L’ENERGIA NECESSARIA
l referendum del prossimo 17 aprile, nato già condannato alla sconfitta certa, promosso e caldeggiato e da radicali, vendoliani e altra compagnia cantante, dà l’occasione per qualche riflessione sul problema energetico in Italia.
In primo luogo, quando si tratta di queste faccende si dovrebbe distinguere quello che è un certo universo ideale, un tipo di società, a volte vagheggiata anche negli ambienti della destra radicale, deindustrializzata e “pulita” – universo che dall’ideale spesso scade facilmente nell’utopismo più vago – da quella che è la realtà concreta di una nazione.
La realtà concreta, vera e ineludibile, di una nazione richiede autosufficienza energetica. La richiede come il pane, visto che non esiste al momento un sistema che possa spingere un grande sistema economico, e quindi i suoi trasporti, le sue industrie chimiche, i fabbisogni energetici di chiunque nella propria vita quotidiana, senza grandi risorse energetiche, ivi comprese quelle di idrocarburi.
E del pane Nostro Signore ci ha detto che non solo di esso si vive, e nel dirlo ha così ammesso che sia esso pur necessario per vivere; per quanto sia edificante vivere dell’universo dello spirito e dell’idealità, anche le crude necessità della materia hanno il loro buon diritto.
Il referendum può certo esprimere una certa volontà popolare, un certo universo di desiderata pubblici, ma non è tuttavia detto che la realtà sia obbligata da una consultazione popolare a trasmutarsi.
Esempio lampante, il caso del referendum sul nucleare di ormai trent’anni fa, quando l’Italia, abdicando sull’onda dell’emotività a quello che era un vanto della propria industria, così come una primaria risorsa di occupazione e di ricchezza per tutta la nazione, non è certo divenuta più “pulita” e neppure ha ridotto la propria domanda di energia.
Semplicemente, la domanda che prima era soddisfatta da una produzione italiana in Italia, adesso è soddisfatta da aziende italiane che producono energia nucleare all’estero, o, ancor peggio, vista la perdita economica secca e la relativa posizione di dipendenza e minorità, da aziende estere che producono all’estero (Francia, Svizzera etc…).
Che accadrà, quindi, se anche il referendum del 17, per un qualche miracolo, dovesse passare?
Una volta che l’ENI, la quale è la beneficiaria principale delle concessioni in questione, gioiello della nostra industria pubblica, avrà perso questi diritti di trivellazione, che farà?
L’Italia si voterà ad una ricerca spassionata di energia verde?
Muteranno le abitudini di trasporto e di consumo energetico degli italiani?
Muterà la domanda della nostra industria di derivati del petrolio?
Ovviamente no, ovviamente il petrolio non estratto dall’ENI al largo delle nostre coste sarà estratto da qualche altra compagnia in qualche altro luogo del mondo, in primis il Golfo Persico, dominato dalle petromonarchie wahhabite, non certo da nostri alleati e amici spassionati.
Ovviamente, l’Italia esprimerà la stessa domanda di energia; non poterla soddisfare in casa propria, sebbene per una piccola parte, non farà che aumentare la propria dipendenza dall’estero, comportando una relativa perdita economica per tutta la comunità. Già ora famiglie e industrie italiane sanno bene quanto siano più salate le loro bollette rispetto al resto dell’Europa; se si vuole proseguire su questa strada, si dovrebbe almeno essere disposti a riconoscerne i costi.
Tutto questo non per dire che lo sfruttamento umano delle risorse ambientali debba essere smodato e privo di freni, ma solamente per attestare che una pacifica e serena coscienza ambientale dovrebbe evitare di scadere nell’utopismo e provare, di tanto in tanto, a confrontarsi con i fatti.
I fatti in questione sono, in primo luogo, che l’essere umano non è per l’ambiente e per la natura un corpo estraneo o erroneo. L’essere umano è la creatura principe del creato, del creato è sì custode, ma è il creato a essere posto al servizio dell’uomo, non viceversa. L’essere umano, in questo disegno della natura, esprime poi dei bisogni sociali; esprime, cioè, un tipo di vita sociale e civile, e i relativi bisogni materiali a ciò correlati non sono condannabili.
La critica che da destra si può fare alla società moderna è sicuramente rivolta allo stile di vita capitalistico, al vuoto morale e spirituale che crea la sudditanza al Dio denaro, all’alienazione sociale che tale stile di vita crea, alla perdita del senso di comunità, alle distorsioni economiche e, sì, anche ambientali che tale idolatria può causare.
Tuttavia, non si può per questo confondere ciecamente ciò che nella modernità c’è di buono o di almeno moralmente neutro, come può essere il progresso tecnico, con ciò che invece c’è di deprecabile.
In questa condanna cieca dell’esistente moderno, si rischia appunto di condannare la realtà stessa, sacrificata sull’altare del velleitario.
Ci si dimentica, per quanto la ricerca in tal campo sia auspicabile, che la Germania, nazione più verde d’Europa, soddisfa all’incirca il 5% dei propria fabbisogni per questa via.
