Il libro sul Plebiscito truffa fa impazzire gli storici “di regime”

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La lapide nel pronao di Palazzo Barbieri che ricorda il plebiscito per l’annessione del Veneto all’ItaliaLa copertina del libroEttore BeggiatoCarlo Saletti
La lapide nel pronao di Palazzo Barbieri che ricorda il plebiscito per l’annessione del Veneto all’ItaliaLa copertina del libro Ettore Beggiato Carlo Saletti (BATCH)
Maria Vittoria Adami.  31.08.2016

Un libro sulla «truffa» dell’annessione del Veneto all’Italia. Lo regala la Regione alle biblioteche nell’anno del 150esimo del Veneto italiano e gli storici a Verona insorgono. «È un atto grave per le modalità e la tempistica compiuto dalla massima istituzione regionale», attacca Carlo Saletti, esperto dell’Ottocento risorgimentale. «È un uso politico della storia che fa danno quando tange la traiettoria della didattica, visto che è diffuso nelle biblioteche. Questa è la maniera di ricordare un importante anniversario?».

Per Federico Melotto, direttore dell’istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, «si vuole dare un messaggio politico partendo dal plebiscito per lanciare una critica all’Italia di oggi. E la diffusione del testo in questo modo dà carattere ufficiale a una interpretazione dei fatti opinabile».

Il pomo della discordia è il libro “1866: la grande truffa. Il plebiscito di annessione del Veneto all’Italia“ (Editrice veneta, 2016) di Ettore Beggiato, già assessore regionale e attivo per la difesa dell’identità veneta. Il volume è dedicato al popolo che lotta per San Marco e ha la prefazione di Alberto Montagner di Veneto Nostro – Raixe venete.

Il volume descrive i passaggi che al termine della Terza guerra d’indipendenza del 1866, dopo le due sconfitte italiane di Custoza e Lissa, portarono all’annessione del Veneto all’Italia. Beggiato si sofferma sui plebisciti del 21 e 22 ottobre 1866 che definisce una «clamorosa truffa» («la prima di una serie perpetrata dall’Italia ai danni dei veneti», scrive nel suo blog). Perché furono fatti a decisione già presa e in un clima di intimidazione, mantenendo nell’ignoranza i votanti. Beggiato guarda i numeri: circa il 99,99 per cento di sì, «neanche nei peggiori regimi».

A Verona, per esempio, degli 85.589 voti, due soli furono i no e sei le schede nulle. Mentre per Beggiato «le potenze europee intendevano riconoscere, attraverso il plebiscito, al popolo veneto il diritto di scegliere il proprio futuro e l’autodeterminazione».

L’autore sostiene che i veneti sono oggi tenuti all’oscuro di questa storia e auspica che si tenti un recupero della memoria «prima che il regime nazional tricolore cancelli tutto e ci facciano diventare tutti italiani», ipotesi definita nell’introduzione al libro «un’aberrante soluzione finale».

Accompagna il volume una lettera del presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti. Quest’ultimo plaude all’opera di Beggiato che affronta vicende «descritte dagli storici prezzolati dai Savoia come un evento addirittura voluto dalla Provvidenza». Accusa anche la scuola pubblica del Regno d’Italia il cui «principale compito fu cancellare anche il ricordo degli antichi Stati italiani» attraverso l’insegnamento. «Il libro», conclude, «è un contributo per stimolare una ricerca storica seria e onesta, che vede nelle regioni di tutti i paesi d’Europa una ricchezza e non una minaccia a uno sterile centralismo».

Per Saletti è inaccettabile: «La terza guerra d’indipendenza fu la prima grande azione del neonato Regno d’Italia e portò a un ingrandimento del Paese. E nel 150esimo anniversario del Veneto italiano si diffonde un libro, a spese pubbliche, che rivela un uso ideologico della storia. Il grave è che tocca la sfera delle biblioteche: fa un danno elevato al cubo perché c’è un’ampia diffusione. Non è un semplice intervento di una persona a una conferenza. Mi auguro che la politica reagisca».

Secondo Melotto, il volume fa un’analisi del plebiscito anacronistica trasferendolo sul piano di principi democratici e di autodeterminazione che nel 1866 non c’erano. «Si parte dal presupposto che valessero valori democratici che oggi sono imprescindibili ma che allora non lo erano: nessuno si sognava di far votare i contadini. Eppure per la prima volta nel 1866 tutti i cittadini dai 21 anni in su votarono. Non è poco».

Quanto al fatto che l’annessione al Veneto fosse già decisa prima dei plebisciti è cosa nota, anche ai libri scolastici. Ne scrisse anche L’Arena nel suo primo numero il 12 ottobre 1866 salutando «l’Italia redenta» e il Veneto «libero e unito». E ancora il 16 mentre i bersaglieri entravano a «Verona italiana».

Il passaggio del Veneto avvenne dall’Austria alla Francia come ricompensa per la mediazione diplomatica di Napoleone III durante la guerra austro-prussiana. Quest’ultimo lo consegnò all’Italia. Certo il modo in cui fu conseguito il traguardo lasciò profonda amarezza nel Paese.

«L’annessione», conclude Melotto, «fu già decisa dal punto di vista diplomatico, certo: il plebiscito serviva a sancire una situazione di fatto. Ma non può essere definito scandaloso questo modo di procedere perché nell’800 era la diplomazia a prendere le decisioni, non il popolo».

 

 

 

Fonte: http://m.larena.it/home/cultura/il-libro-sul-plebiscito-truffafa-insorgere-gli-storici-1.5099358

 

Una Risposta

  • Scontata la truffa dei plebisciti risorgimentali, resta da ricordare agli “storici” omologati che la terza guerra di “indipendenza” – quella di Lissa, rappresenta l’Italia che, come disse Bismarck, è stata fatta con tre S, cioè: Solferino, Sadowa, Sédan, dove a vincere non furono i piemontesi/italiani ma gli alleati mercé i quali la nostra “gloriosa” Patria poté diventare nazione. Ma quante menzogne sul come!!

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