IL GRAFFIO
di Raimondo Gatto
Vi sono personaggi che, pur avendo reso grandi servigi alla causa della Verità, della Religione, e dell’Ordine Cristiano non hanno trovato posto nella storiografia materialista post-rivoluzionaria e contemporanea, specie ora che gli eroi sono Gandhi, Martin Luter King, Nelson Mandela. La figura del Re Michele I di Portogallo deve trovare il giusto posto tra gli eroi della Cristianità a fianco di Andreas Hofer, Chollet, Simone di Montfort, Ferdinando d’Asburgo e Don Carlos di Borbone. Michele di Portogallo, assieme a Re Sebastiano d’Avis, sono il simbolo di chi seppe seppero anteporre gli agi di una vita tranquilla e oziosa, la difesa della verità, della tradizione, e del proprio onore.
D. Miguel nacque il 26 ottobre del 1802 a Queluz nel palazzo reale dell’ omonima cittadina portoghese, e fu, il settimo figlio di Giovanni VI, Re di Portogallo ed Algarve, poi Imperatore del Brasile, la madre Gioacchina Carlotta fu la figlia primogenita di Carlo IV di Spagna. Egli regnò in Portogallo tra il 1828 e 1834, período nel quale esplose la Guerra Civile portoghese (1831-1834) provocata dai liberali e dalla massoneria cosiddetta “azzurra”, dipendente da
Londra . La sua autorità fu osteggiata da quei monarchi che si erano venduti alla democrazia liberale iscrivendosi alle “logge”; essi, pur di conservare il Trono, accettarono le istituzioni rivoluzionarie nel periodo successivo al Congresso di Vienna. A fianco di D. Miguel fu soprattutto il popolo portoghese incarnato dal partito legittimista detto “miguelista”; Egli si contrappose al fratello D. Pedro, che aveva perso il diritto alla corona portoghese reclamata
illegittimamente per sua nipote Maria Da Glòria; si schierò pertanto contro la sua patria dichiarandogli guerra dopo aver proclamato l’indipendenza del Brasile (settembre 1822) facendosi eleggere suo imperatore. Ricordiamo
Giovanni VI, nel 1808, fu costretto a rifugiarsi nella colonia sudamericana a causa dell’invasione francese. Si deve a questo re, il gigantesco progresso del nuovo territorio ambito dall’Inghilterra, che per questo ne voleva la sua
separazione da Lisbona.
Dall’esilio sud-americano, Giovanni VI, nel 1815, proclamò il “Regno unito di Portogallo, Brasile ed Algarve”, concedendo alla colonia uno status particolare; tali privilegi furono raffigurate dallo stemma di una sfera armillare d’oro in campo azzurro. La legittimità del Trono di D.Miguel, fu confermata dalle leggi fondamentali del Portogallo che affermavano non poter ascendere al suo Trono un sovrano straniero. Come risultato di questo scontro con D. Pedro, per i liberali, D. Miguel è passato alla storia ufficiale come un Assolutista e un Usurpatore, invece dai realisti fu soprannominato: “ o Tradicionalista”.
L’Inghilterra favorisce i piani della setta
La massoneria si radicò in Portogallo soprattuto durante l’occupazione francese di Junot e Massena, ma era già presente grazie al primo ministro di Giuseppe II, Duca di Pombal, uno scettico statista amico dei “lumi” e nemico
della Chiesa che perseguitò la Compagnia di Gesù fondata per applicare i decreti del Concilio di Trento; Pombal fu il primo a cacciare i gesuiti dal Portogallo nel 1575, ma la setta ricevette nuovi impulsi in dalla Spagna dopo la rivolta di Cadice del 1820. I sovrani, pur di conservare il trono svendettero la loro autorità ai parlamenti che furono il paravento della massoneria; ma non tutti i principi erano disposti a rassegnarsi per diventare la coreografia di un regime repubblicano, tra questi l’Infante di Portogallo.
