Clinton/Trump: Il Paradosso e il Boomerang

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CLINTON TRUMP

Il Paradosso e il Boomerang.

 

di Sergio Di Cori Modigliani

 

Il paradosso del boomerang è il teorema base della surrealtà che viviamo. Tale paradosso (che possiamo anche chiamare paradang) equivale al prodotto dei due quadrati del paradosso e del boomerang. Una mente geniale, profonda e sottile come quella di Pitagora, sarebbe senz’altro in grado di spiegarlo anche in termini matematici. Non essendo il sottoscritto uno scienziato competente in queste materie, ho scelto di usare il teorema del paradosso come strumento critico di interpretazione della realtà applicandolo alla politica e alla società.  

Questo è il primo post di tre. Tema odierno: Usa e politica internazionale.

Si apre oggi a Philadelphia la convention del Partito Democratico Usa che si chiude giovedì con la designazione ufficiale e formale di Hillary Clinton come antagonista a Donald Trump, già designato nel suo specifico campo. Suppongo che nella mente di Hillary Clinton, questa riunione avrebbe dovuto essere una gigantesca festa collettiva a suo favore, con un abbraccio popolare alla sua persona, identificata dal votante liberal americano come l’emblema e punto di riferimento del riformismo, della cultura, dei diritti civili, dell’antagonismo fiero e orgoglioso al populismo becero del suo avversario. Invece non sta andando affatto così.

 

Il teorema del Grande Paradosso, infatti, ci spiega il perchè un sondaggio privato dell’aprile del 2016 (pare molto accurato e solido) avrebbe fatto fare a Barack Obama un salto sulla sedia, convincendolo a intervenire nella battaglia delle primarie. Sulla base di quello studio ponderato di proiezioni statistiche di nuova generazione (in Italia penso che le abbia usate soltanto Gianroberto Casaleggio; oggi lo fanno anche tutti gli altri) erano stati applicati dei nuovi algoritmi legati a quella che viene definita “informatica predittiva”, un complesso sistema multidimensionale, multifunzionale e multimediatico basato sulla identificazione non più delle cosiddette intenzioni di voto (considerato un sistema arcaico e obsoleto) bensì sui labrintici processi della produzione creata dall’immaginario collettivo sulla base della percezione della realtà come appare e non della realtà quale essa è oggettivamente. Come dire: lo sdoganamento ufficiale della surrealtà.

 

Quel sondaggio, che Obama e la sua squadra lessero, rivelava che l’8 novembre del 2016 l’esito delle elezioni sarebbe stato il seguente: Trump vs Clinton: vince Trump 55% contro il 45%; Trump vs. Sanders vince Sanders con il 52% contro il 48%. Da lì l’idea (che qui avevo raccontato con particolari un paio di mesi fa, definendola “il capolavoro diplomatico di Obama”) di convocare sia Sanders che la Clinton alla Casa Bianca e chiudere il seguente accordo: la Clinton nominava come sua vice Elizabeth Warren, esponente di punta del liberalismo progressista radicale, nemica delle banche e della finanza, pacifista e femminista, garantendosi in cambio il totale appoggio dei tifosi di Sanders. Una badante di quel genere avrebbe sedotto l’elettorato di sinistra.

Tutti d’accordo, quindi.   

Infatti, venne siglato il patto. Venti giorni fa, Bernie Sanders dichiarava solennemente il suo incondizionato appoggio alla Clinton. Era fatta, quindi.

Macchè. Neanche per sogno. La signora Clinton, campionessa del neo-liberismo statunitense, approfittando della concomitanza di Dacca, Brexit, Nizza, Erdogan, virava di 180 gradi, rompeva il patto sancito e la notte del 22 Luglio annunciava di aver “scelto” il suo vice: senatore Tim Kaine, già governatore dello Stato della Virginia. Apriti cielo. Gli italiani forse non sanno chi sia.

Gli americani (quantomeno quelli che seguono, si informano e pensano) lo sanno benissimo.

 

Il senatore Kaine è il più pericoloso falco guerrafondaio all’interno del Partito Democratico, punto di riferimento dei generali di Washington (proprio quelli con il sigaro e il cappello texano mostrati da Stanley Kubrick nel suo immortale capolavoro “Il Dottor Stranamore”) il moderato più moderato che esista (quindi un estremista) rispetto al quale Edwin Luttwak è un pacifico ammiratore di Dario Fo e del fu Mahatma Gandhi.

