Sedevacantismo: come parlarne a Zia Helen

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149080_510928152298347_65338746_nSegnalazione di Pietro Ferrari
Nota dell’Autore: All’inizio del 1995 ho avuto un cordiale scambio epistolare sul tema del sedevacantismo con un sacerdote cattolico che tiene una cappella tradizionalista indipendente. In una sua lettera mi diceva che trovava convincenti le argomentazioni sedevacantiste ma che lo lasciava perplesso il lato “pastorale” di questa posizione. Temeva infatti che una posizione del genere avrebbe turbato i fedeli, presenti o potenziali, e li avrebbe condotti presumibilmente tra le braccia di gruppi ampiamente compromessi come quelli indultisti. Come reagirebbe il semplice fedele? mi domandava. Cosa ne penserebbe, poniamo caso, mia zia Helen? Ecco la mia risposta.

Caro Padre,

grazie per la sua gentile lettera del 28 marzo 1995. Ho avuto molto da fare (Settimana Santa, viaggi…) e così non ho potuto risponderle velocemente. Pensavo di offrirle qualche riflessione a proposito della questione della Vacanza della Sede e sul Rito Tridentino, ma poi ho preferito trattare degli aspetti pastorale in generale riguardo questo periodo di vacanza della Sede Apostolica. Io certamente capisco la Sua perplessità. La Sua domanda “Cosa ne penserebbe Zia Helen?” è una buona domanda, nel senso che noi certamente non vogliamo spaventare la gente. Come comunicare questa Verità senza creare un cattiva impressione in un laico?
Ecco le mie riflessioni:

Sono stato sedevacantista fin da prima della mia ordinazione, ho avuto tra le mani questo problema pastorale in molti modi nel corso degli anni. Credo di avere imparato qualcosa dai miei errori. Questo genere di atteggiamenti non funzionano, (quando non si vuole affrontare la questione della vacanza della sede apostolica n.d.r.):

Colpire dal pulpito. Retorica fiammeggiante, denunce cariche d’emozioni. Questo si porta via i nuovi arrivati: é invariabilmente frainteso come “attacco al papa”;

solo rare e sottili allusioni all’argomento dal pulpito: privo di qualsiasi effetto. La gente non coglie le sottigliezze;

Discutere la questione della vacanza della Sede, solo privatamente.Può sembrare ingannevole nei confronti dei nuovi arrivati Gli sembrerà che gli venga nascosto qualcosa;

presentare la sede vacante e l’opzione “io posso disubbidirgli ma lui è ancora mio padre!” come se fossero opzioni e approcci egualmente accettabili. Illogico se uno crede che la sede sia realmente vacante. Molta gente appena arrivata, trova poi l’opzione “disubbidire al papa” piuttosto sconcertante, dal momento che ”i buoni cattolici obbediscono al papa”;

Silenzio sull’argomento. La gente non avrà mai una spiegazione coerente per ciò che sta facendo. O saranno più facilmente adescati dal “novus Ordo” o dall’”Operazione Indulto”.

I nuovi arrivati, spesso, sono dubbiosi sulla questione papale…
Le conseguenze del non parlare dell’argomento sono gravi. Per anni, la gente in un cappella tradizionalista indipendente può non sentire una parola sulla questione dell’autorità e del papa oppure udire discorsi sentimentali oppure teologicamente sospetti come questi: “Noi sosteniamo il papa ma il vescovo possiamo rifiutarlo”, “il papa è davvero dalla nostra parte”,”il papa è ingannato dalla gente malvagia che lo circonda”, “la messa è l’unica cosa che conta veramente, del resto non dobbiamo occuparci”, “noi possiamo disubbidire ai cattivi ordini del papa e del vescovo”, “egli è ancora il papa,malgrado tutto”, “è tutto quello che abbiamo”etc. Una congregazione religiosa comunica ai fedeli roba di questo genere ogni momento ma un giorno un tipo indultista o della Fraternità di San Pietro va dai fedeli ad offrire “un patto col diavolo” (riconoscere Giovanni Paolo II come “papa” ed avere una messa tradizionale legalmente riconosciuta). Perché non accettare questo patto? I cattolici non dovrebbero voler essere “Uniti al papa”? è perfettamente logico se qualcuno lo riconosce come uno dei veri successori di Pietro.
Questo è esattamente il modo in cui i modernisti furono capaci di impadronirsi della Cappella tradizionalista a Pequannock in New Jersey. Questo non sarebbe mai successo in una delle nostre cappelle. La maggioranza dei nostro fedeli sa che Giovanni Paolo II e compagnia sono della fede cattolica; preferirebbero bruciare le chiese piuttosto che permettere che i modernisti se ne impadroniscano.
L’approccio alla questione papale che io ho coi fedeli appena arrivati è piuttosto diretto. Io trovo che, se si spiegano le cose chiaramente, nel modo giusto e subito, la gente si sentirà responsabilizzata e ci sarà una minore possibilità che vada a frequentare i modernisti o la combriccola indultista. Bisogna dar loro la possibilità di discuterne, ponendo anche delle obiezioni.
Io affronto la questione come segue:

1. Domando perché è una persona ha lasciato la sua parrocchia ed è venuta alla Messa di San Pio V. (Inevitabilmente la risposta è che la “nuova messa” è irriverente, sacrilega, piena di errori, comunque cattiva, mentre la Messa cattolica è riverente, degna di ogni rispetto, nella piena ortodossia etc.)