D. Miguel fu un cattolico integrale nemico delle innovazioni che annichilivano la Religione, e combattevano il principio di Autorità auspicando il “disordine permanente”; combattè frontalmente la sovversione liberal -democratica nel momento in cui, essa prendeva il volto borghese del “costituzionalismo”. Nel regno lusitano, l’Infante non era popolare tra gli affaristi e gli avvocati influenzati dal liberalismo; il giovane principe godeva; invece; grande popolarità tra i molti caduti in miseria dopo trent’anni di guerre e occupazioni straniere; essi aspiravano ad avere un re e ad essere liberati dall’asfissiante tutela inglese; egli godeva l’appoggio della Chiesa che assisteva migliaia di poveri, i quali imputavano la loro miseria ai massoni ed ai liberali; gli indigenti erano i suoi più fervidi sostenitori.
D. Miguel era un ammiratore del Cancelliere austriaco Metternich, il protagonista della politica europea nel periodo chiamato “restaurazione”, ma che tale non fu; anzi, per causa sua, la rivoluzione trovò nuovo alimento per concludersi nel 1830 con la caduta di Carlo X; Metternich, della rivoluzione mantenne l’essenziale, concedendo alla Francia sconfitta la “Charte octroyè”, cioè la costituzione liberale secondo i desideri dell’Assemblea Nazionale del 1789. Il Cancelliere vedeva di malocchio ogni ritorno alla monarchia tradizionale da lui ritenuta “assolutista”, e particolarmente sgradita all’Inghilterra governata da George Canning; si consideri il comportamento di Metternich nei confronti del Principe di Canosa a Napoli che invocava provvedimenti contro la setta. Lo statista austriaco non volle mai andare alle radici del male, che infatti, riprese slancio per sfociare con l’onda sovversisa del 1830; a provocarla fu soprattutto l’Inghilterra. Nel 1821 Giovanni VI, dopo tredici anni d’esilio era tornato in patria dal Brasile in seguito ai disordini di Oporto; essi sfociarono con l’imposizione di una costituzione instaurando una
Repubblica con parvenza di monarchia (1822). I suoi sostenitori erano degli ex collaborazionisti filo-francesi, cioè degli “infrancesados”, ma nel maggio del 1823, D. Miguel, in accordo con la regina Carlotta Gioacchina, diede vita ad un movimento militare contro le forze del parlamento. La regina si era presentato con il cappello in testa davanti ai capi dell’insurrezione rifiutando di giurare la costituzione , ed ora si metteva alla testa con il figlio, del movimento contro-rivoluzionario. L’insurrezione, nota come la Vilafrancada (perchè avvenuta nella città di Vila Franca de Xila) portò allo scioglimento delle Cortes ed al il ristabilimento del potere di Giovanni VI; D. Miguel, nell’occasione, era stato nominato dal padre, generalissimo e Capo dell’Esercito; Il 31 maggio, il re emanava un proclama in cui era abolito il sistema di governo origine dell’anarchia della guerra civile. I parlamentari disperati chiesero l’aiuto degli inglesi presenti sulle navi ancorate alla foce del Tago; essi promisero ai capi della massoneria di rimettere in vigore la
Costituzione del 1822. A tale ingerenza straniera D. Miguel rispose chiamando a raccolta i portoghesi con una nuova “chiamata alle armi” detta “l’Abrilada”, tentò di ampliare la reazione convocando le truppe dei quartieri di Lisbona il
30 aprile 1824. Il corpo diplomático straniero reagì con la complicità degli inglesi i quali dopo aver minacciato re Giovanni portato a bordo della una nave britannica, HMS Windsor Castle, gl’intimarono di far dimettere D. Miguel
dal comando dell’Esercito e di allontanarlo dal Regno; la regina Carlotta Gioacchina fu posta agli arresti domiciliari.
