MEDITAZIONE PER LA III DOMENICA DI QUARESIMA

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indemoniatodi Fra Leone da Bagnoregio

Il proprio della III domenica di Quaresima, pone davanti ad un dilemma? E’ più forte Nostro Signore o Satana. Già nella prima domenica di Quaresima, si è visto che il demonio si è allontanato da Nostro Signore perché era baluardo invincibile, oggi la Liturgia ci pone difronte la stessa scelta, però riproposta in modo diverso, più accentrata sull’uomo, sulla nostra volontà. Un giorno Nostro Signore Gesù Cristo, disse a Santa Caterina da Siena: “Sai tu o figliola chi sei tu e chi sono Io? Se saprai queste due cose, sarai beata. Tu sei quella che non è, Io, invece, Colui che sono. Se avrai nell’anima tua tale cognizione, il nemico non potrà ingannarti e sfuggirai da tutte le sue insidie. Non acconsentirai mai ad alcuna cosa contraria ai miei comandamenti e acquisterai senza difficoltà, ogni grazia, ogni verità e ogni lume”.
Questa frase racchiude tutto il sapere che il cattolico deve conoscere, l’esistenza e sussistenza di Dio e l’insussistenza dell’uomo. E’ la frase pronunciata da Dio nel rovento ardente a Mosè.
L’Introito, è ripreso come domenica scorsa dal Salmo 24 (versetti 15°, 16°e 1° – 2°). Gli occhi del giusto sono volti alla sapienza del Signore che concederà il suo aiuto e non permetterà che io cada nel peccato e nelle insidie dei miei nemici, anche se per me stesso sono fragile e bisognoso, la mia anima ha confidato nel signore e non avrò paura di dire ed insegnare la verità davanti ai nemici del Signore e di proclamare la sua parola. «Gli occhi miei sono sempre rivolti al Signore, perché Egli trarrà dal laccio i miei piedi; guardami e abbi pietà di me, perché desolato e povero sono io. A te, Signore, io innalzo l’anima mia. Dio mio, in te confido che io non abbia da arrossire …».
L’Oremus gli umili sono coloro che sottomessi a Dio accolgono gioiosi nel loro animo i dettami che porta l’amore di Dio stesso, la vita della grazia è sempre una protezione contro qualsiasi nemico ci assalga:
«Deh! Onnipotente Dio, accogli i voti degli umili ed a nostra difesa stendi la destra della tua Maestà. . .».
L’Epistola è tratta dalla seconda lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini (1 – 19). Ritorna nuovamente il mistero della luce, dei frutti spirituali, che maturano in questa luce, l’Apostolo prima li descrive nel senso negativo, come l’astenersi dagli istinti sensuali, dello sconcio parlare, dell’avidità per il denaro, poi nel loro aspetto positivo perché il vero “frutto della luce consiste in tutto ciò che è buono giusto e vero”. I primi essendo negativi provengono dalle tenebre i secondi dalla luce della grazia. La bontà e la giustizia sono frutti della volontà, la verità dall’intelletto. Non vi può essere azione della volontà buona se non illuminata dall’occhio della mente che a sua volta è illuminata da Cristo Nostro Signore.
Il Graduale è preso dal Salmo 9 (versetti 20° e 4°) Si invoca l’aiuto di Dio, perché, nonostante l’apparente momento di trionfo del male, la finale vittoria rimane solo di Dio. Alcuni liturgisti sostengono che questo è il grido di San Lorenzo verso i suoi carnefici, posto nell’ufficio liturgico, in quanto oggi il santo sacrificio viene celebrato nella basilica a lui dedicata.
«Sorgi, Signore, non prevalga l’uomo; siano giudicate in tua presenza le genti. Mentre voltano le spalle i miei nemici stramazzano e periscono di fronte a te».
Il Tratto deriva del Salmo 122 (versetti 1° e 3°) Sono descritti i sentimenti dell’anima, che stretta dalle tribolazioni di questa terra, alza lo sguardo verso il cielo, e si vede come serva ed ancella che sta attenta al più irrilevante cenno del suo padrone, in questo modo non perde mai la presenza del Signore.
