E’ uscito il secondo libro nell’arco di un anno circa (l’altro è quello su Fatima di Arai Daniele) scritto da nostri collaboratori. Stavolta l’autore è Raimondo Gatto, con “Zingari”, che sarà presentato prossimamente, ovviamente a Verona. Presto i dettagli.
di Raimondo Gatto
Vi è una data che segnala l’inizio dell’espansione rivoluzionaria in Italia, ed è il 5 aprile 1794, quando l’esercito francese entrò nel territorio della Repubblica di Genova per aggredire il Regno di Sardegna passando il confine di Ventimiglia, territorio della Serenissima.
Gli eserciti dell’Assemblea nazionale avevano già occupato la Savoia e la Contea di Nizza, in omaggio al risibile pretesto dei “sacri confini stabiliti dalla natura”, e della “lingua comune”. Ci volle
molto tempo perché il “principio di nazionalità” entrasse nel bagaglio della rivoluzione; fu Napoleone III nel 1856, a consacrarlo alla vigilia dell’intervento a fianco del Piemonte, per giustificare la guerra contro l’Austria, distruggendo quello di legittimità.
Utilizzando questi motivi i rivoluzionari entrarono nella penisola italiana allo scopo di sconfiggere l’esercito piemontese che unitosi agli austriaci dopo la dichiarazione di Pilnitz tentò di erigere una diga per fermare gli aggressori; al Regno di Sardegna e all’Austria si uni la Prussia, che però si tirò fuori dalla mischia poco tempo dopo.
Il fratello di Robespierre, Agostino aveva tentato di fermare il Piemonte, chiedendo in cambio di Nizza Savoia e della Sardegna, mano libera sulla Lombardia e sugli ottantasette feudi imperiali del tortonese che dipendevano da Vienna. Vittorio Amedeo III rifiutò lo scambio e si accinse a consolidare la sua alleanza con l’Austria.
Per entrare in Piemonte bisognava passare per il territorio della Repubblica di Genova, poiché il piano prevedeva di transitare attraverso la valle del Tanaro e della Bormida, attaccando l’esercito austriaco che vigilava sulla Lombardia; chiave di volta era la fortezza sabauda di Saorgio, che una volta occupata non avrebbe trovato altra resistenza a guardia della pianura padana; nel giugno del 1793, i piemontesi riuscirono a bloccare i francesi sul colle dell’Authion e del Raus; un altro obiettivo dei francesi era di occupare il porto sabaudo di Oneglia, dove le navi del regno contrastavano
quelle dei rivoluzionari.
A Parigi, il Re Luigi XVI era prigioniero dei giacobini dopo il suo forzato ritorno da Versailles; le armate francesi nel frattempo si erano impadronite dei Paesi Bassi austriaci (Belgio) e si apprestavano a entrare in Olanda.
Una svolta avvenne segnata con la battaglia di Valmy, dove i francesi riuscirono a sconfiggere gli austro-prussiani dando animo ai rivoluzionari in preda al caos interno provocato dalla circolazione
degli assegnati.
Nel marzo del ’94, un proclama indirizzato da Saliceti e da Agostino Robespierre, affermava che: “I tiranni suoi nemici avevano deliberato impossessarsi dello Stato di Genova per metterlo sotto il dominio del re di Sardegna e dargli così la possibilità di attaccare la Francia, si vedeva costretto, per la sua sopravvivenza… a far passare le truppe su parte del territorio di Genova…La presenza delle truppe non deve turbare i genovesi… essi troveranno in ogni francese degli ospiti umani e benevoli”.
Giulio Cesare Bacigalupo, tale era il nome del comandante, la guarnigione genovese di Ventimiglia che protestò energicamente contro l’occupazione; si trattava né più né meno che di un’aggressione a un legittimo stato che si era dichiarato neutrale sin dall’1 giugno 1792 comunicandolo all’incaricato d’affari Tilly, proprio quando la Francia rivoluzionaria entrava in guerra con Austria e Prussia.
La situazione nella capitale era alquanto confusa, causa la presenza in città di molti profughi “politici” proveniente un po’ da tutta la penisola, e dalla presenza del capo dei giansenisti italiani, l’abate Eustachio Degola, fuggito dalla Toscana dopo il fallito esperimento del Sinodo di Pistoia, una sorta di Concilio giansenista, svoltosi con l’appoggio del Granduca. Le turbolenze non impedirono che gli inquisitori laici della Superba, emanassero un editto in cui si affermava che. “con una falsa idea di una falsa libertà e coi principi di una immaginaria eguaglianza, gli agitatori miravano a distruggere ogni sistema politico, sacro e civile” . In città proliferavano le logge massoniche, nelle mani dei due nobili fratelli della famiglia Serra, Giancarlo e Gian Battista; a La Spezia e Sarzana Sebastiano Biagini, Antonio Boccardo e Mario Federici, nel ponente ligure soprattutto Lorenzo Gandolfo.
Gli inglesi, tramite il plenipotenziario Drake tentarono di attirare Genova nella coalizione di Pilnitz quando scoppiò l’affare della nave francese Modesta. Questa nave aveva piratescamente assalito due corvette inglesi, Rose e l’Eagle nelle acque territoriali della Repubblica contravvenendo alle leggi internazionali, poi si era ancorata nella rada di Genova; identificata da vascelli inglesi e spagnoli fu a sua volta assalita ed ebbe stavolta la peggio.
Conosciuto il fatto Agostino Robespierre (fratello di Massimiliano) ritenne i genovesi responsabili del fatto per non aver soccorso la nave francese e giunsero a minacciare il blocco del porto.