Il doppio gioco di Metternich e le trame di D.Pedro
D. Miguel obbedendo al padre partì per Vienna sotto stretta sorveglianza; Metternich si era offerto di ospitarlo, ma il suo esilio somigliò presto ad una prigione; ogni suo passo era seguito da spie che ne intercettavano la corrispondenza. Il Cancelliere era preoccupato in quanto, in omaggio alla sua diplomazia double-face, aveva fatto sposare a Dom Pedro del Brasile, Maria Leopoldina d’Austria, figlia dell’Imperatore Francesco II, inoltre, egli s’illudeva di mantenere l’Inghilterra nella Santa Alleanza mentre essa si stava schierando con le forze rivoluzionarie; Metternich da una parte, voleva presentarsi come “il restauratore”, dall’altra non inimicarsi D. Pedro e la massoneria che aveva in Londra la sua centrale. L’ “imperatore” del Brasile era stato nominato “Gran Maestro della massoneria brasiliana”, e la separazione dal Portogallo era in linea con la fondazione di repubbliche massoniche nell’ America Latina.
Quando nel marzo del 1826 morì il sovrano, D. Miguel si trovava in esilio alla corte austriaca, circondato da una muraglia di agenti che ne impedivano ogni relazione con l’esterno; deceduto il re, la reggenza fu conferito alla sorella di Pedro, D. Isabella Maria, alla quale sarebbe poi subentrata la figlia dell’ Imperatore, Maria da Glória, Principessa di Grão-Parà, nata nel 1819 avuta da Maria Leopoldina. D.Pedro nel 1825 firmò la separazione tra i due regni e Il 2 maggio 1826 l’abdicazione in favore della figlia Maria da Glòria, secondo la richiesta di Metternich. D. Miguel era
tenuto all’oscuro delle manovre del fratello e dei suoi atti. Alcuni giuristi portoghesi dimostrarono che gli atti di Pedro del Brasile erano illegali, e che fosse lui, D. Miguel, il legittimo erede al Trono, perchè Pedro, rinnegando il
Portogallo e dichiarandogli guerra, aveva perso ogni diritto sulla madre patria. D. Miguel accettò la proposta di Metternich di sposare Maria Da Glòria inviando la richiesta di “dispensa” al papa Leone XII; giurò dunque davanti
alla corte austríaca, la Carta Costituzionale del 1826 con “riserva di tutti i suoi diritti” ma con l’impegno che essa fosse preventivamente accettata dai tre stati del regno. La sua libertà era sempre più ristretta; Metternich desiderava che D.Miguel si sottomettesse a D.Pedro perchè l’Austria non voleva inimicarsi l’Inghilterra desiderando che non uscisse dalla Santa Alleanza ;
così narra lo storico Ameal: “Se da un lato, le preferenze dottrinarie del Cancelliere austriaco fossero chiaramente anti-liberali, per l’altro non poteva ignorare che D. Pedro, sposato con l’Arciduchessa Leopoldina, fosse la figlia
del suo imperatore, per cui Maria Da Glòria era anche la nipote di Francesco II. Da quì la sua manovra di fare di D. Miguel un docile e appagato Principe consorte, e di favorire l’ascesa al Trono della Principessa di Grão-Parà” .
Nell’ agosto del 1828 moriva il primo ministro inglese Canning, sostenitore delle logge orangiste nonchè di D.Pedro; la situazione internazionale era mutata e Metternich non potè più ostacolare il rientro dell’esiliato cercando tuttavia di dettargli “alcune linee di comportamento” obbligandolo, ad esempio, a non transitare dalla Spagna . L’ultimo compromesso stabiliva che D.Michel, avrebbe governato il Regno portoghese come luogotenente di D. Pedro,clausola ch’egli accettò mantenendo le dovute riserve, pur di tornare in Portogallo. A Londra, il giovane principe fu accolto con grande entusiasmo da Giorgio IV e dal popolo, ma soprattutto da Wellington, lo statista cui i cattolici d’Irlanda debbono la loro libertà. D.Pedro fremeva escogitando nuovi pretesti per fermare il fratello, ma infine, D. Miguel si imbarcò a Plymout, sulla stessa fregata Pérola, che l’aveva portato in esilio. Il 22 febbraio giunse a Lisbona trionfalmente accolto da una folla entusiasta che gridava; “Viva o Rei absoluto”, e cantava: O Rei Chegou (il Re è arrivato), che divennero poi l’inno dei miguelisti. Venuto a conoscenza degli accordi, che comportavano l’ascesa al Trono portoghese di una regina importata dall’estero, Egli ricevette dopo l’arrivo, una protesta dai rappresentanti della nobiltà, del clero e dei tribunali in cui gli si domandava: “Potete voi, credervi autorizzato ad imporci come sovrana una principessa straniera senza il consenso della nazione di cui noi siamo i rappresentanti secondo le leggi fondamentali?
