1. POLETTI: FUGA DI CERVELLI? TANTI È MEGLIO PERDERLI
Francesco Manacorda per la Repubblica
Un’uscita del solito Poletti. Ma non dal governo, come per molti sarebbe opportuno. Un’uscita invece che conferma la fama del più improvvido e stonato dei ministri che furono al fianco di Renzi e adesso rimane accanto a Gentiloni. Dire come ha fatto il ministro del Lavoro, sollecitato dalle domande sulla fuga di cervelli in Italia, che «conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averla più fra i piedi», non è solo una battuta infelice e grossolana.
È la prova dell’inadeguatezza culturale di un rappresentante di governo che sembra non capire a fondo come lavoro e istruzione per i propri figli siano l’angoscia perenne e principale di tante famiglie italiane, di un uomo che pare non avere ben precise le coordinate abissali della disoccupazione giovanile nel nostro Paese (36,4% l’ultimo dato di ottobre, se serve un ripasso), di un politico che non si è fermato un attimo a riflettere sul fatto che la boutade potrebbe essere applicata — con garanzia di maggior consenso popolare — alla sua stessa figura.
Certo, il serial-gaffeur Poletti, appena reduce dalla lucida esposizione di un piano per andare a votare al più presto in modo da bloccare i referendum sul lavoro, questa volta si è scusato in diretta. Evidentemente — ha detto — non è stato compreso e di questo si rammarica: «Non mi sono mai sognato di pensare che è un bene per l’Italia il fatto che dei giovani se ne vadano all’estero. Penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri».
CENA 2010 – GIULIANO POLETTI – FRANCO PANZIRONI – UMBERTO MARRONI – DANIELE OZZIMO – ANGELO MARRONI – SALVATORE BUZZI – GIANNI ALEMANNO
Messa in questi termini è un’ovvietà che nessuno si sogna di contestare: nessuno si sogna di pensare che chi lascia l’Italia per studiare o a lavorare sia meglio di chi resta. Ma il dato di fatto è che emigrano non solo i cervelli già formati, ma anche quelli da formare. Tra le famiglie italiane la corsa a mandare la prole a studiare all’estero somiglia ormai a quella di un Paese mediorientale.
Per i figli della buona borghesia italiana l’ora del distacco dalla famiglia e della partenza suona spesso già a quindici anni; nel peggiore dei casi si fanno tre anni di Università e poi si punta oltre frontiera? Esterofilia? Non tanto e non solo. La verità è che da noi è tornata fortissima la distinzione di censo: chi se lo può permettere fa un investimento e manda i figli a studiare all’estero, convinto di dare loro un futuro migliore che difficilmente si identifica con un lavoro in patria. E chi il futuro se lo cerca dopo gli studi lo trova troppo spesso in un altro Paese.
SACCONI POLETTI JOBS ACT IN SENATO
Le polemiche sui ministri senza laurea — tra cui Poletti, che a differenza di sue nuove colleghe di governo non ha mai millantato di averla — sono stucchevoli. Ma stucchevole è anche ridicolizzare chi quella laurea magari se l’è sudata e per trovare uno stipendio dignitoso e un’opportunità di carriera ha scelto di spostarsi all’estero.
SACCONI POLETTI JOBS ACT IN SENATO
C’è un mondo là fuori di cui il ministro non pare rendersi conto. Ma — e qui forse conta anche la sfortuna o la scarsa sensibilità — c’è anche una dimensione acustica della politica che è cambiata, senza che Poletti evidentemente se ne sia accorto. Fino al 4 dicembre il clamore del governo era massimo, la voce di Matteo Renzi inarrestabile. E anche se il suo era il verso incantatore e vano della sirena referendaria e non l’invettiva sopra le righe del titolare del Lavoro, proprio quel suono continuo finiva per nascondere qualsiasi stonatura. Adesso nel silenzio tombale che è la cifra del premier Gentiloni gli acuti di ogni singolo ministro si sentono di più. E somigliano tanto a stecche che giustificherebbero l’ennesima uscita. Magari di scena.
3. “POLETTI SI DIMETTA”
Roberto Giovannini per la Stampa
E due. L’ altro giorno il ministro del Lavoro Giuliano Poletti aveva commesso una discreta gaffe istituzionale, sostituendosi al Presidente Mattarella, e annunciando che i referendum della Cgil verranno evitati attraverso lo scioglimento delle Camere e le elezioni anticipare. Ieri il solitamente cauto e poco «chiacchierone» ex presidente della Legacoop ha combinato un’ altra discreta «frittata». Pare che 100mila giovani italiani siano dovuti fuggire all’estero? Alcuni di loro, ha detto Poletti, è meglio «non averli più tra i piedi».
Un’ espressione tanto infelice quanto incomprensibile per un politico esperto, e che forse supera quel «choosy» (sempre rivolto ai giovani italiani) formulato da un altro titolare del Lavoro, Elsa Fornero. A poco sono valse le scuse per essersi «espresso male» di Poletti; le opposizioni chiedono la sua testa, e c’ è da giurare che tra Palazzo Chigi e Nazareno Paolo Gentiloni e Matteo Renzi stiano trattenendo a fatica la loro rabbia.
Se 100mila giovani se ne sono andati dall’ Italia, ha detto Poletti, «non è che qui sono rimasti 60 milioni di `pistola´… Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi». Chissà se aveva qualcuno di preciso in mente, il ministro. Fatto sta che a stretto giro arrivano le repliche di Luigi Di Maio («Vada via lui, non i giovani»), Pippo Civati («Giovani votano no e Poletti la fa pagare»), Nichi Vendola («togliamocelo dai piedi), Stefano Fassina («È ora che Poletti si dimetta»), Barbara Saltamartini («È più offensivo di Renzi»).
GIULIANO POLETTI E ROBERTA PINOTTI
La retromarcia del ministro è un po’ faticosa: «Evidentemente mi sono espresso male e me ne scuso – dice – Penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri». Mah….
Questo buttare là una o più frasi improprie, è una tattica ben collaudata non solo da Poletti, che deve aver imparato da Junker, e altri campioni simili, e suona un poco così:”Intanto l’ho detta, e quindi ho fatto boom, poi la ritiro o addirittura la smentisco, ma lo scopo è stato raggiunto, tanto la politica, o certa politica, è basata sul sistema della porta girevole se non sulla sfrontatezza più becera. Il fatto che che mi potrei giocare la carriera attuale non mi spaventa, tanto troverò sempre un altro porto sicuro, dove i tipi come me sono bene accolti in quanto mi possono usare, anzi rischio pure di salire di grado. La melma è la stessa nella quale mi trovo a mio agio. Contenti voi..noi non molto in quanto questo squallore ha di fondo una stupidità abissale, contro la quale non c’è rimedio, almeno per ora, poiché gli studi sull’intelligenza artificiale sono molto avanzati.