza dubbio madre biologica, tenuto conto degli scambi biologici che avvengono per nove mesi tra la madre e il feto. Il bambino in questo modo diventa un bene su ordinazione, dotato di un valore di mercato. Questo è inaccettabile».

LE «CLINICHE-FABBRICHE» INDIANE. Tra i relatori è intervenuta anche la giornalista Sheela Saravanon, che lotta contro il traffico delle madri surrogate in India. Denunciando la «dimensione colonialista» dello sfruttamento delle donne, il cui utero viene comprato dai ricchi occidentali per avere un figlio, racconta come queste vengono trattate nelle «cliniche-fabbriche». I medici impiantano fino a cinque embrioni alla volta, se poi nessuno muore, alcuni di questi vengono uccisi con l’aborto a seconda dei desideri dei committenti anche se la madre surrogata non vuole. Senza assicurazione sanitaria, le donne sono costrette spesso a subire il parto cesareo perché i bambini non corrano rischi. Il prezzo è basso, quindi la richiesta soprattutto di inglesi, americani e australiani è alta. Nonostante il governo abbia vietato l’utero in affitto solo per gli stranieri, la legge non viene applicata.

«COMPRAVENDITA DI CARNE UMANA». Non bisogna però farsi ingannare. Va di moda il ragionamento secondo cui la pratica è orripilante se fatta in India, ma assolutamente «etica» se fatta, ad esempio, nei ricchi Stati Uniti. La testimonianza fatta a tempi.it dalla madre surrogata Elisa Anna Gomez dimostra che non è così, al pari del caso dell’americana Melissa Cook. Anche da Parigi il messaggio arriva chiaro: «Alcuni affermano che essere madre surrogata è come fare la ballerina. Ma è falso. L’utero in affitto è semplicemente la vendita e l’acquisto di carne umana».

MA QUALE ALTRUISMO. Quasi tutti concordano che la pratica sia sbagliata quando è commerciale. Ma se una donna concepisce il figlio per una coppia che non può averne gratuitamente? Se lo fa per altruismo? La giornalista svedese Kasja Ekis Ekan si indigna: «La maternità surrogata etica semplicemente non esiste. È la sorella minore della prostituzione. L’altruismo è un falso argomento perché la stragrande maggioranza delle donne si fa remunerare in ogni caso».

NEANCHE SE FOSSE GRATIS. Ma anche se fosse gratis sarebbe uno scandalo, afferma la femminista lesbica Bonnet al Le Figaro: «I bambini sono esseri umani, non possono in ogni caso essere prodotto di scambio. Non si può regalare un bambino. Non sarebbe un progresso, ma una regressione. Così si uccide la madre e questa è LA regressione per eccellenza. Neanche i greci lo facevano. L’utero in affitto è prima di tutto la distruzione della madre (…) e questo tocca l’identità delle donne. Tantissime lesbiche si sono mobilitate perché la maternità fa parte dell’identità della donna, come potenzialità, essendo capace di donare la vita».

«PATRIARCATO TECNICISTA». Bonnet si scaglia anche contro la tirannia della tecnica: «Negli anni 70 (…) sono nati i primi bambini in provetta. Con grande rapidità i medici si sono impadroniti del corpo della donna. La tecnicizzazione della sessualità riguarda soprattutto le donne. I bambini nascono in laboratorio. Sono i medici ora che controllano la procreazione. Noi siamo passati da un patriarcato familiare a un patriarcato tecnicista. L’impotenza spirituale delle nostre società occidentali, che non credono più in niente, ha facilitato la fuga in avanti della tecnica. Oggi ormai il mondo crede solo nei soldi e nella tecnica».

«RISVEGLIARE LE COSCIENZE». L’utero in affitto è la combinazione perfetta di entrambe le cose. Ecco perché il convegno si prefigge l’obiettivo di «far nascere un movimento in tutta Europa. Vogliamo che il nostro governo di sinistra sia più efficace, che prenda decisioni urgenti per l’abolizione universale e che si opponga alle decisioni ingiuste. Mi aspetto anche una presa di coscienza dei cittadini. Noi dobbiamo risvegliare le coscienze». Soprattutto delle persone di sinistra? «Sì, è indispensabile. Per troppo tempo la sinistra non ha osato parlare contro le lobby progressiste per paura di essere associata alla Manif pour tous». Che ci era arrivata già tanti anni fa.

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