Non vi è permesso prestare un giuramento che non avete il diritto di compiere”. Gli mostrarono allora il testo autentico della Carta di Lamego, e così egli riconobbe di essere stato mal consigliato. Il giovane principe si decise a compiere il proprio dovere e riparare gli errori involontariamente commessi. Come conferma il Labourdette:“Era evidente, la maggioranza della popolazione sperava in un ritorno dell’Ancienne Regime” e le sue élite adottavano le dottrine controrivoluzionarie” . Terrorizzati dal suo arrivo, i capi delle logge trovarono rifugio sulle navi del porto di Lisbona. Era finalmente giunto il momento di demolire le costruzioni rivoluzionarie. D. Miguel, nel marzo del 1828, emanò un decreto ordinando lo scioglimento delle camere costituzionali; nessuno si mosse per difendere le istituzioni cadute in discredito e non fu versata una goccia di sangue. Poco dopo (25 luglio), convocò la riunione dei tre stati del regno per decidere la questione dinastica: in un documento le Cortes concludevano che:
1) Essendo fuori dubbio che a far data dal 15 novembre 1825 in cui fu ratificato il trattato che confermava l’indipendenza del Brasile, D.Pedro come sovrano di uno stato straniero, ha perso ogni diritto alla successione al trono di Portogallo, ed è incontestabile che questa corona appartiene dal 10 marzo 1826 al Senhor D. Miguel.
2) E’ pertanto chiaro che D.Pedro, Imperatore del Brasile non poteva trasmettere a uno dei discendenti il diritto alla corona di Portogallo che non aveva ereditato, e neppure può trasmetterla a una figlia minore, anch’ella straniera, per le leggi della Nazione portoghese.
3) Essendo il figlio primogenito di D. Giovanni VI esluso dalla successione al trono, così come i suoi figli, gli deve succedere in conformità alla leggi tradizionali della Monarchia il secondo figlio, l’ Infante D.Miguel.
Il documento chiariva anche la posizione di D.Pedro accusato di aver fatto: “guerra alla patria, fustigato i prigionieri, acconsentito al saccheggio ed all’uccisione di sudditi in Brasile, aver introdotto una costituzione arbitraria in Portogallo ed istigato alla guerra civile, nonchè di aver proferito ingiurie ed invettive contro suo padre Giovanni VI e la nazione portoghese”.
Il 23 giugno del 1828, come risultato di tale riunione, fu stabilita la sua acclamazione a re; le Cortes anullarono anche la Costituzione del 1826 ristabilendo le Leggi tradizionali; grande fu il giubilo in tutto il Portogallo. Appena eletto, D.Miguel riammise i gesuiti cacciati da Pombal nel 1759: ora il vero problema, era il Suo riconoscimento da parte delle grandi potenze. Sul momenti, tutti gli stati opposero un rifiuto perchè il diritto di primogenitura era considerato un cardine della Monarchia; persino Carlo X ed il Papa rifiutarono riconoscerlo come sovrano. I massoni ne approffitarono per scatenare sommosse, tutte fallite, e un gruppo di settari si trasferi a Plymout, in Inghilterra, in
accordo con logge orangiste britanniche per organizzare la riscossa. I fuorusciti, finalmente riuscirono ad impadronirsi del forte di Terceira nelle Azzorre. L’Inghilterra non voleva guerre, e le altre potenze riproposero a D.
