Nel quadro di “governare per mezzo del caos”, Lucien Cerise racconta una strategia di ingegneria sociale adottata da Israele. Magari alcuni lettori più addentro lo sanno; io non la conoscevo.
“Da anni si osserva un gran lavoro di fondo per far divenire pro-israeliana l’estrema sinistra. Parte da lontano, sembra improbabile, ma il cambiamento avviene a poco a poco. Gli agenti d’influenza si guardano bene dal militare esplicitamente CONTRO la causa palestinese, puzzerebbe troppo; ma li si mette a militare a fondo PER la causa degli omosessuali e transex. Al dunque, in caso di scontro terminale, quando la sinistra progressista [quella indistinguibile dalle Spice Girls] dovrà scegliere un campo definitivo tra i barbuti Hezbollah e la sfilata gay-pride di Tel Aviv, sceglierà questa”.
Il ministero israeliano del turismo stanzia fondi non irrilevanti per pubblicizzare all’estero la ormai celebre giornata del Gay Pride a Tel Aviv: l’anno scorso, 2,2 milioni di euro, onde attrarre la più scatenata e variopinta finocchieria mondiale. Con altri milioni vengono commissionati sondaggi a compagnie di rilevazioni internazionali, come il Pew Research Center, che (per esempio) ha scoperto e diffuso ai media quanto segue: “Solo un 1% dei palestinesi intervistati ritengono l’omosessualità ‘moralmente accettabile’. L’autorità palestinese non ha leggi a protezione del popolo LGBT. A Gaza, Hamas punisce gli atti omosessuali anche con dieci anni di prigione”.
Ciò, nel quadro di “Brand Israel” (Marca Israele: rifare l’immagine di Israele), impresa congiunta di tre ministeri – Esteri, Finanze e ufficio del primo ministro – realizzata dal 2005, con la consulenza pagata delle maggiori agenzie di marketing e pubblicità americane, e alcune riviste del lusso come Maxim, per cancellare la percezione che la gioventù internazionale aveva allora, un paese militarista, bombardatore di bambini, abitato da sinistri rabbini in palandrana nera e cernecchi in quella di “una vibrante moderna comunità, giovane, libera e all’avanguardia”.
Nel 2009 la International Gay and Lesbian Travel Association ha tenuto una conferenza a Tel Aviv, dove ha dichiarato Israele “destinazione mondiale del mondo gay”. Nel gennaio 2010, allo Interdisciplinary Center di Herzliya (l’ufficio studi, meglio l’università del Mossad) si è tenuta una conferenza di alto livello dal titolo istruttivo: “Winning the Battle of the Narrative”. Una delle scoperte più utili fu riportata da un’agenzia americana: il 50% della popolazione occidentale non è impegnata, non ha un’opinione su Israele, e quindi può essere conquistata col marketing.
A loro onore, le maggiori drag-queen di Sion hanno finito per protestare per la strumentalizzazione (e sono state minacciate dal governo giudaico di vedersi tagliare i fondi per la loro festa) ma l’operazione Pinkwashing (“Lavare nel rosa”) continua con gran spiegamento di mezzi pubblici. Il Ministero israeliano degli Esteri continua a finanziare “eventi LGBT” in Brasile,
https://www.facebook.com/arisabrasil
festival del cinema sodomitico in San Francisco e Boston
https://electronicintifada.net/content/protest-pinkwashing-san-fran-lgbt-film-fest/1096
ed altri “incontri culturali” per finocchi mondiali.
Secondo Lucien, ormai lo scopo strategico è più vasto di quello di bollare gli arabi come omofobi: “Gli agenti israeliani attivi nel Pinkwashing puntano a molto di più. A ridurre ogni discorso politico, ogni alta e complessa riflessione internazionale sulle forze in campo, ad un unico e semplice giudizio: “E’ gay-friendly o non gay friendly?”.
Se credete che sia troppo stupido per funzionare, provate a chiedere al vostro collega di lavoro,alla vostra amica impiegata e al giornalista progressista cosa hanno da rimproverare a Putin: ad un certo punto vi dirà: “Oltretutto è omofobo”. Missione compiuta.
“E’ un esempio di ingegnerizzazione delle percezioni, all’incrocio fra le scienze gestionali e il social engineering”, dice Lucien. L’ingegneria sociale consiste nel trattare il fatto sociale come un oggetto, non come un soggetto , o insieme di soggetti degni interlocuzione. L’altro è descritto come oggetto “in cantiere” da riconfigurare, riformattare; le idee, le emozioni, sono oggetti di gestione e di controllo, di management. “E’ il tipo di relazione all’altro che l’Occidente liberal-libertario punta a normalizzare nel concetto di mondializzazione: relazione strumentale di sé all’altro, di sé a sé…da qualche parte, qui, c’è il disprezzo massimo per il vivente”.
Questa frase mi ha creato, Dio mi perdoni, alcune associazioni mentali da cui ovviamente mi dissocio. L’idea che il solo modo con cui gli ebrei possono – e vogliono – governare il mondo è “attraverso il caos”. Sappiamo che l’imperio
sull’umanità è la loro aspirazione, anzi è la promessa che ha fatto loro YHVH: questo Dio unico che però esiste solo per il popolo eletto (per gli altri non esiste), non ha promesso loro nessun aldilà, ma il dominio su un pezzo di terra, Eretz Israel, e per estensione, il dominio mondiale.