«A te alzo i miei occhi, a Te che abiti nei cieli. E ora, come gli occhi dei servi sono volti alle mani dei loro padroni. E come gli occhi della serva alle mani della sua padrona, così i nostri occhi sono rivolti al Signore Dio nostro, affinché si muova a pietà di noi. Pietà di noi, Signore, pietà di noi».
Il Vangelo è ricavato dall’Evangelista San Luca (XI, 14° – 28°) Non poteva essere più appropriato alla situazione. Prima dell’avvento di Nostro Signore il demonio comandava spietatamente sul mondo, e le sue fortezze erano l’idolatria e la sensualità, che nel mondo pagano erano all’ordine del giorno.
Nostro Signore è accusato di scacciare i demoni perché alleato di Satana, Gesù si difende mostrando che il demonio è rimosso per l’imperiosa vittoria di Dio contro di lui nella sua persona divina. Questa vittoria è anche il trionfo di Cristo sul paganesimo, sul mondo che rifiutava Dio e aveva creato i suoi dei ad immagine delle passioni degli uomini per questo Sant’Agostino li definisce “falsi e bugiardi”. Parimenti mostra a noi cristiani che rimuovendo la grazia divina in noi e il Regno di Cristo nella società si torna ad una bruttura peggiore di quella precedente, ossia peggio del paganesimo. E’ quanto constatiamo davanti a nostri occhi in questo periodo. Rimosso Nostro Signore e la verità dalla società, ci troviamo in una situazione peggiore di quella dell’antico paganesimo, siamo ormai circondati dall’ateismo e dalle passioni che non trovano limite se non precipizio della libertà del peccato. In ultimo il grido splendido di una mamma che esalta Nostro Signore lodando la sua Madre Santissima, che è colei a cui dobbiamo ricorrere, infatti La Santa Vergine è la prima di tutti che ha ascoltato la parola di Dio e l’ha messa in pratica.
L’Offertorio viene dal Salmo 18 (versetti 9°, 10°e 11°) è il canto delle lodi del Verbo divino, della eterna legge di santità. La legge del Signore rallegra il cuore dell’uomo, lo schiaccia come la legge terrena. La grazia divina piega la volontà umana e la induce ad obbedire ai comandamenti di Dio, lasciandola allo stesso tempo libera di agire, infatti la parola del Signore è dolce come il miele del favo:
«I precetti del signore sono retti e rallegrano i cuori; i suoi giudizi sono dolci più del miele e del favo del miele; perciò anche il tuo servo diligentemente li osserva».
La Secreta supplica il Signore che le offerte poste sull’altare valgano a purificare da ogni macchia la nostra anima, affinché con spirito e cuore puro possiamo offrigli il santo Sacrificio incruento.
«Quest’ostia, te ne preghiamo, o Signore, ci mondi dai nostri peccati e per la celebrazione del sacrificio, santifichi i corpi e le menti dei tuoi sudditi …».
Il Communio è risultata dal Samo 83 (versetti 4° e 5°) I sentimenti che esprime il salmista sono quelli che riprende dalla natura, dal passero che trova la sua dimora e la tortorella che rivede il nido con i suoi pulcini, così l’anima devota che abita sotto lo stesso tetto con Gesù nella fruizione del Sacramento dell’altare e nelle lodi divine che la liturgia ci propone:
«Il passero si è trovato una casa e la tortora un nido ove deporre la sua nidiata; oh la mia dimora è presso i tuoi altari, o Signore degli eserciti, mio Re e mio Dio. Beati quelli che abitano nella tua casa! Essi ti lodano incessantemente».
Nel Post Communio la Chiesa ammaestra con il suo Magistero che la santa Comunione non solo è il rimedio contro la ricaduta nel peccato, ma l’abluzione salutare, il lavacro di fuoco dove l’anima si purifica dalle miserie e dalle sue infermità quotidiane.
«Deh! Signore, benigno liberaci da tutte le colpe e pericoli, poiché così ci concedi di partecipare a un così grande mistero . . .».

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