Miguel il matrimonio con la nipote per avere il riconoscimento auspicato, ma Egli indignato si oppose al ricatto.
La banca Mendizabal e le rivoluzioni del 1830
Il fallimento delle rivolte consolidò la posizione di D. Miguel; prima gli Stati Uniti con Andrew Jackson, poi la Spagna, la Santa Sede, la Russia di Nicola I e gli Stati italiani, riconobbero il sovrano portoghese. Ma nel luglio del 1830 esplodeva la rivoluzione di Bruxelles che rapidamente grazie alla massoneria, si diffuse in Europa; Carlo X fu abbattuto da Luigi Filippo, e Wellington, unico amico del Portogallo, dovette cedere il potere al liberale Grey manovrato da Palmerston. Gli sconvolgimenti europei toccarono anche il Brasile; nel 1831 D. Pedro fu costretto ad abdicare in favore del figlio D. Pedro II, e si rifugiò in Inghilterra con la seconda moglie Amelia di Leuctenberg e la nipote. La rivoluzione divorava i suoi figli, secondo uno schema già visto in Francia. La situazione si fece grave per il giovane re, che ben presto si trovò isolato da tutti gli stati europei, a parte la Prussia di Federico Gueglielmo III e dello Zar. Fallite le insurrezioni, pensò di poter entrare in Portogallo con le armi straniere. A Parigi, l’imperatore
“destronado” aveva conosciuto il banchiere ebreo di nazionalità spagnola Juan Alvarez Mendizabal, anch’egli massone e finanziatore del “golpe” contro Carlo X; a lui propose un investimento per armare un gruppo di mercenari allo scopo di invadere il Portogallo. Mendizabal accettò per una cifra esorbitante, e cioè due milioni di lire, da cui ricavare un interesse del 16%, più ulteriori agevolazioni, come l’appalto delle imposte, una volta impadronitosi del regno .
Fu creato il gruppo finanziario Mendizabal&Ricardo e nelle bettole di Londra iniziarono gli arruolamenti. Furono soprattutto marinai inglesi disoccupati a fornire il nucleo principale dell’”Armata di Liberazione”, cui si unirono
fuorusciti portoghesi, polacchi, francesi ed italiani. Mendizabal non voleva correre rischi; e preferì la professionalità dei marinai inglesi al sentimentalismo dei rivoluzionari. Incaricò allo scopo un militare scozzese, Shaw; ben presto fu trovato un ammiraglio, tale, Sartorius, ed un generale, Hodges. Luigi Filippo, il “monarca liberale” diede il consenso perché il porto di Brest in Normandia, diventasse la base delle operazioni contro il Portogallo, inoltre con un atto di pirateria fece sequestrare alcune navi nel porto di Lisbona unendole alla flotta che doveva trasportare i mercenari;
Prussia Austria e Russia protestarono invano. La massoneria scatenò contemporaneamente una campagna di calunnie con il re portoghese per giustificare l’impresa. D. Miguel, divenne, usurpatore, “tiranno, despota,
assassino, torturatore d’innocenti, fautore dell’Inquisizione ecc”; il solito bagaglio di frottole, che ancora oggi, la sinistra diffonde quando vuole colpire un oppositore.: Scrive il Labourdette: “I liberali portoghese rifugiati a Londra cercarono di esagerare la tirannia di D. Miguel…ma non ci fu nessun “terrore bianco”, e le esecuzioni somma furono rarissime” . A guidare i “costituzionali” fu il Marchese di Palmela. D. Pedro arrivò in Terceira con la nuova consorte, Amelia Beauharnais, e con la nipote “reggente”. Appena diventato padrone dell’Arcipelago, sciolse gli ordini religiosi e li espropriò dei loro terreni rivendendoli al grande capitale per rifinanziare l’aggressione. La flotta si riunì nell’isola bretone di Belle-Isle facendo rotta verso le Azzorre; era il dicembre del 1831. I mercenari raccolti da Mendizabal
profumatamente pagati, raggiunsero il numero di 7500. Occupate le isole dell’arcipelago punto di partenza per sbarcare i mercenari sulla costa atlantica.
