di Fra Leone da Bagnoregio
MEDITAZIONE PER LA DOMENICA IN ALBIS
Anticamente i battezzati nella Vigilia Pasquale dismettevano le vesti bianche perché finiva per loro il periodo di festa essendo terminata con la celebrazione dei vespri del sabato.
Nei paesi di origine gallica viene chiamata domenica di Quasi Modo, prendendo spunto dalle prime parole dell’antifona all’Introito.
Oggi è il giorno della dimostrazione della nostra fede, invero la nostra fede non deve essere una fede tiepida, il nostro mondo imbevuto di razionalismo che vuole in ogni cosa trovare certezze materiali ed emargina il soprannaturale, allontana da noi l’aspirazione dell’anima verso il cielo. Tutto l’ufficio della Santa Messa è imbevuto di questa prova di fede. In questo mondo che ci circonda privo di principi soprannaturali è d’obbligo per noi dare prova di fede, non solo nelle nostre famiglie, ma anche pubblicamente definendoci cristiani di fronte ad un mondo che rinnega Nostro Signore Gesù Cristo.
L’Introito nella prima parte proviene dalla prima lettera di San Pietro (II, 2) ed invita i neo battezzati a gustare le dolcezze spirituali che il Signore elargisce a chi si avvicina la prima volta a Lui. Prendendo spunto dai neonati che vengono assimilati ai neofiti cristiani che si sono avvicinati da poco al latte della sapienza di Cristo e della quale si nutrono con inenarrabili gioie spirituali. Segue il versetto che è estratto dal Salmo 80 (versetto 2°) che inneggia al Salvatore che è nostro aiuto in tutte le circostanze anche avverse. Il Signore ci tratta con delizie. Il Redentore sa quale alimento è necessario per coloro che si sono da poco accostati alla fede.
«Come bambini nati di fresco, alleluia: spiritualmente, bramate il latte sincero, alleluia, alleluia, alleluia. Festanti lodate Dio, nostro aiuto: tripudiate al Dio di Giacobbe … ».
Segue l’Oremus, Che è un ringraziamento al Signore Onnipotente per le grazie concesse durante le solennità pasquali, la nostra condotta dovrà seguire i dettemi della fede, perché una fede che non porta i suoi frutti nelle opere è insufficiente per la salvezza.
«Deh! Fa, o Dio onnipotente, che conserviamo con la tua grazia, nella vita e nelle opere il frutto delle feste pasquali, che abbiamo celebrato. . .».
L’Epistola è una pericope della prima lettera di San Giovanni (V, 4° – 10°). L’Apostolo prediletto da Gesù si indirizza contro chi segue la “gnosi”, che nega e negava la divinità di Nostro Signore, sostenendo che Gesù Cristo ricevette la sua natura divina al momento del battesimo nel fiume Giordano, ma lo avrebbe abbandonato sul Calvario. Era improponibile per questa eresia che la natura divina potesse coesistere nella persona di Nostro Signore al momento dell’estremo sacrificio. San Giovanni insegna che il Logos si è unito ipostaticamente alla natura umana dal momento della sua concezione fino alla sua morte: “non in aqua solum, sed in aqua et sanguine”. Questo è uno dei fondamenti della fede cattolica, l’Incarnazione, Morte e Resurrezione di Cristo Nostro Signore.
Graduale è tratto dal Vangelo di San Matteo (XXVIII – 7°), mentre il versetto alleluiatico proviene, invece dal Vangelo di San Giovanni (XX – 26). La spiegazione della prima parte ci mostra che Gesù apparve in Galilea non solo per gli Apostoli che lo videro già a Gerusalemme, bensì per le masse dei suoi discepoli che come ci insegna San Paolo erano raccolti in numero di oltre cinquecento. La seconda parte, ovvero il versetto alleluiatico su rifà al Vangelo di oggi e rappresenta l’apparizione di Nostro Signore agli Apostoli chiusi nel Cenacolo a Gerusalemme.