 

Con geniale e inappuntabile abilità (nonchè davvero invidiabile velocità diesecuzione) appena due ore dopo l’annunciata nomina, Donald Trump virava verso sinistra, denunciava la Clinton come “persona caratterialmente portata al tradimento, incapace di rispettare neppure i patti interni al suo partito, emblema squallido del potere finanziario e dei militari che vuole portarci verso la guerra, ovvero l’ultima guerra del pianeta”.

 

Aggiungeva (due ore più tardi) il cosiddetto carico da undici ribadendo, davanti agli esterrefatti giornalisti, la sua intenzione programmatica, come presidente, di mandare in pensione la Nato senza neppure discutere: gli Usa si ritirano abbandonando l’Europa al proprio destino. “E’ arrivato il momento che gli europei siano adulti maturi e si assumino la responsabilità finanziaria, militare e politica della loro difesa. Non ho alcuna intenzione di sprecare neppure un dollaro dei contribuenti americani già troppo tartassati dalle tasse e dal disagio per andare a difendere i polacchi o i finalndesi. Che cosa può importare agli studenti disoccupati del Wisconsin o del Minnesota, ai poveri assoluti del Mississipi e del Tennessee, se i polacchi hanno dei problemi? Che se li risolvano per conto loro, sono adulti: la cassaforte è chiusa”.

 

Non contento di questa argomentazione (anche in Italia presentata dalla cosiddetta sinistra come “veemente attacco populista di Trump all’Europa”) sei ore dopo, a tarda notte, il suo rappresentante ufficiale, il vice-presidente nominato Mike Pence, faceva sapere alla stampa che “Donald Trump è fortemente contrario al libero scambio; non soltanto si oppone sia al TTIP con l’Europa che al TTP con gli stati del Pacifico, ma intende anche uscire fuori dall’organizzazione mondiale del libero scambio perchè i cinesi barano e fanno i furbi. Chiuderemo almeno 150.000 aziende americane in Cina e le sovvenzioneremo dando loro incentivi statali perchè ritornino in patria a investire qui e contribuire a sfamare gli americani invece che arricchire i cinesi”.

 

Donald Trump parla così.

 

Il Grande Paradosso ci illumina facendoci vedere che Trump si è andato a situazionare nell’immaginario collettivo nazionale più a sinistra di Bernie Sanders. “Imbavagliamo la finanza senza scrupoli, bastoniamo gli immigrati che non rispettano le regole e diamo voce ai nativi americani che hanno voglia, bisogno e talento, e quindi meritano di lavorare e prosperare”.

 

Un immediato sondaggio ha rivelato che la bella pensata di Hillary ha provocato, al momento, il seguente risultato: il 50% dei votanti democratici per Bernie Sanders vanno verso l’astensione; il restante 50% voterà per Donald Trump. In compenso, la famiglia Bush al completo ha fatto già sapere di considerare Hillary Clinton “un ottimo presidente, dobbiamo evolverci tutti nel nome della ritrovata unità nazionale” ufficializzando il proprio appoggio.

 

La teoria del Grande Paradosso, quindi, ci informa che Donald Trump, candidato dei repubblicani, sta seducendo la platea di sinistra, i progressisti, gli antagonisti, ed è diventato il punto di riferimento dei pacifisti, degli isolazionisti, dei protezionisti, dei nazionalisti. Hillary Clinton, dal canto suo, candidata dei democratici, è sostenuta dalla famiglia Bush, dai petrolieri texani, da Wall Street, dall’intero mondo della finanza speculativa, e dal quartier generale dei militari, vogliosi di menar le mani in giro per il mondo, rosi dall’invidia per il fatto che lo fa Putin e loro no.

 

La destra storica americana definisce Donald Trump “un pericolo per la pace nel mondo”. Hanno anche smosso i grandi astrologi che alla tivvù americana spiegano che mentre la Clinton è scorpione con ascendente ariete e quindi coriacea e portata al comando grazie alle stelle, Trump è gemelli con ascendente capricorno, quindi testardo e capriccioso. Lo so che vien da ridere ma le elezioni, in Usa, si vincono (anche) su queste piattaforme. E così, in Usa, oggi, si vede alla tivvù locale di Miami Beach, in Florida, l’astuto Jeb Bush che invitato da un gruppo di femministe dichiara: penso che l’America si meriti una presidente di sesso femminile; se la mia mamma fosse stata presidente l’America a suo tempo si sarebbe salvata, e se mio padre, quando era presidente, avesse dato retta a mia madre ci saremmo risparmiati tanti dolori.