La guerra civile
La flotta dei “costituzionali” era composta di 40 navi a vela che dopo aver conquistato la capitale Angra, si diresse verso le coste portoghesi. Lo sbarco dei mercenari avvenne vicino alla città di Oporto, protetti dalla squadra britannica dell’ammiraglio Glascook che sorvegliavano la foce del fiume Douro. Per contrastare lo sbarco le truppe di D. Miguel si ammassarono contro la capitale del nord sguarnendo le altre frontiere; era il luglio del 1832. I mercenari riuscirono a conquistare Oporto dove si barricarono in attesa delle insurrezioni che avrebbero dovuto abbattere il regno di D. Miguel ma, “la veloce passeggiata” che avrebbero dovuto fare i mercenari, come assicurato da D. Pedro non ebbe luogo Rinchiusi in Oporto, i liberatori, aspettarono invano che venisse tolto l’assedio. Mendizabal premeva, e D. Pedro chiedeva altri soldi e l’intervento militare diretto dell’Inghilterra, mentre la Spagna ancora retta da Ferdinando VII stava a guardare proclamandosi neutrale. Infine, gli inglesi, premuto dalle logge orangiste inviarono 5 navi a vapore guidate dall’Ammiraglio Napier unicamente con marinai inglesi; erano passati pochi anni dall’invenzione dell’ingegner Fulton; la marina britannica aveva subito compreso le potenzialità delle nuove
imbarcazioni e così la battaglia navale di cap. Saint Vincent (5 luglio 1833) trovò sconfitta la marina miguelista comandata dall’Ammiraglio Barreiros. Il Portogallo ora si trovava aggredito nel sud dopo uno sbarco nell’Algarve.
Napier riuscì anche ha bloccare la foce del Tago davanti a Lisbona. Le truppe “costituzionali”, comandate dal Duca di Terceira, aumentavano, mentre ai miguelisti in difficoltà giunsero volontari realisti dalla Francia guidati dal
figlio del comandante vandeano La Roque Jacqueline. D. Miguel combatté sempre valorosamente in prima linea rischiando di essere colpito dalle cannonate dei nemici ma nel luglio del 1833 cadeva Lisbona; D. Miguel tentò invano di riconquistare la capitale ma non vi riuscì per un malinteso tra i comandanti.
Le due grandi città portoghesi erano nelle mani dei liberali, ma il resto del regno era ancora nelle mani dei “miguelisti” e la guerra non era terminata. La situazione peggiorò nel settembre del 1833 con la morte di Ferdinando VII re di Spagna; D. Carlos, suo fratello minore non accettava di vedere cancellati i suoi diritti per la decisione di riserbare il trono alla figlia della sua terza moglie Maria Cristina; era un altro progetto delle logge per sopprimere
l’istituto monarchico; inoltre D.Miguel era anche cognato di D. Carlos avendo sposato Maria Francesca di Braganza sua sorella. Don Carlos, dopo aver sollevato Aragona, Biscaglia e Navarra si spostò in Portogallo nel bel mezzo
dell’invasione mercenaria. I liberali in difficoltà per non essere riusciti a sconfiggere il sovrano portoghese unirono le loro forze militari in una grande coalizione per cacciare, sia D.Miguel che D.Carlos dalla pensisola iberica. Dopo aver spodestato il ministro spagnolo Zea Bermudes, che si era dichiarato neutrale, fu firmato un trattato nell’aprile del 1834 noto come “la quadruplice alleanza”, in cui Spagna, Francia, Inghilterra, D. Pedro de Portogallo si univano per combattere i Principi “assolutisti”. Nel maggio del 1834, senza dichiarazione di guerra, un esercito spagnolo forte di 25mila uomini, comandati dal settario generale Rodil attraversò la frontiera ispano-portoghese della Bejera, Alentejo e Algarve per assalire le truppe migueliste, mentre una colonna d’inglesi guidata da Napier si dirigeva su Lisbona. D. Miguel per bloccare l’invasione inviò reggimenti da Oporto e Coimbra.