2.Io sottolineo come molti degli aspetti criticabili della nuova “messa” (“comunione” sulla mano, “adattamento culturale” etc.) sono ufficialmente permessi o persino raccomandati dalla “legislazione liturgica” approvata da Paolo VI e dai suoi successori.

3. Come cattolici noi sappiamo che l’infallibilità della chiesa non è limitata meramente ai pronunciamenti “ex cathedra” , ma si estende invece anche alle leggi universali, in special modo ai suoi riti. È impossibile che la chiesa produca o approvi una legge un rito che favorisca l’errore o danni per le anime.

4. Problema: ci è per sè evidente che la “Nuova messa” promuova l’errore e danneggi le anime. Eppure, a causa dell’infallibilità, una legge o un rito, approvato dall’autorità della chiesa, non può promuovere errori o eresie.

5. Siamo quindi di fronte ad una scelta. (1) o la Chiesa non gode dell’infallibilità —impossibile, contrario alle promesse di Nostro Signore oppure (2) gli uomini che hanno “promulgato” le leggi p i riti che promuovono errore e danno per le anime, non possedevano realmente l’autorità ecclesiastica.

6. Come è possibile? L’eresia o la pubblica defezione dalla fede significa automatica perdita dell’incarico, poiché l’eresia pone fuori dalla chiesa. Esempio: l’Arcivescovo Cranmer, durante la rivolta protestante in Inghilterra. Quando ad un certo punto la sua eresia divenne manifesta, egli si pose fuori dalla Chiesa e perse l’autorità sui Cattolici. Egli appariva ancora come l’Arcivescovi di Canterbury (con tanto di mitra, croce pettorale, trono, cattedrale e faldistorio), ma a causa della sua defezione della fede, agli occhi di Dio, egli aveva oggettivamente perso la sua autorità ed il suo incarico.

7. Questo principio si applica a chiunque detenga autorità o un incarico nella chiesa: un vescovo diocesano, un arcivescovo, un parroco, un papa persino.

8. Persino a una papa? Quando uno viene eletto al papato, non perde la propria libera volontà. Può anche perdere scegliere di fare cose sbagliate, può anche perdere la fede e abbracciare l’errore come persona privata. Quando la sua defezione dalla Fede diventa automaticamente manifesta, egli perde il proprio incarico.

9. Questa non è un’invenzione dei tradizionalisti. È l’insegnamento dei maggiori teologi e dei canonisti. Persino Papa Paolo IV disse che una situazione simile era possibile.

10. Di fronte alla scelta di credere che: (1) L’autorità della chiesa promuova l’errore e il danno delle anime (infallibilmente data l’infallibilità della chiesa stessa) oppure che un “Papa” come privato individuo abbia abbandonato la fede cattolica e conseguentemente abbia perso il suo incarico (possibilità ammessa da teologi e persino papi) la logica della fede ci spinge a credere la seconda proposizione.

11. Un cattolico, perciò, non è tenuto ad obbedire a chi non possegga veramente l’autorità ecclesiale. Condanne dalla gerarchia modernista del “Vaticano secondo” non dovrebbero dispiacerci, allo stesso modo in cui non dovrebbe disturbarci l’essere “condannati” da locali “vescovi” protestanti o anglicani.

12. Allo stesso tempo , non sono certo io il papa, e non posso chiedere di sottoscrivere tutto questo, a chi venga a messa qui. Questa posizione sembra essere l’unica che abbia senso per difendere l’infallibilità della Chiesa.

13. Certo non è questa la soluzione definitiva. Bisogna studiare, pensarci su, discuterne con altri, porre nuove questioni, preoccuparsene.

IL principio su cui si fonda l’intera riflessioni potrebbe essere sintetizzato grosso modo così: “veri papi non possono aver promulgato il “novus ordo” ”. Se infatti la nuova “messa” è cattiva, protestante e sacrilega, in altre parole, allora non può essere venuta da un vero papa (cioè da qualcuno che possegga realmente l’autorità agli occhi di Dio).
Ho affrontato recentemente questi punti con dieci nuove famiglie l’anno appena trascorso. Nessuno mi è sembrato costernato, qualcuno ha posto questioni intelligenti, tutti hanno convenuto sulla ragionevolezza di questa posizione, e tutti (a mia conoscenza) ora frequentano una messa “non una cum johanne paulo”.
Quello che Le ho scritto era per dimostrarLe che un approccio pastorale e ragionevole è possibile, quando si discuta di queste questioni con il laicato.
[…] L’assicuro delle mie preghiere per Lei, reverendo Padre.

Fraternamente in Cristo

Rev. Anthony Cekada

(Sacerdotium numero 15, Autunno 1995).

http://www.cattolicesimo.com/2016/01/06/sedevacantismo-come-parlarne-a-zia-helen/

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