di Fra Leone da Bagnoregio
In questa Santa Messa inizia nel Vangelo il lungo sermone di Nostro Signore nell’Ultima Cena, che per motivi liturgici non si è potuto leggere il Giovedì Santo, questo discorso di Gesù agli Apostoli si concluderà nella bellissima “precatio sacerdotalis” che sono le basi del sacerdozio cattolico. Questo testamento di Gesù confidato agli Apostoli continuerà nelle prossime domeniche dopo Pasqua. Le riflessioni che Gesù espone agli Apostoli sgorgano dal cuore stesso del Salvatore, dal suo amore che egli nutre per la sua Chiesa e per coloro che crederanno in Lui.
L’Introito proviene dal salmo 65 (versetti 1° – 2° e 3°) E’ un canto di trionfo della Chiesa per la resurrezione di Nostro Signore, il trionfo di lui sulla morte e sul peccato. Questo trionfo si estende alla Chiesa stessa che è il Corpo Mistico del Redentore, la Chiesa, infatti, è il baluardo contro ogni nemico della verità.
«Cantate con giubilo a Dio, abitanti della terra, alleluia: salmeggiate al suo nome, alleluia, alleluia: dategli lode gloriosa alleluia, alleluia, alleluia. Dite a Dio: quanto sono terribili le sue opere, Signore: per la grandezza della tua potenza ti adulano pure i tuoi nemici … ».
L’Oremus, ci insegna la sublimità dell’elezione cristiana e della santità che prevede questa scelta, che deriva direttamente da Gesù che era Santo e vuole che i suoi discepoli lo siano. Invochiamo, quindi, Dio che per sua bontà ci ha concesso di avere la redenzione mediante il suo unico Figlio luce della verità e che mediante il lavacro battesimale siamo salvati, ci concedeva una vita degna della santità di Gesù nostro Salvatore.
Questa orazione ci mostra, anche come chi è fuori dalla vera fede ritorni alla verità della Chiesa che è l’unica depositaria dei principi Evangelici.
«Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità perché possano ritornare sulla via della giustizia; dà a quanti fanno professione di essere cristiani, di rigettare tutto ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che esso consegue. . .».
L’Epistola è tratta da un brano della prima lettera di San Pietro (II, 11° – 19°). Si vede nella lettera di San Pietro che i cristiani nell’Impero Romano incominciavano ad essere oggetto di vilipendio, la persecuzione di Nerone era prossima, le calunnie verso i discepoli di Nostro Signore aumentavano di giorno in giorno. L’Apostolo vuole che i cristiani si sottomettano all’umana autorità seppur pagana, in previsione di una futura conversione della stessa alla legge di Cristo, il che avverrà con Costantino. Oggi la situazione è mutata perché dal secolo cristiano si vuol ritornare al secolo del paganesimo, si vuole apertamente apostatare la Santa Religione per correre dietro alla libertà umana che è peggio dell’idolatria. Oggi tutti i cattolici devono vivere santamente, per mostrare ai nemici della fede che loro portano su di loro la condanna divina, nel frattempo devono combattere per la ricostruzione del regno di Gesù Nostro Signore su questa terra. In ogni modo il termine delle speranze del Cristiano si trovano in cielo e non sulla terra, il Cristiano deve vedere la propria vita su questo mondo come un pellegrinaggio che finirà solo con la nostra morte.
Graduale è ripreso dal Salmo 110 (versetto 9°), è uno dei salmi che inneggia alla Pasqua. Dio ha riscattato il suo popolo, che gli appartiene in duplice modo con la creazione e con la redenzione, dobbiamo seguire le sue orme per poter godere della sua gloria. Il versetto alleluiatico viene dal Vangelo di San Luca (XXIV – 46°), ci mostra che Nostro Signore doveva patire e morire per poi risorgere. Questa è la legge che fa inculcata a tutti i cristiani: non si può entrare in Paradiso senza i patimenti, la nostra resurrezione dovrà essere la rinascita nella gloria di Dio e non nella dannazione, per non aver voluto seguire la Croce unica nostra salvezza.
«Alleluia, alleluia. Il Signore ha mandato al suo popolo la redenzione. Alleluia. Bisognava che il Cristo patisse e risorgesse da morte: e così entrasse nella sua gloria. Alleluia».
Il Vangelo è una pericope di San Giovanni (XVI, 16° – 22°) E’ il discorso dell’Ultima Cena di cui abbiamo accennato poco sopra. Gesù spiega ai suoi Apostoli come Egli sparirà da loro per pochi giorni dopo la morte e dice loro che lo rivedranno dopo la sua Resurrezione, ma anche lì per non molto tempo, perché Lui ascenderà al Padre. Nostro Signore poi vuole illustrare il corso della Chiesa militante, i cristiano che saranno perseguitati, saremo tristi perché tutto ci apparirà perso, come durante la Sua passione e morte, con la Sua santa Resurrezione i suoi nemici hanno perso ogni speranza, perché lui condottiero vincitore ha posto le basi per un nuovo regno fondato sulla carità e sulla fede. Quando sembrerà anche oggi che il nemico possa aver vinto l’ultima battaglia, in realtà Gesù potrà sempre far risorgere ogni cosa dal nulla e far risorgere la sua Chiesa anche tra le tempeste di questo mondo che è da sempre contro di Lui ed il suo regno.
L’Offertorio è ripreso dal salmo 145 (versetto 2°). L’anima deve lodare Dio, con la sua rinascita in Cristo Gesù Nostro Signore. Egli con la sua redenzione ci ha elevati ad uno stato sublime. La nostra vita imperitura presso di lui dopo il nostro trapasso è il maggior dono che ha potuto elargirci, se noi seguiremo le sue orme e accetteremo come lui il calice amaro, per poi poter bere il vino spirituale con Lui in Paradiso.
«Loda l’anima mia, il Signore: loderò il Signore nella mia vita; salmeggerò al mio Dio finché sarò, alleluia».
La Secreta ci vuole palesare che la Santa Eucarestia tra i suoi effetti di santificazione ha pure quello di allontanarci dalla concupiscenza della carne e o desideri mondani e di condurci verso i sentieri della purezza e per l’amore delle cose divine e sublimi come conviene alla santità a cui noi siamo chiamati.
«Questi misteri, Signore, ci conferiscano la grazia di frenare i desideri terreni e il secreto di amare le cose celesti …».
Il Communio è estratto dalla lezione evangelica ovvero dal Vangelo di San Giovanni (XVI – 16°). Si vuole in questo luogo, far rilevare come Nostro Signore sia fedele alla sua promessa. Lui ci ha detto dicendolo ai suoi Apostoli che lo avremo riveduto, non lo scorgiamo in tutte le celebrazioni della Santa Messa e lo vediamo nelle sacre specie, nella Santa Comunione si scioglie in noi e ci rafforza con la sua presenza, la comunione frequente è quindi per noi vivere nella sua presenza non soltanto moralmente, ma fisicamente.
«Ancora un poco, e non mi vedrete, alleluia: e di nuovo un altro poco e mi vedete perché vado al Padre alleluia».
Nel Post Communio, Si implora che il Sacramento Eucaristico, che ci spinge verso la vita eterna santificando sempre più la nostra anima, sia altresì per noi aiuto corporale, affinché la sanità del corpo, sia di supporto alla santità dell’anima.
«Ti pregiamo, o Signore, che i misteri ai quali abbiamo partecipato ci ristorino nell’anima e ci difendano nel corpo. . .»