Attraversato il Tago, spagnoli e “pedristas” guidati dal duca di Saldahna, riuscirono ad accerchiare le truppe realiste. Dopo la battaglia di Acceceiras, D. Miguel decide di porre fine alla lotta; il 27 maggio 1834 invia un proclama dove spiega le ragioni che lo inducevano a deporre le armi. Alla notizia molti ufficiali che ritenevano potersi continuare la guerra si ribellarono strappandosi le spalline; il re dovette intervenire presso alcuni generali che rifiutavano di cedere le armi, infatti, un gruppo di soldati prosegui la lotta assieme agli insorti di D.Carlos. D. Miguel, fatto prigioniero fu costretto a firmare la Convenzione di Evoramonte dove gli venne ingiunto di lasciare il Portogallo entro 15 giorni; pernottò per l’última volta nella città di Alvalade. D. Miguel il 1 giugno 1834 partì da Évora per imbarcarsi sulla nave britannica Sines, diretta a Genova, senza bagagli né effetti personali indossando la divisa di ufficiale che dismise dopo esser sbarcato il 12 giugno.
La guerra era tutt’altro che finita; essa ebbe un lungo strascico con episodi di guerriglia che si protrassero per altri quattro anni. Il 26 de novembro del 1836, D. Miguel nominò “Governatore del Regno di Algarve e Comandante in Capo ad Interim, di tutte le Truppe Realiste, Regolari e Irregolari dell’ Esercito delle Operazioni del Sud”, Josè Joaquim de Sousa Reis detto il “Remexido”, capo di un gruppo guerrigliero formato da ex-soldati, che si mantennero fedele alla causa del re, opponendo una dura resistenza nel territorio compreso tra l’Algarve ed il nord dell’Alentejo, che durò sino al 1848[. Non fu un caso isolato, perchè vi furono altri gruppi di guerriglieri nell’isola di Madera e nel nord del Portogallo, appoggiati dal celebre Zé do Telhado, nel Douro, e dal conte di Almada, nel Minho.
Conclusione
Giunto a Genova, il 30 giugno, emise un proclama dove ribadiva i suoi diritti alla corona portoghese affermando che la Convenzione di Evoramonte gli era stata carpita e quindi dover ritenersi nulla . Il nuovo governo liberale emise un
bando che lo puniva con la morte qualora fosse rientrato in Portogallo; così per i discendenti; solamente vigendo il governo di Salazar nel 1950, furono abrogate le clausole contenenti tali decreti. Durante il suo soggiorno a Genova, D. Miguel fu ospite del marchese Marcello Durazzo in Villa Quartara, poi si trasferi ad Anzio nello Stato Pontificio Lazio grazie alla generosità di Papa Gregorio XVI; si recò quindi in Gran Bretagna infine in Germania dimorando nel Baden; si sposò con Adelaide di Löwenstein-Wertheim dalla quale ebbe sei figli; morì a Karlsruhe, il 14 novembre 1866. egli lasciò al figlio, Miguel Januário de Braganza, l’incombenza della successione. Il suo corpo fu
sepolto nel convento francescano di Egelberg,; poi fu traslato a Lisbona in aereo nel 1967, ove è sepolto con la sposa nel Panteon dei Braganza dentro il Monastero di San Vincenzo de Fora .
Maria Da Glòria, raggiunta la maggiore età fu proclamata regina, e riconoscita dalle grandi potenze; il padre, D.Pedro, mori un anno dopo il suo ritorno a Lisbona (settembre 1834). La “monarchia costituzionale” istituita dai liberali in Portogallo fu gradualmente soppiantata dagli estremisti sino ad essere abbattuta dai repubblicani che
cacciarono l’ultimo re Manuel II, nel 1910; anche la “monarchia-liberale” del Brasile fu soppiantata dal partito repubblicano sotto il figlio D. Pedro II nel 1889.
