Ormai, il voto del Regno Unito per la Brexit è imminente e al riguardo vale una considerazione su quelli che sono i temi principali affrontati dal dibattito sulla materia.
Non può certo passare inosservato che l’argomento principale dei pro-Remain, di ambo i lati della Manica, sia una sorta di terrorismo psico-finanziario per il quale l’uscita della Gran Bretagna dalla UE dovrebbe certamente provocare una voragine di impoverimento generale, come se invece l’avventura di Eurolandia sia stato un paradiso di Bengodi fatto di crescita e prosperità per tutti, e non uno degli esperimenti politico-economici più disastrosi che si ricordino.
Forse, la costante propaganda di Cameron e del suo ministro delle Finanze in questo senso, volta a intimorire i sudditi di sua Maestà sul versante della propria ricchezza privata, potrebbe anche avere successo, considerando l’animo mercantilistico e l’indole strettamente pragmatica dei britannici.
Forse queste remore, unite al trattato di partecipazione speciale già ottenuto dal governo conservatore di Londra, che, ricordiamolo, garantisce al Regno Unito la sua sovranità monetaria, il diritto a chiamarsi fuori da qualsiasi passo ulteriore di integrazione, il diritto a mantenere controlli speciali alle frontiere in caso di emergenza, il diritto di discriminare i cittadini comunitari in materia di stato sociale e, dulcis in fundo, il diritto di ricevere dalla BCE un’adeguazione delle regolamentazioni imposte al sistema bancario, commisurate alle specificità della City, forse tutto questo – tantissimo, rispetto all’atteggiamento supino dei governanti nostrani – coordinato alle riflessioni di stabilità interna del Regno, ossia la voglia di scongiurare un nuovo referendum scozzese indipendentista, che si potrebbe attuare in caso di sì alla Brexit, potranno portare ad una sconfitta del Leave.
Francamente, penso che andrà in questa maniera, con le considerazioni di stabilità interna e di preservazione della struttura del Regno Unito, più che della UE, a fare da ago della bilancia sulle intenzioni di voto di parte dell’elettorato.
In ogni caso, tutto ciò non può che lasciarci desolati sulla qualità del progetto europeo che così si va difendendo.
Non solo perché, nel caso specifico, tutte queste tesi di catastrofe economica possono essere ampiamente contestate; in fondo, la Gran Bretagna non aderisce all’Euro, e già questo risolve molti problemi. La Gran Bretagna poi è un contributore netto dell’UE, ossia ci mette più soldi di quanti ne riceva, e perciò, per mera aritmetica, uscendo dovrebbe guadagnarci.
Eventuali catastrofi dovrebbero poi essere smentite da alcuni fatti facilmente osservabili: la sterlina sta già scendendo lentamente sui mercati, scontando quindi in anticipo un’eventuale svalutazione, fatto che, comunque, non è un evento drammatico, ma anzi un’opportunità classica per creare competitività commerciale. Inoltre, in caso di uscita, per due anni la Gran Bretagna serberebbe tutti i trattati vigenti con la UE e in questo lasso di tempo è molto facile immaginare che, per quanto riguarda il commercio, il Regno Unito potrebbe rinegoziare accordi bilaterali, con buona pace dei proclami ricattatori di Schauble, simili a quelli detenuti dalla Svizzera e dalla Norvegia con la UE, nazioni capaci di sopravvivere e di prosperare anche senza le regolamentazioni della Commissione di Bruxelles.
Eppure, come si diceva, ciò che lascia desolati non è in queste considerazioni.
Il punto è che, se si considerano le ragioni del sì all’Europa, da come è impostata la campagna di Cameron e da quelli che sono gli interventi di Schauble al riguardo, quest’Europa sembrerebbe tenuta insieme più che altro dalla paura del ricatto economico.
Significativo che contrari alla Brexit siano i top managements delle grandi banche e delle grandi multinazionali quotate alla borsa di Londra.
Significativo che solo essi siano i veri fautori del restare in quest’Europa e che alla difesa dei loro interessi, spacciati come identici agli interessi di tutti, si appelli ad ogni pie’ sospinto il primo ministro e il fronte del Remain.
Significativo che, invece, le associazioni britanniche di piccoli imprenditori e ancor di più le classi lavoratici siano più nettamente a favore della Brexit.
Il motivo di questa discrepanza è evidente all’interno del mondo che sempre più corre verso il processo di mondializzazione.
Mentre il denaro ha le caratteristiche dell’assoluta liquidità, trasferibilità e fungibilità, le comunità hanno ancora la spiacevole caratteristica di essere stabili, sedentarie e individuate.
L’uomo, cioè, senza radici, quello che si sentirà a casa propria a Londra come a Bruxelles, a Parigi come a New York, o ancora al Cairo come a Roma o a Istanbul, sarà l’uomo ideale della banca e della multinazionale. Essendo uomo-merce, sarà egli stesso un prodotto fungibile e scambiabile, e se troppo costoso facilmente sostituibile tramite immigrazione, nel mondo dell’assenza di confini e barriere.
La libertà di circolazione del capitale al giorno nostro è assioma tanto forte che ad essa si sacrificano le esistenze delle comunità, degli stati, delle nazioni.
Ubi pecunia ibi patria, laddove è il denaro là è la patria.
Non più perciò Inghilterra, Scozia o Irlanda, non più Francia, Germania o Italia, non più la stessa Europa: solo un unico mercato, in cui chi ha più disponibilità possa acquistare e vendere più velocemente senza dover rendere conto a nessuno dei fini d’uso di questo denaro.
Servono lavoratori a basso costo? Il denaro ordinerà merce-umana tramite il mondo senza frontiere dell’immigrazione.
I nativi pretendono uno stato sociale troppo evoluto? Il denaro saprà minacciarli di povertà e, trasferendosi in lidi meno esigenti, estorcere ogni concessione.
Tradizioni e identità locali rendono troppo frammentario il commercio? Il denaro potrà abbatterle come inefficienze del passato.
Voltaire, genio del mondo moderno, aveva scorto perfettamente questo spirito già quasi tre secoli or sono: “Entrate nella borsa di Londra… lì l’ebreo, il maomettano e il cristiano si trattano reciprocamente come se fossero della stessa religione, e chiamano infedeli solo quelli che fanno bancarotta.”
Ecco lo spirito dei tempi moderni, lo spirito della Londra, bella e senz’anima, di Sadiq Khan e dello psico-terrorismo finanziario di Cameron.
Dai tempi del solco di Romolo sul Palatino e del Pomerium romano e fino qualche decennio fa, i confini erano detti sacri e sacro, ricorda Ezra Pound, è il Tempio, sacro perché non è in vendita.
Fonte: http://ordinefuturo.net/2016/06/14/riflessioni-di-brexit/