Segnalazione di Corrispondenza Romana
di Lupo Glori
Introdurre le adozioni omosessuali scavalcando le singole legislazioni nazionali. Questo sembra essere il velato obiettivo di una risoluzione presentata lo scorso 2 febbraio dal Parlamento europeo con la quale si esorta la Commissione europea a richiedere che tutti i 28 Stati membri dell’UE adottino delle regole comuni in materia di adozioni di minori per facilitare ed uniformare le pratiche adottive.
In particolare, come si legge sull’Ansa, «il testo propone di creare un certificato europeo di adozione per accelerare il processo di riconoscimento automatico dei certificati di adozione nazionali a livello europeo». Attraverso tale certificato unico sarà possibile, nelle intenzioni dei promotori dell’iniziativa, stabilire degli standard minimi comuni da seguire in caso di adozioni, non in forma legislativa ma sottoforma di linee guida, andando a rimuovere tutti gli ostacoli amministrativi e burocratici che oggi peserebbero sulle famiglie che si spostano da un paese all’altro.
La risoluzione, approvata con un’ampia maggioranza pari a 533 voti a favore, 41 voti contrari e 72 astensioni, rientra in una particolare prerogativa del Parlamento, prevista dall’articolo 225 del trattato, tecnicamente denominata relazione di iniziativa legislativa, che consente a questo di suggerire alla Commissione proposte legislative. La Commissione sarà poi libera di recepire o meno l’invito, salvo dare una motivata spiegazione in caso di rifiuto.
Il relatore del documento, il deputato polacco di centro-destra Tadeusz Zwiefka (PPE, PL) ha così espresso la “bontà” della propria iniziativa: «Ogni adozione dovrebbe essere fatta nel miglior interesse del bambino, tenendo in conto le specifiche circostanze di ogni caso. Poiché con l’adozione si deve garantire al bambino amore, cura e un ambiente stabile, chiediamo alla Commissione europea di adottare misure in materia di riconoscimento dei certificati di adozione nazionali, in modo che le famiglie con bambini adottati abbiano la certezza del diritto quando si spostano in un altro Stato membro».
Tutte parole all’apparenza lodevoli e condivisibili secondo il noto e rodato metodo d’azione della agenda gender internazionale volto a “infarcire” i propri documenti programmatici di termini mielosi e rassicuranti. In realtà, dietro il supposto desiderio di «garantire al bambino amore, cura e un ambiente stabile», si cela la volontà di imporre prepotentemente la propria visione ideologica in materia di adozioni omosessuali, scardinando gli attuali ordinamenti legislativi degli Stati membri.
È un fatto, infatti, che ad oggi 12 Paesi europei ammettano l’adozione di minori per le coppie dello stesso sesso e dunque è facile prevedere che se passasse tale provvedimento si verrebbe a creare un inevitabile ed irrisolvibile impasse legislativo tra gli Stati membri, con normative differenti in materia di adozioni omosessuali, che porterebbe ben presto all’adozione di un certificato unico d’adozione onnicomprensivo. In questa prospettiva, la risoluzione presentata da Tadeusz Zwiefka è una trappola ben congegnata che rappresenta l’ennesimo tentativo dell’establishment di Bruxelles di imporre il proprio diktat ideologico ai singoli paesi UE senza alcun consenso popolare.