I sovrani che si era venduti, pagarono lo scotto del tradimento; l’Inghilterra, che tanto si era adoperata per la rivoluzione, perse gradualmente il vasto impero pluricontintale; la sua monarchia serve ora unicamente per riempire le pagine dei rotocalchi. Ognuno ha ciò che si è meritato. Ogni giorno Dio ci chiama a provare la nostra Fede; la nostra fedeltà in lui deve essere un continuo richiamo nell’essere perseveranti senza nulla cedere in cambio di un applauso. La ricompensa sarà grande, e Dio ne terrà sicuramente conto come promesso
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NOTE
1 L’opera nefasta delle logge in
Portogallo, è narrata dallo storico tedesco Paul Siebert in: Dom Miguel e a sua
Época, Ed ACTIC, Mem-Martins, (P) 1985.
2 Si tratta delle Cortes di Lamego gli
statuti del regno di Portogallo scritti nel 1139.
3 Walter Maturi, Il Principe
di Canosa, Le Monnier, Firenze, 1944.
4 Anche il Patriarca di Lisbona, rifiutò
di prestare il giuramento perché la Costituzione contemplava lo scioglimento
degli ordini religiosi applicando i decreti copiati della rivoluzione
francese.
5 La Santa Alleanza, voluta soprattutto dallo Zar Alessandro I, era
stata creata per combattere la rivoluzione: svanito tale scopo, non aveva alcun
senso mantenerla, perché l’Inghilterra si era schierata per i
costituzionalisti.
6 João Ameal Historia de Portugal, Tavares Martin, Oporto,
1940, pag. 651
7 I rappresentanti di Pedro scrissero a Vienna: “o Infante não
poderia de forma alguma pisar o solo de Espanha. Esso foco reaccionarìo onde a
sua alma ardente facilmente inflamar-se” Siebertz, pag.110.
8 Cfr, pag.120.
9 Jean Francois Labourdette- Histoire du Portugal, Fayard, Parigi, 2000 pag.516.
10 Mendizabal, infatti, fu più volte ministro delle finanze dopo la vittoria
dei liberali in Spagna.
11 Cfr- Labourdette. Pag. 517
12 Fu la decisione di
Ferdinando VII, di proclamare la Prammatica Sanzione nel 1830, ad innescare la
lotta di Don Carlos.
13 Il testo integrale della dichiarazione di Genova è
conservata negli Archivi Vaticani.
Mendizabal era il Soros di allora. Quest’ultimo non ha bisogno d’essere ministro per comandare coi soldi la rivoluzione, che non si è mai fermata perché à sempre la stessa. Da notare che fu fatta sulla testa di due monarchi fratelli: Pedro I, IV del Portogallo era un massone senza vergogna. Ad Angra, poi chiamata «do Heroísmo» per aver resistito a D. Miguel, Pedro ha messo incinta una suoretta a cui ha pure trasmesso la sua sifilide. Ai tanti particolari interessanti dell’articolo, vorrei solo aggiungere quanto è nel mio libro su Fatima e l’Abisso: Dopo la lacerante guerra civile in cui d. Miguel vinceva con l’appoggio del popolo le battaglie, ma ha perso la guerra, si è capito chi era il vero nemico. Esso aveva riunito tre nemici storici europei, riuniti dalla fede massonica, il nemico di sempre contro uno stato cattolico: l’Inghilterra di Palmerston, la Francia di Luigi Filippo, la Spagna di Maria Cristina. Essi volevano per il Portogallo dei governi massonici, come lo furono quelli dal 1832 in poi con mezza eccezione di quello di Salazar. Pio IX, diceva nel 1877 ai Pellegrini portoghesi: “Avete un terribile e potente nemico — l’impetuosa massoneria che vuole distruggere in voi ogni vestigio di cattolicesimo.” Poi non solo in Portogallo, ma perfino a Roma!