Ora, sia chiaro: non c’è nulla di male che qualcuno comandi nel mondo. Il comando, l’impero, mette i popoli e gli individui sui cardini dei loro destini, ne impedisce la dissipazione, assegna loro un compito. Sto dando qui, ovviamente, la definizione di “comando” che fu propria di Roma, il modello d’impero “universale”:
“Comando è la chiamata a genti diverse, e potenzialmente ostili, a fare qualcosa di grande insieme”.
Comandare è dunque condividere, partecipare il potere; integrare altri al comando, alla responsabilità come ai benefici: ricordiamo che Roma nel 200 d.C. estese la cittadinanza a tutti gli abitanti nell’impero, atto che lo storico (j) Ernst Bloch dichiara “generoso”; già Mommsen aveva descritto l’avanzata di Roma come “un vasto sistema di incorporazione” – di quelle genti diverse – in un ordine giuridico noto e pubblico.
Ora, l’incorporazione è impossibile ad Ysroel: come i rabbini non accettano conversioni all’ebraismo, così il destino politico mondiale è esclusivamente ebraico. Il governo globale non va condiviso. Ancormeno va esteso l’ordine giuridico favorito degli eletti all’altra umanità, di cui i rabbini dicono che “esiste solo per il bene d’Israele”. L’integrazione nel genere umano è vissuto da Ysroel, notoriamente, come minaccia di genocidio: vieta i matrimoni misti come delitto verso la tribù, prodromo della sua estinzione nelle razze inferiori. Israele è “stato degli ebrei” soltanto.
Nel 2004, Sharon decise il “disimpegno unilaterale”, portò via alcuni coloni dai alcuni territori occupati, e promise – cosa che è stata fatta – di “costruire una barriera monumentale che avrebbe tenuto fuori i palestinesi, periodicamente bombardati. Sharon – è ancora Atzmon che parla – aveva capito la brama ebraica: il Sionismo consiste nell’abolizione dell’altro, la ricreazione del ghetto, di condizioni in cui gli ebrei possono celebrare i loro sintomi, in cui possano amare se stessi per quel che sono, o che credono di essere”.
“Governare col caos” è appunto questo. Ricordiamo: “Si concentrano l’ordine e il potere in alto, attorno una minoranza, e si semina il caos nel popolo, in basso ”.
“Come far male agli altri senza colpire se stessi?”
Il capitalismo terminale fa lo stesso, concentrando la ricchezza in alto, e con la ricchezza l’ordine, la pulizia. “E’ la dissociazione crescente fra classi sociali che oggi viene ricercata”, dice Lucien Cerise. Le oligarchie che ingiungono di abbattere ogni confine interiore e politico, per conto loro “si creano spazi di vita fisicamente dissociati, edificanodegli apartheid di ogni genere, fisici o mentali: il Muro che gli israeliani hanno elevato in Palestina, le “gated communities”, ossia i quartieri per ricchi protetti da milizie private condominiali in America – è un lavoro continuo di de-solidarizzazione intenzionale dell’oligarchia rispetto al popolo”.
Per lorsignori, “i ricchi e i poveri vivono ancor troppo intrecciati e imbricati, troppo solidali: di qui l’attacco massiccio a tutto ciò che produce uguaglianza, dai servizi pubblici allo Stato nazionale, allo scopo di privatizzare tutto e di spezzettare la società in funzione del capitale di ciascuno”.
Questo “dissociare fisicamente i circuiti dei flussi di valori economici e simbolici, infrastrutture materiali (acqua, gas, elettricità, trasporti, alimentazione, istruzione) serve alle elites anche a ridurre i contraccolpi del caos che seminano in basso”.
Perché, secondo Lucien, è vano sperare in un crollo generale che coinvolga anche costoro. Ci si sono preparati. “L’oligarchia punta sempre ad affrancarsi dai condizionamenti universali, e si è da tempo posta la domanda: come ridurre il contraccolpo quando provoco una crisi? Come fare perché non vi sia alcun costo ad infliggere i colpi? Ricordiamoci che la cibernetica è stata inventata per calcolare e ridurre i rinculi in un lancio di artiglieria e di missili. Oggi, la cibernetica è parte dell’ingegneria sociale, applicata alla società ed iscritta in un vero programma di calcolo degli impatti”.
“Come colpire gli altrui senza far male a se stessi? Come distruggere il nemico senza conseguenze per sé?”.
Gli Stati Uniti a gestione neocon (israeliana) hanno abbandonatola parità geostrategica della mutua distruzione assicurata, a cui abbiamo dovuto 70 anni senza guerre mondiali. Adesso puntano ad assestare alla Russia il “primo colpo nucleare”, in misura tale che esso neutralizzerà ogni capacità di ritorsione. E’ appunto l’applicazione del governare col caos: come colpire il nemico senza conseguenze per sé?
Commenta Lucien: “In termini induisti: come sopprimere ogni karma? In termini monoteisti: come abolire ogni colpa? In termini psicanalitici: come abolire ogni vergogna, ogni empatia, ogni scrupolo e divenire un perfetto sociopatico perverso?”.
Donald Trump che a fianco del re-boia Arabia Saudita intima all’Iran di smettere di finanziare il terrorismo, non è un bell’esempio?
Lucien: “I produttori di OGM e pesticidi mangiano rigorosamente bio, come hanno provato attivisti americani frugando nei loro bidoni di rifiuti”.
Fonte: http://www.maurizioblondet.it/