Risale a pochi giorni fa quella drammatica uscita di papa Bergoglio sull’«invasione araba» dell’Europa che potrebbe anche non essere un male. Oggi, quasi come nemesi, siamo a piangere le vittime di un attentato, l’ennesimo, di matrice – diciamolo chiaramente – islamica.
Eppure l’euforia che contraddistingue le gerarchie ecclesiali quando si parla di altre religioni – e, quindi, anche di islam – non è cosa nuova. Da circa cinquant’anni a questa parte, in seguito alla rivoluzione dottrinale operata dal Concilio Vaticano II, la Chiesa ha iniziato a insegnare che in tutte le religioni sono presenti «elementi di verità» (Lumen gentium), che tutte sono ugualmente vere. Da qui al considerare, come ha più volte fatto Bergoglio, una «grazia» l’interreligiosità, il percorso è stato graduale ma costante. La tiepidezza insegnata ai cattolici dalle gerarchie è stata letale, e i risultati si vedono: ieri, il segretario della CEI Nunzio Galantino, con parole identiche a quelle di Saviano, si è subito stracciato le vesti sul dovere di «integrazione» dei musulmani e sul pericolo dei soliti pericolosi «muri».
Ridurre, però, le esternazioni di questa chiesa a semplice filo-islamismo o umanitarismo sarebbe semplicistico. La radice di tale filantropismo a-cattolico risiede più che altro nell’eresia modernista – «sintesi di tutte le eresie», l’ha definita Pio X – della quale la chiesa è imbevuta sino al midollo.
Galantino non spunta come un fungo, ma arriva da quella che appare come una lenta metamorfosi teologica: si pensi a Paolo VI che dichiarò la «stima per i musulmani che adorano l’unico Dio vivente» fino a riuscire a dire di «essere in comunione con voi [musulmani] quando imploriamo l’Altissimo»; si pensi allo scandaloso bacio che Woytjla diede al Corano, ovvero al libro che impugnano le mani dei kamikaze imbottiti di tritolo; si pensi alle innumerevoli lodi di Ratzinger (che fu anche ben altro rispetto a Ratisbona) verso cattolici e musulmani che «adorano lo stesso Dio». E oggi siamo a Bergoglio per il quale «molti pensano in modo diverso, sentono in modo diverso, cercano Dio o trovano Dio diversi modi. In questa moltitudine, in questa ampia gamma di religioni, vi è una sola certezza per noi: siamo tutti figli di Dio». Ma tutto ciò è teologicamente vero?
Non voglio addentrarmi in questioni geopolitiche e affini. Voglio solamente limitarmi a dimostrare come, in un’ottica dottrinale cattolica, sia impossibile dialogare con l’islam. Il perché lo afferma Gesù Cristo stesso: «Chi non è con me è contro di me; chi non raccoglie con me, disperde» (Mt 12, 30).
Che il Dio dei cattolici non sia il Dio dell’islam è un’ovvietà. Quello cattolico è un Dio incarnato nel Figlio, morto e risorto per la redenzione degli uomini; il nostro Dio è il Dio trinitario rivelatosi, attraverso la Rivelazione, nella Scrittura e nella Tradizione della Chiesa. E’ vero che Dio Padre è uno solo, ma il Dio dei cattolici è anche e ugualmente nel Figlio Gesù Cristo e nello Spirito Santo che, le altre religioni, non adorano. Allah non è Cristo e non è Spirito Santo, non è il Dio trinitario nel quale noi crediamo. Lo dice chiaramente san Giovanni: «Chi non ha il Figlio, non ha il Padre. Colui che non onora il Figlio, non onora il Padre» (I Gv 2, 23).
Ecco perché non è vero che cristiani, ebrei e musulmani hanno lo stesso Dio ed ecco perché un dialogo con l’islam è teologicamente impossibile. Invece, per mons. Galantino bisogna accogliere, accogliere, accogliere e integrare, integrare, integrare. Ma l’evangelista san Giovanni, che Galantino dovrebbe conoscere, ammonisce che «se qualcuno viene da voi e non porta questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo nemmeno» (II Gv, 10). Ai cattolici scegliere con chi stare.