 

Intanto, a Santa Barbara, Susan Sarandon, nume tutelare dell’avanguardia progressista, femminista, ambientalista e radicale di Hollywood, ribadiva la sua dichiarazione di voto dichiarando all’emittente locale: voterò Donald Trump per fermare a tutti i costi la Clinton. Voterò Trump proprio perchè è inattendibile e inaffidabile. Noi donne possiamo capire ciò che significa.

Proprio perchè lui è ciò che è, è anche in grado di far saltare il tavolo e mandare a ramengo questo sistema basato sull’ingiustizia, sulla finanza pura, sull’ipocrisia, sull’ineguaglianza. Hillary Clinton è ipocrita. Donald Trump no. Di questi tempi, non è poco.

 

E così abbiamo un candidato della sinistra (Donald Trump) e uno della destra (Hillary Clinton); questo è il palcoscenico della surrealtà odierna se si aderisce alla teoria del paradosso incrociato.

 

A questo è necessario aggiungere l’effetto boomerang, perchè in queste ore si sta rovesciando addosso alla Clinton tutto ciò che lei, astutamente, brillantemente, diabolicamente, ha costruito negli ultimi mesi. Primo tra tutti il carteggio elettronico tra lei e i big del partito (22.000 lettere) che mostra una sfacciata e perdurante attività di diffamazione a tavolino ai danni di Bernie Sanders, di cui due lettere primeggiano tra tutte. Una fa appello al sentimento religioso “vedi un po’ di far stampare 10 milioni di opuscoli in cui si spiega che Sanders è ateo, detesta i credenti e vuole eliminare le congregazioni religiose; lo facciamo firmare da un comitato di devoti cristiani e credenti”.

 

L’altra, relativa al sentimento morale “mi hanno detto che è possibile tirar fuori delle belle immagini di Sanders con dei bambini, con delle femmine non sarebbe credibile. Potremmo diffondere un bel testo accusandolo di pedopornografia. Vedi un po’ se quelli che sai tu all’FBI sono in grado di confezionarti un bel pacchetto”. Il punto è che il destinatario di tali missive era Debbie Wassermann Shultz, segretario del Partito Democratico, la quale ha risposto: “ok Hillary, vedrò di fare ciò che è possibile”. Una volta rese pubbliche (50 ore fa) immediatamente la Clinton ha fatto sapere che si trattava di un falso. La Shultz, quindi, avrebbe dovuto subito dar mandato di querela contro anonimi per salvaguardare il partito. Invece, conoscendo i propri polli, ha convocato una conferenza stampa e ha dichiarato “Chiedo scusa al popolo, a tutti gli iscritti e votanti del Partito Democratico. Restituisco la delega, mi dimetto in maniera irrevocabile e mi ritiro dalla scena politica a vita privata”.

 

Un terremoto.

 

Al quale va aggiunto l’effetto boomerang al quadrato. Quel magico oggetto australiano, lanciato dalla Clinton guerrafondaia in California, a Long Beach, tre mesi fa, per convincere le maestranze (in tutto circa 250.000 persone, il che significa un bel pezzo dei votanti californiani) a sostenerla, è ritornato indietro. L’aveva lanciato -dichiaratamente- a Mosca, a casa di Vladimir Putin, perché gli sbattesse contro la testa e lo stordisse riempiendolo di paura. Lo definì, allora “il guanto di sfida dei democratici che combattono per i diritti civili invece che ucciderli o metterli in galera” e lo fece nella sezione della Boeing Aircraft che costruisce bombardieri d’assalto.

 

Hillary non aveva capito che non era un guanto, ma un boomerang australiano.

Infatti, dall’ufficio di Trump, una fonte riservata (quindi non anonima e considerata attendibile a tutti gli effetti dai professionisti media statunitensi) ha fatto pervenire al Washington Post la prova che quelle 22.000 lettere sono state inviate da hackers russi, che si sono qualificati sostenendo che era un affettuoso regalo a Trump da parte di Putin.

 

E così, si apre la convention democratica.

 

Secondo la percezione comune, potenzialmente la più pericolosa dal 1968, quando a Chicago ci furono scontri violentissimi tra manifestanti e polizia.

Quell’anno, vinse le elezioni Richard Nixon, che quintuplicò l’invio massiccio di truppe e armi nel sudest asiatico e lanciò la stagione dei colpi di stato in tutto il Sud America, Africa Centrale, e l’agghiacciante novità delle stragi di stato nelle colonie più restie alla sottomissione. Da quel momento, Nixon, Kissinger e l’establishment politico statunitense vennero identificati da tutti gli europei pensanti come il quartier generale di una banda di criminali guerrafondai.

 

Il paradosso del boomerang funziona così.

 

http://www.libero-pensiero.net/paradosso-del-boomerang/

 

 

 

 

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