Ci si dimentica che la costruzione di pannelli solari, spesso made in China e con vita utile di una certa brevità, è un processo oneroso, che costa ingenti risorse in materiali di produzione e di scarto, oltre che in energia elettrica.
Ci si dimentica che l’installazione di grandi impianti eolici è quanto di paesaggisticamente più deturpante si possa immaginare.
Ci si dimentica che la realtà non si muta con una crocetta su di un pezzo di carta, idea invece ben presente, come hanno dimostrato anche per referendum e battaglie di altra natura, nella mente di radicali, vendoliani e compagnia cantante.
Se si vuole una società più pulita, meno votata alla sudditanza dei consumi, senza però scadere nell’apologetica della vita hamish, bisognerebbe, in primo luogo, attendere risultati della ricerca scientifica più promettenti, bisognerebbe sviluppare stili vita e di consumo alternativi. Ma finché ciò non sarà fatto, bloccare una trivellazione nei mari nazionali non aiuterà a darci un’Italia più prospera o degli italiani più felici.
Il risultato massimo sarà qualche disoccupato in più e qualche sceicco arabo con un paio di barili in più sul libro delle commesse.
Fonte: http://ordinefuturo.net/2016/04/12/lenergia-necessaria/
L’articolo presenta lacune. La Germania non é la nazione più verde d’Europa, eventualmente lo é la Danimarca. Inoltre il brutto della faccenda é che il governo Renzi, con intenti non del tutto o forse “troppo” chiari, ha tagliato i finanziamenti alle energie rinnovabili e sbloccato quelle da fossili con la scusa dei posti di lavoro che sicuramente nel “fossile” sono di meno. Consiglierei questo link: http://www.greenreport.it/news/clima/cervelli-trivelle-lappello-50-professori-scienziati-italiani-si-al-referendum/
Io sono un eletttore di Forza Nuova ma non sono d’accordo con l’articolo di Ordine Futuro. La ragione è una sola: non voglio fare favori a Renzi.
sono d’accordo con l’articolista.
Premesso che sono un tesserato di Forza Nuova e non un pd-dipendente non concordo su tutto quello affermato nell’articolo e segnalo quanto conosco sull’unica alternativa valida al petrolio e cioè la “fusione fredda” scoperta casualmente circa 30 anni fa America . E’ una fonte energetica sicura e praticamente infinita a costo bassissimo ma proprio per questo messa in cantina dalle società petrolifere . Segnalo un libro scritto dal ricercatore italiano Roberto Germano dal titolo “Fusione fredda moderna storia d’inquisizione e d’alchimia” che spiega tutto a riguardo di questa futura fonte energetica.
Segnalo un libro sempre attuale; “L’IMBROGLIO ECOLOGICO, NON CI SONO LIMITI ALLO SVILUPPO” scritto da Antonio Gaspari, Claudio Rossi, Maria Cristina Fiocchi, ed. Vita Nuova 1991. Tra i padri dell’Ecologismo figura John H. London, Presidente della Rothschild Orion Bank. Questa è una materia sulla quale non si possono invocare “obbedienze di partito”; ognuno deve ragionare con la propria testa, ma se la si vuole invocare, è bene ricordare che una vittoria del SI, non sarebbe una sconfitta di Renzi, bensì una vittoria degli ecologisti, non certo della destra: inutile farsi illusioni a proposito. Infilarsi a rimorchio delle tesi ecologiste-ambientaliste- bergogliste, significa infilarsi in un vicolo cieco da cui non si potrà uscire.
Aldi là di quanto + o – scienziati “rivelano” su metodiche energetiche, rimane il fatto che i referendum sono esercizio di democrazia, l’ultimo che ci hanno lasciato e quindi ritengo utile andare e votare. Se poi si vuole fare un favore a Renzi ed al suo governicchio calato dall’alto della finanza, allora si vota sì. Se invece si vuole dare una spallata al governicchio si vota No , che è quanto il governicchio non desidera. Brunetta ha descritto brevemente ma efficacemente questa realtà. Comunque, personalmente ritengo che non si raggiungerà alcuna percentuale valida, quindi tutto sarà una gran bolla di sapone.
Ottimo articolo pieno di buon senso, alcuni commenti sono rivelatori di una grossa ignoranza..ah adesso Brunetta lo vedremo a fare il notav
La realtà concreta di una nazione energeticamente autonoma non sarà mai quella italiana per ragioni politiche e di mancata ricerca. Ergo tutte le idee dialettiche su “non facciamo referendum che non servono” sono solo idee che conducono al nichilismo identitario senza risolvere alcunchè.
Mentre la partecipazione comunitaria qualcosa , anche se solo qualcosa, può fare se fosse massiccia. Brunetta è solo un politico che suggerisce una modalità per scalzare Renzi. Se non si ascolta neanche le modalità suggerite da un politico che sa il fatto suo, allora è meglio buttarsi a mare insieme alle trivelle, alla politica tutta , all’Italia all’immigrazione senza freno eccetera eccetera !