Turchia: il golpe farsa

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ERDOGAN IL FUGGITIVO

Appare tranquillo e sorridente, a tratti ammiccante, e mentre parla alla Turchia subito dopo l’atterraggio e il bagno di folla all’Ataturk airport, il premier Recep Tayyip Erdogan scambia occhiate d’intesa con l’uomo alla sua sinistra:
Berat Albayrak, ministro dell’energia e suo genero. Solo un’ora prima il presidente turco volava in giro per l’Europa chiedendo asilo politico. E andando indietro ancora di un’ora, con i golpisti che bloccavano i ponti sul Bosforo, dividendo l’Istanbul occidentale da quella orientale, che oscuravano la tv di Stato e mettevano in un angolo l’ufficio di Stato maggiore turco, Erdogan – in collegamento audio-video tramite il suo telefono cellulare sulla Cnn turca – incitava il suo popolo a scendere in piazza per opporsi senza armi ai carrarmati. In molti l’hanno fatto, bandiera turca in resta, lasciando un segno nelle fotografie dei corrispondenti della Reuter in Turchia che ricorda la scena di piazza Tienanmen. Per i quotidiani di tutto il mondo la foto del golpe turco sventato in poche ore è quella. La polizia ristabilisce l’ordine e nei video della Bbc gli agenti in tuta nera sfilano per le strade mentre accompagnano i militari golpisti verso le patrie galere. Ha vinto Erdogan. Più forte e incisivo di prima grazie alla “farsa” – così l’ha definita ieri mattina Deniz Baykal, ex segretario del partito repubblicano turco Chp e membro anziano del parlamento di Ankara – che ha destabilizzato la Turchia per poi renderla più stabile in poche ore. Ma come può un golpe che appare subito così bene organizzato fallire dopo poche ore? E prende corpo in Turchia l’ipotesi del bluff? Il leader dell’opposizione sceglie Twitter per accusare Erdogan senza mezzi termini di aver organizzato il tentativo di golpe per poter realizzare la riforma della costituzione e attuare il tanto anelato presidenzialismo. Secondo Baykal, insomma, il tentativo di colpo di Stato sarebbe il mezzo con cui il presidente vuole ampliare le proprie competenze e acquisire così poteri esecutivi. “Quello che non uccide rende più forte”, scrive sul sito T24 Metin Münir, intellettuale turco, nel corso della sua analisi a poche ore dai fatti. Farsa oppure no è evidente che nella dinamica del fallimento del golpe hanno influito anche fattori esterni. “La Turchia è terreno di violento scontro tra Usa e Russia. Non c’è solo Assad a dividerli ma i tragitti delle pipelines. Lo stesso meccanismo che tenne l’Europa in bilico per la posizione antirussa dell’Ucraina”. A sostenerlo è il professore Aldo Ferrara dell’università di Milano, esperto di dinamiche geopolitiche. “È evidente – sottinea Ferrara – che qualcuno ha fatto pendere la bilancia dalla parte di Erdogan”. Ma chi? “Presto per dirlo – precisa Ferrara – ma John Forbes Kerry, segretario di Stato Usa, il giorno del fallito golpe era a Mosca”. Ed era lì per una riunione con il collega russo Sergey Lavrov. Tema dell’incontro: la soluzione al conflitto in Siria. Insomma, secondo Ferrara l’instabilità della Turchia non conviene ai produttori, estrattori e trasportatori di greggio: “Tap (Trans Adriatic Pipeline) e Nabucco (per quel che ne resta) passano da quelle parti. Nessuno vuole che una Turchia, instabile politicamente, si metta a giocare con i rubinetti di petrolio”. Soprattutto dopo la denuncia russa che voleva Erdogan addirittura in affari con l’Isis per l’oro nero proveniente dalla Siria. A golpe fallito Erdogan incassa subito il favore americano. “Gli Stati Uniti sono con il governo democraticamente eletto in Turchia”, afferma la Casa Bianca, sottolineando che il presidente americano, Barack Obama, ha parlato del colpo di Stato in Turchia con John Kerry che, in quel momento è in Russia. Anche la dichiarazione di Angela Merkel, attraverso il suo portavoce, è in favore del governo eletto: “L’ordine democratico deve essere rispettato”. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, lancia un appello alla “calma e alla moderazione e al pieno rispetto per le istituzioni democratiche della Turchia e per la sua Costituzione”. Il premier turco ora è più forte. Per lui si apre una nuova fase. E per l’Europa?

 

 

 

 

Foto: http://www.rinascita.net/1428/turchia-il-golpe-farsa

Una Risposta

  • Farsa o no, è stato un golpe straordinariamente favorevole al sultanato di Erdogan per l’erezione di una terza potenza mondiale. Questa sarà fondata sull’ideale di uno stato islamico democratico, moderatore delle opposte forze attuali del mondo. Infatti, Erdogan appare ora come autorevole sfidante delle attuali forze titubanti nel mondo, cioè sugli SU del contraddittorio Obama, sulla NATO che tituba perché i suoi non forniscono carne per canoni in Ucraina, sulla UE, la cui intellighenzia è nata per l’asservimento all’altro e fa ridere i polli. La loro NATO In Ucraina, al massimo manderà per il risolvere la questione della reintegrazione del «territorio nazionale», quei tanti polacchi, ceceni, arabi, tra i giovani turchi, che son riusciti a racimolare tra quelli che amano l’avventura militare delle legioni straniere bene rimunerate. L’America allora, con qualsiasi risultato elettorale, sia la vittoria della improponibile Killary, sia dell’avversato Trump, non avrà più la posizione di potere arbitro degli equilibri internazionali. Intanto, la Turchia di Erdogan lo potrà essere con la Russia di Putin, con l’Israele de Netanyhau, con l’Arabia e vicinato, con l’Iran… e il principale, col cosi detto «stato islamico», che non avrebbe più ragione di guerra perché l’ideale del califfato originale, potrebbe presto essere incarnato nel «sultanato del nuovo impero ottomano»: potere «democratico moderatore» riconosciuto e anche applaudito dalle decadenti democrazie occidentali, già abbastanza islamizzate da non offrire obbiezioni. Colpo così straordinario che si deve pensare sia d’ordine preternaturale, per un mondo che da mo’ ha venduto l’anima.

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