Tale era la situazione quando arrivarono le “nuove” dalla riviera di Ponente; con una serie di manovre aggiranti i francesi, riuscirono a occupare la fortezza di Saorgio e spingendosi nella riviera di Ponente riuscirono a entrare in Oneglia capoluogo dell’omonimo principato appartenente al Piemonte; il saccheggio di Oneglia (7 ottobre 1792) fu probabilmente il primo che precedette quelli che avvennero poi nel nord d’Italia. Le azione compiute dall’Armata d’Italia, erano state progettate per cercare di limitare i danni che la rivoluzione aveva causato all’economia di Francia, percorsa da un’inflazione devastante causa prima della miseria imperante; l’occupazione del Belgio non era sta sufficiente; bisognava impadronirsi delle ricche terre della pianura padana, e portare in Francia ciò che restava del saccheggio. Esperti d’arte affiancarono l’esercito, e tra i tributi dovuti a causa delle sconfitte, notevolissimi erano i dipinti che erano asportati per essere collocati nel museo del Louvre. Le operazioni militari furono pianificate a Parigi dal ministro Lazzaro Carnot. Molti patrizi genovesi corsero in aiuto delle popolazioni aggredite; il generale austriaco Colloredo si recò in Liguria per verificare sino a che punto i genovesi fossero preparati a resistere. Intuendo il pericolo, il governo della Repubblica emanò un decreto in cui si proibiva ai cittadini stranieri di non sostare più di tre giorni sul suo territorio. Napoleone Bonaparte, allora generale d’artiglieria al seguito dell’Armata d’Italia, si recò in segreto a Genova informandone l’incaricato francese Tilly; assieme al generale Marmont, egli fu intercettato dal servizio informazioni della Repubblica mentre tracciava uno schizzo delle mura di Forte Tenaglia da cui si dominava la valle Polcevera.
Le notizie giunte dal Ponente, soprattutto da Oneglia indussero alcuni laici a organizzarsi militarmente per sopperire alla debolezza dell’esercito austro-piemontese; il merito fu all’ Avvocato Giuseppe Robusti di Mondovi. Robusti infiammò gli animi dei cattolici affiggendo proclami ad Acqui, Alba, Mondovì, e Carcare in cui si chiedeva di combattere in difesa della Santa Religione; fu nominato un Generale nella figura di Ardissone da Pontedassio, e altri, tra cui Pellegrino di Villalta, Talone di Villa San Pietro, Borelli di Carpasio, Bacchiglieri e Cerone di Oneglia; Alpi Marittime, Langhe e parte dell’Alto Monferrato erano in armi. Gli abitanti della regione, patria di San Leonardo da Porto Maurizio, di Brunone Lanteri, di San Paolo della Croce non accettarono supinamente il nuovo verbo della “convenzione rivoluzionaria” e brandirono le armi.
Alla fine di maggio, la “colonna Robusti” varcò l’Appennino. Scrive Antonino Ronco: “Questa colonna numerosa ma caotica si mise in marcia. Preceduti da sacerdoti vestiti con i sacri paramenti, recando Croci e stendardi della Madonna, i “crociati” tentarono di risalire la valle del Tanaro, ma respinti cambiarono strada e dopo varie peregrinazioni raggiunsero la costa a Pietra ligure.” A Pietra Ligure gli insorgenti girarono a ovest per incontrare i francesi che avevano occupato Loano, anch’essa come Oneglia enclave sabauda nel territorio genovese.
Le notizie che abbiamo sono scarse perché sappiamo come gli storici abbiano poi falsato e taciuto gli avvenimenti; solo negli annali di alcune parrocchie è possibile tracciare il vero quadro della situazione.
Sabbiamo per certo, che l’Armata della val Tanaro si scontrò con i francesi, che intimoriti fuggirono dietro le mura di Loano, protetti dai bastioni usarono l’artiglieria falcidiando i contadini. Ma essi non si arresero e tornarono all’attacco; anche stavolta, i francesi ebbero la meglio.
I francesi insediatisi nel ponente ligure commisero centinaia di angherie taglieggiando la popolazione e uccidendo sacerdoti; terribile fu il “sacco di Balestrino” commesso nel savonese. Ad
aizzare la soldataglia furono il famigerato Filippo Buonarroti pisano, e il Corso Antoine Saliceti.
Mentre in Francia insorgeva la Vandea, l’Italia settentrionale fu percorso dal terrore causato dalla soldataglia giacobina, basti ricordare ciò che successe a Pavia mentre Bonaparte s’insediava a Milano.
A dare manforte ai francesi concorsero gli “italiani” della cosiddetta Repubblica Cisalpina, per gran parte esuli napoletani. Dovevano passare ancora due anni prima che la Liguria insorgesse compatta contro l’occupante d’oltralpe e che la Repubblica Aristocratica soccombesse sotto il tradimento della classe dirigente; una vicenda che seppur taciuta o alterata dagli storici prezzolati,
vive ancora nella memoria di chi non ha dimenticato.
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Bibliografia essenziale:
Antonino Ronco, La Marsigliese in Liguria –Edizioni
Tolozzi Roma, 1973
Antonino Ronco, Storia della Repubblica Ligure-Sagep,
Genova, 1986
Divo Gori-Dario Martini-La liguria e la sua anima- Sabatelli-
Savona, 1965
Giuseppe Maria Pira, Storia della città e del Principato di
Oneglia- Genova, 1847
SPERIAMO CHE LA MADONNA INTERVENGA PRESTO.PER SCHIACCIARE UNA VOLTA PER SEMPRE I GIACOBINI.CHE ORMAI SONO AI VERTICI DEL POTERE.CI SONO VOLUTI DUE SECOLI OGGI SONO VITTORIOSI, NELLA SOCIETà NEL CORPO ECCLESIALE. MA LA LORO CADUTA SARà GRANDE