«Nel giorno della mia risurrezione, dice il Signore, vi precederò in Galilea, alleluia. Otto giorni dopo, essendo chiuse le porte, comparve Gesù in mezzo ai suoi discepoli, e disse: Pace a voi».
La lettura del Vangelo viene sempre dall’Evangelista San Giovanni (XX, 19 – 31) Questo brano evangelico narra di due diverse apparizioni agli Apostoli. La prima apparizione avvenne la sera stessa di Pasqua, il Redentore istituì quella sera il sacramento della confessione o penitenza, in quel frangente era assente l’Apostolo Tommaso. Entrò nella stanza a porte chiuse, perché essi avevano paura dei Giudei e li salutò con le parole: “Pace a voi”. Questo fu uno dei motivi per cui la Chiesa istituì il precetto di confessarsi e comunicarsi almeno per le festività pasquali. Il saluto “pace a voi” è divenuto in uso nella liturgia per le celebrazioni compiute dal vescovo. La seconda apparizione è dopo otto giorni dalla Pasqua, ovvero nella domenica odierna, questa volta era presente pure Tommaso, al quale fece toccare con mano le sue sante piaghe, a monito delle generazioni future, che credettero in Lui senza avere avuto questo privilegio.
Nostro Signore ci insegna con l’apparizione a porte chiuse, che Egli ha la facoltà di entrare nella nostra anima anche contro la nostra volontà decaduta dal peccato.
L’Offertorio è estratto a sua volta dal Vangelo secondo San Matteo (XXVII- 2°) Ritorna al mattino di Pasqua, quando un angelo apparve alle pie donne, dicendo loro di non disperare, perché Gesù che loro cercavano non è più nel sepolcro, ma è resuscitato come aveva predetto.
«L’Angelo del Signore discese dal cielo, e disse alle donne: Colui che cercate è risorto, come aveva detto, alleluia».
Nella Secreta imploriamo il signore affinché gradisca il sacrificio della Chiesa, che oggi esulta nel gaudio pasquale. Questa gioia deve però convertirsi in testimonianza del gaudio perenne che avremo nel cielo. La gioia cristiana è una caratteristica della nostra Santa Religione, San Filippo Neri diceva sempre che: “Un santo triste è un tristo santo”. Il cristiano deve essere allegro nella speranza dell’eternità, non per piacere o conformarsi ad un mondo ilare e dissipato.
«Deh! Signore, ricevi i doni della Chiesa esultante: e poiché le hai dato ragione di tanto gaudio, le concedi il frutto dell’eterna letizia …».
Il Communio è estrapolato sempre dalle parole che Gesù disse a Tommaso, ovvero dal Vangelo odierno di San Giovanni (XX – 27°) con il Santo Sacramento eucaristico, tocchiamo anche noi in modo mistico per mezzo della fede le piaghe raggianti di Nostro Signore, che sono solenne testimonianza della nostra fede nella Resurrezione di Gesù Cristo, gloriosa seconda persona della Santissima Trinità che regna su di noi e sull’universo per tutti i secoli dei secoli.
«Metti la mano, e osserva il luogo dei chiodi, alleluia: e non essere incredulo ma credente, alleluia».
Il Post Communio, ricalca in modo mirabile l’antifona “O Sacrum Convivium” composto da San Tommaso d’Aquino per la festa del “Corpus Domini”, la Santa Eucarestia è rimedio contro i morbi della nostra anima e pegno per la futura immortalità, la nostra corrotta natura deve morire per poi risorgere nella sua giustizia e nell0amaore infinito che dobbiamo portare al nostro Salvatore:
«Ti pregiamo signore Dio nostro, che questi sacrosanti misteri, che ci hai donati come mezzo per la nostra rigenerazione, ci siano di rimedio nel presente e nel futuro . . .»
Fra Leone da Bagnoregio