Segnalazione di Corrispondenza Romana
Se è vero che la legge sulle unioni civili voluta fortemente da Renzi e compagni si è rivelata un vero e proprio flop dal punto di vista dei numeri (meno di 3.000 in un anno), è altrettanto vero che i frutti avvelenati che essa inevitabilmente producecostituiscono un ulteriore, grave attacco alla famiglia tradizionale: nella prima bozza del nuovo contratto degli statali le unioni civili valgono come i matrimoni per quel che concerne i permessi e i congedi.
Tale novità è contenuta nella proposta fatta dall’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale della pubblica amministrazione) ai sindacati, al fine di “assicurare l’effettiva tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso“, come previsto dalla legge del 2016.
I conviventi potranno così godere, tra l’altro, dei 15 giorni di stop retribuito riconosciuti per le nozze.
La proposta dell’Aran si inquadra in un momento storico in cui, tra l’altro, i lavoratori del settore privato sono sempre meno tutelati, dove la parola d’ordine è flessibilità e i salari sono sempre più bassi. Pertanto, risulta difficile comprendere come possa costituire una reale priorità equiparare i congedi a beneficio dei conviventi ed in particolare delle persone dello stesso sesso.
Le leggi ingiuste, ossia quelle norme del diritto positivo che contraddicono in toto, o anche solo in parte, la legge naturale e divina, vengono introdotte col fine apparente di salvaguardare i presunti diritti di qualche minoranza; nel caso delle unioni civili, i diritti di due soggetti i quali si trovano nella condizione di non poter contrarre matrimonio per diversi motivi, tra cui l’oggettiva mancanza di requisiti fondamentali e imprescindibili, come la complementarità uomo-donna.
Da ciò ne consegue che le norme a tutela dei “non aventi diritto a contrarre matrimonio” finiscono inevitabilmente per togliere, di fatto, garanzie e tutele agli “aventi diritto”, e a svuotare di significato e valenza giuridica l’istituto del matrimonio.E’ come se, ad esempio, per entrare a far parte di un club o di un circolo sportivo non occorra più essere soci, dunque possedere certe caratteristiche e rispettare certe regole per ottenere vantaggi particolari, ma basti semplicemente la volontà di farne parte, senza dover possedere alcun requisito, per godere ugualmente dei benefici previsti dall’acquisizione dello status di associato.
Non sorprende dunque il fatto che il numero delle persone che scelgono di convolare a giuste nozze sia in netto calo un po’ dappertutto, soprattutto in quelle società che, complice l’avanzato processo di scristianizzazione,più di altre tendono aridurreil matrimonio ad una semplice formalità. Non sorprende neanche che, all’inverso, aumenti il numero di coloro i quali vanno a costituire i cosiddetti modelli alternativi di famiglia;infatti, ciò che sembra il frutto dell’evoluzione naturale della società umana è invece la conseguenza di attacchi premeditati alla famiglia tradizionale, come, ultima in ordine di tempo nel nostro paese, la legge sulle unioni civili.
Anche all’interno della Chiesa si è fatta strada l’idea che sia necessario adattare la dottrina sul matrimonio agli evidenti cambiamenti avvenuti nella società civile negli ultimi decenni, secondo una logica che scambia, appositamente, le cause con gli effetti.
Errore chiama errore, è uno dei principi su cui si fonda la rivoluzione per distruggere la civiltà cristiana, che si basa invece sul riconoscimento della verità integrale sull’uomo. (A.D.M.)
Che la legge sulle Unioni Civili è stato un flop lo dite voi omofobi, è una vera rivoluzione invece. L’unico frutto avvelenato invece è il cristianesimo.
omofobo è un termine che non esiste nella lingua italiana e lo lasciamo a lei che lo vuole usare anche se non ha significato. La legge sulle unioni civili è un flop perché lo dicono i fatti, i dati oggettivi, non noi che li riportiamo.