Meditazione per la II domenica dopo Pasqua

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Il Buon Pastore

di Fra Leone da Bagnoregio

La domenica seconda dopo Pasqua è chiamata domenica del Buon Pastore, già nell’antichità cristiana la figura del Buon Pastore si può trovare nelle catacombe. Per questo motivo la Chiesa ha sempre voluto le intenzioni di preghiera di questa domenica fossero per le vocazioni sacerdotali e religiose.

I sacerdoti ed i pontefici a maggior ragione, devono essere dei padri e non solo dei principi della Chiesa. Devono, pertanto, con carità andare alla ricerca della pecorella smarrita e caricarsela sulle proprie spalle. Per questo motivo, il Buon Pastore per eccellenza dopo Nostro Signore Gesù Cristo, è il Sommo Pontefice. Sulla fede indefettibile e sull’amore di Pietro, Gesù fondò il primato della sede apostolica.

L’Introito proviene dal salmo 32 (versetti 5° e 6°) La resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo ha diffuso su tutta la terra la sua misericordia, non come si vuole oggi far intendere, ma la sua misericordia verso il peccatore che chiede perdono per le sue cadute. La misericordia divina è un concetto che sorpassa la natura umana, la trascende, la creazione stessa è opera della misericordia divina! Il versetto è sempre preso dallo stesso salmo 32 è l’esultanza di coloro che rettamente seguono le vie del Signore, perché anche in questo caso la misericordia divina ha impedito loro di precipitare nel peccato.

«Della misericordia del Signore è ripiena la terra, alleluia, dalla parola del signore ebbero sussistenza i cieli, alleluia, alleluia. Esultate, giusti nel Signore: ai retti è dato di lodarlo … ».

L’Oremus, ci vuole mostrare, come le umiliazioni e la morte di Nostro Signore, sono come una gradazione, il mezzo con cui Dio si è servito, per scendere verso la nostra umanità, salvo che nel peccato, per farla risorgere allo stato di grazia che avevano al momento della creazione dell’uomo, per coloro che aderiranno alla sua santa volontà. Il gaudio di cui dobbiamo rallegrarsi, non deve essere temporaneo ed esteriore, ma interiore e deve guidare la nostra vita nello stato di grazia, per condurci a godere la gioia celeste che è riservata a chi ha seguito le orme del Redentore.

«Dio, che con l’abbassamento del Figlio tuo hai rialzato il mondo decaduto; concedi ai tuoi fedeli perpetua letizia, e fa godere dei gaudi eterni, coloro che hai liberato dai pericoli della morte eterna.. . .».

L’Epistola è presa da un brano della prima lettera di San Pietro (II, 21° – 25°).  San Pietro vuole spiegare i motivi di questa festività pasquale, in onore del Buon Pastore che dà la vita per il suo gregge. San Pietro vuole mostrare il perché di questo volontario sacrificio di Nostro Signore, la sua pazienza, il suo saper perdonare, il suo balsamo della carità nel curare le ferite dell’animo altrui. Ci propone in conclusione di questo passaggio della sua lettera, Nostro Signore Gesù Cristo come modello di buon pastore e “vescovo” delle nostre anime.

Graduale è tratto dal Vangelo secondo San Luca (XXIV – 35°), mentre il versetto alleluiatico proviene, invece dal Vangelo di San Giovanni (X – 14).  Ci mostra come i discepoli lungo la strada per Emmaus riconobbero Gesù alla frazione del pane. Nostro Signore si svela ai nostri occhi durante la celebrazione della santa Eucarestia, in previsione di svelarsi a noi nella sua gloria al momento in cui lo incontreremo in Paradiso.

La seconda parte è tratta dal Vangelo di oggi e ci vuole mostrare come Gesù è il Buon Pastore, che dà la sua vita per le proprie pecorelle.

«Alleluia, alleluia. I discepoli conobbero il Signore Gesù nella frazione del pane, alleluia. Io sono il buon pastore, e conosco le mie pecorelle: e le mie conoscono me, alleluia».

La lezione del Vangelo viene sempre dall’Evangelista San Giovanni (X, 11° – 16°) La datazione antica di questa festa, ha voluto nella liturgia romana, che si interrompesse il mirabile discorso dell’ultima Cena di Gesù ai suoi Apostoli, perché si parlasse invece, del Buon Pastore, che dà la sua vita per il suo gregge. Vuole mostrare la differenza tra il pastore ed il mercenario, che invece fugge quando arrivano i nemici del suo gregge e i lupi che vogliono uccidere le sue pecorelle. La defezione di molti finti pastori difronte alle avversità o alle blandizie del mondo ci palesa come queste persone non rivestivano il carattere di pastori, ma di mercenari. Soltanto il Buon Pastore potrà radunare tutte le pecorelle in un solo ovile.

L’Offertorio è ripreso dal salmo 62 (versetti 2° e 5°) E’ un’invocazione al Signore in cui si vuole cantare come già dalla veglia del mattino, l’anima è già rivolta al suo santo nome e la preghiera è già indirizzata a lui al risveglio, l’alzare le mani era segno già nella tradizione ebraica della preghiera.

«Dio, Dio mio, a te veglio sin dallo spuntar della luce; e nel nome tuo alzerò le mie mani, alleluia».

Nella Secreta è una supplica al Signore affinché l’offerta posta sull’altare ci riempia di benedizioni, perché il santo Sacrificio Eucaristico completi in noi le grazie di unione mistica tra il Pastore ed il suo gregge, perché conosciamo intimamente la sua carità e la sua abnegazione.

«La sacra offerta ci ottenga sempre, Signore, la tua salutare benedizione: onde produca in noi l’effetto del mistero che si rinnova …».

Il Communio è uguale al versetto alleluiatico cioè e preso dal Vangelo di San Giovanni (X – 14).  In questo contesto della celebrazione ci vuole altresì far vedere come il Buon Pastore, si immola per le sue pecorelle durante la Santa Messa, per colmarci della sua grazia, contro le tentazioni che ci circondano; nel contempo la santa Eucarestia ci porti sempre più ad un unione con Gesù, perché la conoscenza più intima di Lui, produca in noi la comprensione dei suoi sublimi misteri.

« Io sono il buon pastore, e conosco le mie pecorelle: e le mie conoscono me, alleluia, alleluia ».

Il Post Communio, è il ringraziamento per la Santa Comunione e la supplica al Signore, che mediante la partecipazione al Sacramento dell’altare, ci faccia vivere sempre nella grazia soprannaturale e ci conduca mediante questo alimento alla gloria del dono dell’eterna salvezza.

«Deh! Fa, o Dio onnipotente, che ottenendo la tua grazia vivificante, ci gloriamo sempre del tuo dono. . .»

Fra Leone da Bagnoregio

 

 

 

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